PNRR e transizione ecologica ovvero ricapitalizzazione del bene ambiente

Uno dei capitoli più rilevanti del PNRR sul piano economico è rappresentato dalla cosiddetta Missione 2 denominata: rivoluzione verde e transizione ecologica, il cui appannaggio ammonta a circa 60 miliardi. La cifra è importante, ma spalmata su un numero rilevante di ipotesi di investimento ed i singoli interventi assumono quindi un
ordine gerarchico preciso in relazione al rapporto fra cifra stanziata e volume dell’intervento.
In premessa del capitolo si ammette la dimensione del dissesto climatico planetario, anche in termini molto espliciti e “disastrosi”; la conclusione è che possiamo aspettarci una sua mitigazione per non peggiorare rapidamente, ma che a risolvere ci penserà madre natura nei secoli. Si fa riferimento poi agli accordi di Parigi (in particolare alla
limitazione del carico complessivo europeo a 600Gt diCO2) definendoli “molto ambiziosi”, che nel linguaggio bancario significa sostanzialmente improbabili.

L’Italia verso la transizione ecologica

Per l’Italia si individuano tre nodi: il primo è la presenza di molte aree territoriali di pregio la cui valorizzazione rappresenta un motore di sviluppo economico, presente e futuro; il secondo è una maggiore esposizione al rischio climatico, per configurazione e abuso del territorio; il terzo e la scarsità di risorse tradizionali (petrolio e gas) e maggior
irraggiamento solare, rispetto alla media europea. Condizioni peraltro largamente condivise con gli altri paesi mediterranei, anche dell’Europa. Individua invece come specificità italiana l’invadenza burocratica dei “processi autorizzativi e sulla governance”
La prima componente dell’intervento sull’economia circolare assorbe 5,27 mld equamente suddivisi fra gestione dei rifiuti, filiera agro-alimentare, progetti integrati. In tema di rifiuti (2,1 mld) si assume come obiettivo il 55% di raccolta differenziata al 2025, da portare al 60% al 2030 ed al 65% al 2035, contestualmente alla riduzione al 10% del
conferimento a discarica. Questi numeri sono sostanzialmente compatibili con  un’ipotesi di raccolta industriale con cassonetti a fondo strada e camion compattatori. Infatti, i livelli di raccolta del porta a porta, attualmente in uso in almeno il 40% del paese, da numeri oltre il 70% già oggi. Tale tipologia di raccolta ha un corrispettivo impiantistico da affidare a gestori multiutility con ordini di scala elevati; infatti. a tale impiantistica sono riservati 1,5 mld. I restanti (progetti “faro”) sono invece dedicati alla attivazione di filiere industriali per il recupero di materiali di pregio come: RAEE, per i quali si prevede un riciclo del 55% delle terre rare; carta e cartone per cui è previsto 85% di recupero; plastiche di pregio di cui si prevede un recupero del 65% con filiere Plastic Hubs ed infine il 100% dei tessuti nella filiera Texile Hubs. Per la realizzazione di questi obiettivi sono previsti tre strumenti normativi: la definizione di una nuova strategia nazionale su strumenti indicatori e sistemi di monitoraggio e tracciabilità di tutto quanto ha un prefisso eco-, blu-, bio- ; un programma nazionale di gestione rifiuti che espropri sostanzialmente le Regioni della capacità decisionale; un sistema di tutoraggio
(una sorta di protettorato) dei Ministeri per la Transizione Ecologica (MITE) e dello Sviluppo Economico, sulla capacità delle stazioni appaltanti degli Enti Locali nell’applicazione dei CAM (criteri ambientali minimi) legali, alle procedure di gara. Alla componente filiera agro-alimentare (2,8 mld) 0,8 mld sono dedicati un investimento in “buoni propositi” (riduzione impatto del trasporto, accessibilità villaggi merci e servizi hub, capacità di esportazione delle PMI agroalimentari, miglioramento dello stoccaggio, digitalizzazione della logistica, tracciabilità, riduzione degli sprechi). 1,5 mld, che vengono finalizzati alla riduzione dei costi energetici delle aziende agricole (>20% dei costi variabili), con istallazione estensiva sugli edifici ad uso produttivo di fotovoltaico, nel suo insieme stimato per 4,3 mln di mq con 0,43 GW di potenza istallata.
Il secondo investimento (innovazione e meccanizzazione 0,5 mld) è indirizzato al rinnovo dei macchinari (passaggio da E1, che costituisce 80% del parco macchine attuale, a E5) e alla digitalizzazione 4.0 per ottimizzare i costi di produzione e distribuzione.
La terza parte (0,37mld) promuove interventi di autonomizzazione delle piccole isole (0,2 mld), da rendere sostanzialmente autarchiche sia dal punto di vista energetico, idrico, della gestione dei rifiuti, delle strutture turistiche, con l’esplicito obiettivo di portarle a valore come insieme (cartoline). Nella stessa direzione va la promozione “green communities” (0,14 mld) costituite da comunità locali anche consorziate, per la gestione ecologicamente sostenibile e certificata di ambiti di interesse integrati (patrimonio agro-forestale, risorse idriche, energia da fonti rinnovabili, turismo, costruzione e gestione del patrimonio edilizio montano, zero waste, aziende agricole).
Infine per questa componente (0,03 mld) ci si preoccupa di orientare (colonizzare culturalmente) l’opinione pubblica in particolare giovanile verso la consapevolezza del cambiamento climatico, le opzioni a disposizione (preconfezionate) ed i comportamenti da adottare; utilizzando video, un portale dedicato e arruolando influencer e maître a penser.

