RIASCOLTATI PER VOI

FRANKIE NI NGR, Verba manent, 1993
1. Intro 2. Faccio la mia cosa 3. Storia di molti 4. Combatto la tua idea 5. Etna 6. Disconnetti il potere 7. Omaggio, tributo, riconoscimento 8. Calma… calma… 9. Il bianco e il nero 10. Libri di sangue (versione album) 11. Pace e guerra 12. Potere alla parola 13. Fight da faida 14. Libri di sangue (radio mix) 15. Potere alla parola (release 2.1) 16. Esco

Sono passati esattamente 20 anni dall’uscita di Verba manent, primo disco di Frankie NI NRG che, all’epoca, ricordo di aver ascoltato tanto e quando un amico mi ha parlato di un brano che lo aveva colpito per le tematiche trattate “libri di sangue “, contenuto nel disco, sono stato spinto da un desiderio irrefrenabile di riascoltare il disco che avevo registrato in “cassetta”. Partiamo dal titolo Verba Manent, una parafrasi di quel detto latino “Verba volant, scripta manent” che sta per “le parole volano, ciò che è scritto rimane”. Qui in un gioco di parole si parla di Verba manent ovvero “le parole che rimangono”, nell’Intro del disco, Frankie ne spiega il motivo, dice che l’album si presenta come documento e non come disco musicale. Quando parte il primo pezzo ho una sensazione di compiere un viaggio carico di insidie in cui Frankie, senza peli sulla lingua, mi scuote, mi fa riflettere e lo fa estrema naturalezza.
Francesco Di Gesù, questo è il suo vero nome, usa per esprimersi il rap che affonda le sue radici nella cultura orale dei neri americani che diventa sia gioco musicale, blues, gospel ma anche strumento di protesta sociale e politica. Lui riesce ad esprimere con le parole tutto ciò che ha in mente, usa metafore, figure retoriche molto incisive e non esita a dire quello che pensa. In Verba Manent i suoi messaggi arrivano dopo aver
assimilato bene ciò che descrive perché avere la capacità di usare metafore cariche di autoironia di ogni genere e costruire rime assolute e perfette per descrivere sempre in maniera totale il suo singolo messaggio non sempre risulta immediato, bisogna tornarci su, assaporare con calma il suo stile; per Frankie non esiste nessuna altra via che il rap per portare coraggio e voglia di cambiare alla moltitudine di giovani che lo seguono.
Dicevo del coraggio che per me è uno dei temi portanti del disco, coraggio che non riesce a venire fuori perché bloccato da un grosso macigno che è la paura, quella che assale un po’ tutti, che limita i nostri movimenti, che non ci fa sfruttare le nostre potenzialità e che viene pure controllata da chi possiede il potere in un pugno (Potere Alla Parola). Le tracce trattano temi che all’epoca erano pressappoco conosciuti (siamo nel 1993) e che denotano una capacità di leggere il mondo che cambia, temi come l’immigrazione clandestina obbligata da parte di chi è costretto a lasciare la propria terra per continuare a rincorrere i propri sogni; omaggi, tributi e riconoscimenti a persone a lui vicine che cancellano il sentimento d’invidia, dato che esso appartiene ad un universo troppo assurdo per essere reale, e troppo reale per essere vissuto. (STOP ALL’INVIDIA). Si parla di mafia in “Fight da faida”, col tempo diventato uno dei cavalli di battaglia di Frankie, e che è una cruda quanto reale denuncia verso il sistema corrotto mosso come una qualsiasi marionetta dalla piovra mafiosa e camorristica: “è la vigilia di una rivoluzione/ alla voce del Padrino, ma don Vito Corleone oggi è molto più vicino/ sta seduto in Parlamento!”, il tutto accompagnato dal particolarissimo suono dello scacciapensieri.
La cosa che si apprezza molto in questo lavoro è l’uso dello skit molto utilizzato dagli artisti hip-hop che consiste nel riportare all’inizio o alla fine del brano discorsi celebri fatti da noti uomini del passato, come in Calma… Calma… supportata da una base musicale molto bella e da una testo che sembra scritto oggi: “A tutti quelli che vedono nella divisione una possibile soluzione a tutti i problemi e in particolare a quelli che
mascherano i propri interessi personali dietro quelli “comuni”. Indipendentemente dal fatto che siedano in Parlamento per volontà di un elettorato o semplicemente perché qualcuno più in alto di loro gli ha dato un gran calcio in culo…”.
Ma il brano del disco che fa salire l’adrenalina è Libri di sangue: il sound del brano è molto sobrio ed è coadiuvato dal preciso per quanto a tratti semplicistico lavoro di Dj Stile anche se il testo è un pugno nello stomaco, violento nelle sue invettive con un grande pregio, quello di far provare delle sensazioni “che danno da pensare”; che servono come stimolo per una riflessione sulla idiozia umana che genera ogni tipo di guerra, ancora non siamo certi se si tratta del peggior istinto umano o peggio il frutto di una logica razionale ma fatto sta che in ogni angolo del modo si combatte, si muore. La canzone è preceduta da Il bianco e nero, che contiene un discorso contro il razzismo del presidente Sandro Pertini; è su questo concetto che si muove Frankie sviscerando l’ennesimo tema scottante in bilico tra lo sfruttamento delle donne e il razzismo. In Libri di sangue c’è anche una citazione su Rodney King, il tassista afroamericano passato alle cronache del 1991 per essere stato pestato da alcuni agenti di polizia dopo essere stato fermato per eccesso di velocità, “colpevole del crimine di esser nato nero nella buia capitale dell’impero del denaro”. Nel brano si spazia in maniera versatile su numerosi argomenti denotando l’alto grado culturale di Frankie, tirando in ballo, la Zulu Nation (l’organizzazione dei rappers che professa l’uguaglianza tra gli uomini, il rispetto per la madre terra, la giustizia universale, la condanna del razzismo e dell’odio), ma anche il disprezzo per i potenti, la giustizia e tanti altri argomenti sintetizzati in modo preciso in una singolo brano.
L’album è da considerare assolutamente una pietra miliare del genere, sia perché in Italia ancora oggi è difficile trovare album di una certa caratura, con testi tanto sofisticati ma allo stesso tempo concisi. Nel lavoro di Frankie non c’è spazio per le storielle che parlano di sparatorie tra gangster, donne facili e collane d’oro ma solo per il ritratto di una società vista sull’orlo di un inevitabile collasso, ma che può salvarsi solo con la forza dell’informazione e della parola
Il disco si conclude con una frase “mi sembra d’aver capito che tra dieci secondi avremo il silenzio” quasi a volerci dire che il viaggio è terminato. Questo per me non è stato un viaggio di evasione ma una riflessione sulle nostre pene e sulle nostre paure.

[1] Per le privatizzazioni in Italia vedi: M. Affinito, La privatizzazione nell’industria manifatturiera italiana, Donzelli, 2000.
[2] T. Dreiser, Una tragedia americana, Frassinelli, 1997.

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