La seconda componente

L’energia rinnovabile, l’idrogeno, la rete elettrica, la mobilità sostenibile (23,78 mld) recepiscono la versione aggiornata del European Green Deal. Parte della situazione di fatto di una riduzione delle emissioni di CO2 del 19% nel periodo 1990-2019; le emissioni attuali sono così ripartite: 22% industrie energetiche, 20% manufatturiero (consumi energetici e industriali), trasporti 25%, settore civile (residenziale, servizi, agricoltura) 19%, rifiuti 4%, allevamenti 8%. L’obiettivo è quello della riduzione di un ulteriore 10% nel prossimo decennio, sfruttando la disponibilità di risorse rinnovabili e
tecnologie prevalentemente “mature”. Il capitolo energia rinnovabile prevede quattro linee di investimento.
Agro-voltaico (1,1 mld) in cui si punta ad impianti medio grandi indicando due principali condizioni il risparmio di terreno agricolo, che riduca il costo ambientale (ma non lo quantizza), la presenza di un sistema di monitoraggio sulle variabili aziendali (produzione energetica, produttività dei diversi tipi di colture, fertilità del suolo, suscettibilità alle condizioni climatiche avverse); lo scopo è aumentare la competitività abbattendo i costi energetici (>20% per gli allevamenti) con istallazione 1,04 GW, per una produzione di 1300GW/anno ed un risparmio di 0.8 mln di t CO2.
Costituzione di comunità energetiche di autoconsumo (PA, famiglie, microimprese) (2,2 mld) in comuni con meno di 5000 ab, per 2500 Gwh/annui e risparmio stimato 1,5 mln di t di CO2.
Soluzioni impiantistiche innovative (0,68mld) proposte per attrarre investimenti internazionali ed esteri (tecnologie sperimentali off shore e simili) per 200 MW (490GWh/anno, riduzione stimata 286000 t CO2).
Sviluppo del biometano (1,92 mld), da veicolare nella rete distributiva (risparmio di effetto serra fino all’85% rispetto al metano fossile), tramite potenziamento degli impianti esistenti, realizzazione di nuovi impianti (40% dell’investimento), utilizzo del digestato per abbattere l’utilizzo di fertilizzanti chimici, sostituzione dei veicoli meccanici
(diesel) con veicoli a biometano, utilizzo termico nelle piccole aziende, che non possono accedere a misure di riconversione. La realizzazione di questi obiettivi richiede un cambiamento del quadro normativo (Decreto Semplificazioni) con ridimensionamento del potere di veto delle Regioni e altre Amministrazioni pubbliche chiamate a “collaborare” alla identificazione delle aree idonee all’istallazione degli impianti per potenze istallate almeno pari a quelle previste nel PNIEC. Estensione dei periodi di svolgimento delle aste, anche per tecnologie “non mature”; agevolazioni normative per gli investimenti in sistemi di stoccaggio (direttiva UE 2019/944 sulle regole comuni per i mercati interni dell’energia). Emanazione di una nuova legislazione per l’utilizzo del biometano (DL attuativo delle RED II, o diversa normativa primaria) entro la metà del 2021 con decreto MiTE esecutivo entro fine 2021; dal 2022 inizio delle riconversioni.
L’utilizzo efficiente delle rinnovabili (distribuite) richiede una nuova digitalizzazione del sistema distributivo (4,11mld) e la realizzazione di smart grid (3,6mld) resilienti e flessibili. Lo scopo è aumentare i consumi energetici elettrici (shift verso vettori elettrici), attraverso la integrazione in rete di 4000 MW su 115 sottostazioni primarie portando
la disponibilità di consumi energetici in veicoli elettrici e pompe di calore in aree ad alta densità abitativa (aree metropolitane) per una popolazione stimata di 1.850.000 persone. Sono previsti infine interventi di stabilizzazione (resilienza) di 4000km di rete (0,5 mld).

Produzione, distribuzione ed utilizzo finale dell’idrogeno

Un capitolo interamente “nuovo” è quello della produzione, distribuzione ed utilizzo finale dell’idrogeno (3,19mld), che si articola in cinque linee di investimento. La prima dedicata alla produzione (0,5 mld) individua la creazione di hydrogen valley sui 9000 km2 di aree industriali dismesse, con produzione di idrogeno elettrolitico da solare,
da utilizzare nelle aree industriali viciniori (PMI) con trasporto di prossimità su camion o distributori per il trasporto pubblico locale e, nelle aree ancora collegate alla rete di distribuzione del metano utilizzo dell’idrogeno in mix (2%) con il metano di rete. Lo scopo dichiarato quello di rivalorizzare le aree industriali dismesse, senza una definita quantizzazione degli impatti energetici. Il secondo intervento è dedicato ai settori hard -to-abate, (2 mld) che lavorano ad alte energie o non elettrificabili (investimento a lungo termine senza scadenze temporali definite). In specifico il settore chimico e petrolifero (raffinazione) nel quale viene già attualmente usato idrogeno “grigio” da metano (7-9kgCO2 /kg H2), per circa 0,5 Mt H2/anno, candidato alla sostituzione con idrogeno elettrolitico, da rendere concorrenziale. In un secondo momento intervento nel settore della produzione di acciaio DRI con metano r fusione in forno elettrico con la introduzione graduale di idrogeno “green”.
Sperimentazione nel trasporto stradale (0,23 mld) con l’istallazione di stazioni di rifornimento ad alta pressione (700bar) per il trasporto pesante (40 previste) su due corridoi principali il Green and Digital del Brennero nord-sud e il Torino-Trieste ovest-est. I due fattori limitanti per lo sviluppo di questo mercato sono indicati nella tecnologia delle celle a combustibile e l’investimento sulle stazioni di rifornimento.
Sperimentazione nel trasporto ferroviario (0,3 mld) con l’obiettivo di una graduale sostituzione del comparto diesel delle ferrovie (circa 10%) con locomotori ad idrogeno. Nel progetto sono inclusi impianti integrati produzione, stoccaggio, erogazione integrati con cui convertire 9 stazioni di rifornimento su 6 linee ferroviarie (non formalmente
indicate). Il progetto necessita di una implementazione in ricerca e sviluppo di elettrolizzatori ad alta pressione (TRL Technology Readiness Level 5-7) e sistemi di stoccaggio ad alta capacità (idruri metallici o liquidi; TRL 3-5). L’intero investimento è condizionato dai livelli di maturità delle tecnologie impiegabili per cui si prevede un finanziamento in ricerca e sviluppo (0,16 mld) per la reazione di un net tecnologico specifico (collaborazione MUR e mission 4 PNRR) da mettere a disposizione degli attori industriali. L’utilizzo di H2 richiede la definizione di un nuovo sistema normativo:
ridefinizione delle norme di sicurezza con decreti del MdI e del MiTE; creazione di uno sportello unico per la concessione di autorizzazioni ad impiantistica di piccola scala con procedure semplificate; regolamentazione ARERA per conferimento alla rete dei produttori, certificazione d’origine e regolazione/uniformità dei prezzi da parte di ARERA e GSE; disposizioni per l’istallazione delle stazioni di rifornimento da parte di MiTE e MiIMS. Infine revisione del sistema fiscale di tassazione/incentivi dei comustibili fossili e prodotti energetici; recepimento della Direttiva Europea RED II.

Il trasporto locale sostenibile

È (7,54 mld) l’ulteriore settore critico individuato. Tra i settori di investimento viene individuata la mobilità ciclistica (0,6 mld), in considerazione della crescita del settore del 40% dal 2013 al 2018, più un ulteriore 20% in pandemia (2019-2020) per un indotto economico di 7,6 mld/anno. Le risorse sono divise fra centro-nord e sud al 50%, con l’obiettivo di realizzare 570 km di piste ciclabili urbane e metropolitane e 1250 km di turistiche. Il secondo investimento riguarda il trasporto rapido di massa (3,6 mld) a fronte di un 60% di trasporto su auto privata contro solo un 10% di utilizzo di sistemi pubblici, si prevede di realizzare 240km di rete infrastrutturale di trasporto  (metropolitane 11 km, tram 85 km, filovie 120 km, funivie 15 km), principalmente nelle aree metropolitane con l’obiettivo di erodere un 10% del trasporto auto privato. Un investimento di entità analoga (3,64 mld) è previsto per il rinnovo flotte bus e treni
verdi in attuazione del Piano Strategico Nazionale per la Mobilità Sostenibile con l’orizzonte temporale del 2026 è previsto l’acquisto di 3360 bus a basse emissioni per le principali città italiane; l’acquisto di 53 nuovi treni in parte a idrogeno (penso che intenda locomotori) e 100 carrozze rivestite con fotovoltaico. Verrà inoltre finanziato il rinnovo del parco automezzi dei VV. FF. Con l’acquisto di 3600 veicoli (elettrici e a gas), più 200 nuovi mezzi (alimentazione ibrida elettrica/endotermica) per gli aeroporti. Una frazione (0,74 mld) è riservata alla realizzazione di 7.500 punti di ricarica elettrica rapida sulle autostrade e 13.755 nei centri urbani; più 100 stazioni di ricarica sperimentali, con tecnologie di stoccaggio. Per tutti questi interventi si ripete il mantra della semplificazione amministrative delle procedure di valutazione, senza definire tempi e contenuti.

La leadership industriale e di ricerca e sviluppo nelle filiere della transizione

A fronte di una previsione, nei prossimi 8-9 anni, dell’aumento di due volte mezzo della potenza fotovoltaica istallata (Europa da 154 a 442 GW, Italia da 21 a 52 GW), la quota di mercato coperta dalle produzioni europee e solo del 5% (70% del settore coperto da produttori asiatici), è quindi “d’interesse” l’investimento (leva pubblica più privato) su
pannelli FV, eolico e batterie (1 mld). Una seconda parte sarà dedicata all’acquisizione ed al sostegno di tecnologie per la utilizzazione finale dell’idrogeno (0,45 mld) e la creazione di una catena europea della produzione e utilizzazione. Un intervento specifico è previsto per sostenere la ristrutturazione delle linee produttive di bus (0,3 mlsd) in Italia per lo shift verso l’elettrico. In ultimo viene istituito un fondo specifico (Green Transition Fund –GTF) (0,25 mld) per investimenti di “Venture Capital” diretti e indiretti su startup ed incubatori su trattamento rifiuti, economia circolare, batterie, efficienza energetica, mobilità sostenibile, etc.
La terza componente è centrata su efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (15,36 mld) . Salvo una componente minore (1,2 mld) per interventi di edilizia pubblica, con orizzonte2026, 2/3 sulla scuola (195 edifici scolastici per 410.000 mq, con obiettivo del 50% di risparmio energetico), 1/3 nell’edilizia giudiziaria (48 edifici per 290.000 mq), la maggior parte dell’investimento (13,95 mld) sono dedicati ai “Bonus” per l’edilizia privata. L’ obiettivo è ridurre il consumo energetico medio annuo di 240 kw/mq del 30-40 %, si 100.000 edifici per 36 milioni di mq. Una cifra di circa 200 mln viene dedicata specificamente al teleriscaldamento, con la realizzazione di 330 km di reti (1,3 mln a km) per distribuzione da impianti termici centralizzati e recupero del calore di scarto (0,65 mln a MW).
La quarta componente (15,06 mld) è finalizzata alla tutela del territorio e della risorsa idrica. L’investimento maggiore (8,49 mld) è dedicato alle misure di contrasto agli effetti del cambiamento climatico articolato in: un intervento per il rischio alluvionale e idrogeologico (2,5 mld) in rifinanziamento di opere programmate e pianificazioni esistenti; un finanziamento ai comuni (6 mld), per efficienza energetica e la messa in sicurezza degli edifici pubblici. Questi interventi sono condizionati da revisioni normative da attuare entro il 2022, a partire dalla revisione del DPCM 28 maggio 2015 (criteri di priorità degli interventi), rafforzamento supporto tecnico dei commissari straordinari, istituzione di un ufficio specializzato presso Autorità di Bacino e Province, ristrutturazione dei flussi informativi. Un investimento specifico (0,5 mld) viene previsto per l’istituzione del sistema di raccolta e digitalizzazione dei dati (capitale di  sorveglianza) per il monitoraggio continuo del territorio (informazioni satellitari, droni, sensoristica da remoto), integrato sulla rete di telecomunicazione, con sale di controllo centralizzate e regionali ed un sistema di cyber security.
Viene attivato un complesso di interventi di salvaguardia della qualità ambientale (aria, biodiversità, aree verdi, suolo, aree marine) per 1,6 mld, distribuiti uniformemente su cinque investimenti: tutela del verde urbano (piantumazione di 6,6 mln di alberi su 6.600 ha) in 14 città metropolitane (0,33 mld); digitalizzazione dei servizi di monitoraggio e turistici dei parchi, semplificazione amministrativa per l’uso delle risorse degli stessi da parte dei residenti (0,1 mld);rinaturazione del Po (1500 ha, on riapertura di 51 mln di mq di lanche e rami abbandonati); bonifica siti orfani (0,5 mld) finalizzati a individuare le “reali” necessità di bonifica per reinserire i siti nel mercato immobiliare; ripristino e tutela fondali e habitat marini (0,4 mld), anche qui l’obiettivo principale è la mappatura delle risorse, aumentando la disponibilità di navi da ricerca aggiornate. Dal punto di vista normativo si mira a riallineare la legislazione nazionale e regionale con la Direttiva 2016/2284 sul censimento delle emissioni e le riduzioni previste per i singoli Stati.

Tutela e l’utilizzo delle risorse idriche interne e marittime

Il capitolo, (4,38 mld), con una dotazione di consta di 4 investimenti: il primo sulle infrastrutture primarie (2 mld) va a rifinanziare 75 progetti di manutenzione straordinaria prevalentemente nel mezzogiorno; un secondo destinato al monitoraggio ed alla digitalizzazione della rete idrica (0,9mld), con la realizzazione di punti di rilevamento dati sia sulle diramazioni principali che su quelle più periferiche, con rilevamento delle portate delle pressioni d’esercizio e della qualità idrica, l’accesso a questo finanziamento è condizionato dal rispetto delle linee guida del MiPAF (ministero politiche agricole e forestali) per l’utilizzo del SIGRIAN (sistema informativo nazionale per la gestione delle risorse idriche in agricoltura) e previa introduzione dei dati nella Banca Dati Nazionale degli Investimenti per l’Irrigazione e l’Ambiente (DANIA). Per la gestione della risorsa idrica in agricoltura (0,88 mld) si investe prevalentemente in sistemi di controllo dei prelievi (contatori, sistemi di controllo a distanza, sistemi galleggianti per i bacini), con l’obiettivo di portare dal 8 al 12% le aree agricole coperte da sistemi irrigui efficienti. Per il sistema fognario (0,6 mld) è previsto un intervento finalizzato a neutralizzare le 4 procedure di infrazione in corso da parte della UE, per non confo rmità degli scarichi a mare e fiume (fenomeno che interessa ad oggi 3,5 mln di abitanti).
Le variazioni normative principali previste sono la revisione del comma 516 e seguenti dell’art. 1 della L.
206/2017, per snellire le procedure di attuazione e modifica del Piano Nazionale per gli investimenti nel settore idrico, rendendolo esclusiva fonte di finanziamento. La seconda è il trasferimento forzato della gestione della risorsa a gestori industriali pubblici o privati, possibilmente di scala sovra comunale, per favorire l’industrializzazione del settore, soprattutto nelle regioni meridionali, con riferimento esplicito a Calabria, Sicilia, Campania, Molise dove 995 comuni gestiscono il servizio in economia.

Alcune necessarie considerazioni

Nell’insieme il PNRR, anche in questo settore, raccoglie le indicazioni del NGEU, inglobando anche le prescrizioni già formulate dalla Commissione Europea nell’ambito delle verifiche del semestre europeo di sorveglianza dei paesi con debito critico. Lo spirito del piano, oltre la solita ricetta del rilancio edilizio (vedi reinserimento nel mercato immobiliare dei siti inquinati), è quello di individuare e “accendere” linee produttive “nuove” in co-investimento con i privati dove il capitale pubblico ha sostanzialmente la funzione di assumere il rischio di impresa.
Per la gestione rifiuti si fa riferimento ad una perequazione Nord-Sud della impiantistica, per la riduzione del conferimento a discarica. Per fare ciò si prospetta la formulazione di un piano nazionale rifiuti con meccanismi di “tutoraggio” delle amministrazioni regionali da parte dei ministeri per la transizione ecologica e per lo sviluppo economico nell’applicazione dei Criteri Ambientali Minimi alle procedure di gara. L’obiettivo sembra essere quello di facilitare l’ingresso di grandi Multiutility in grado di supportare impiantistiche industriali economicamente efficienti per il recupero di materie prime seconde attraverso l’attivazione di linee produttive relative alla raccolta differenziata dei RAEE, della carta, dei tessuti e delle plastiche di pregio.
Analoga ricetta viene proposta per la gestione dell’acqua, al cui “spreco” particolarmente al Sud dovrebbero supplire gestori “competitivi” con migliore capacità industriali di comuni e provincie o le loro municipalizzate, mandando definitivamente in soffitta il referendum sull’acqua pubblica.
Per la decarbonizzazione e le energie rinnovabili, si investe prevalentemente sulla attivazione di filiere produttive per i pannelli PV, le batterie, le pale eoliche di media/grande dimensione, le tecnologie off-shore, i sistemi di elettrolisi, con l’obiettivo dichiarato di diventare competitivi sul mercato europeo e mondiale per queste produzioni, attualmente appannaggio dei produttori asiatici.
L’altro settore “innovativo” promosso è la filiera dell’idrogeno verde (elettrolitico) per il quale si prospetta l’utilizzo e la rivalorizzazione delle aree industriali dismesse per la loro distribuzione, prossima a zone industriali attive, che ne potrebbero usufruire e perché già “collegate” a reti di distribuzione nazionale di metano (utilizzo misto dei
combustibili) Gli interventi di mitigazione dell’impatto sulle emissioni vengono concentrai sul settore agricolo, nel trasporto “sostenibile”, nell’edilizia pubblica e privata; aprendo linee di credito d’imposta e prospettando il rinnovo del parco meccanico sia pubblico che privato. Poco o niente viene prospettato per l’industria in particolare i settori siderurgico e chimico, per i quali si prevede genericamente un più largo ricorso all’idrogeno ed al biogas.
L’altro cardine dell’intervento è rappresentato dall’applicazione estesa del processo di semplificazione attraverso la digitalizzazione pervasiva di tutte le attività economiche, supportato da modificazioni normative ed investimenti condizionati. Si prospetta in sostanza la digitalizzazione integrale non solo del sistema produttivo, ma di quasi ogni
attività della vita attraverso un uso pervasivo delle nuove tecnologie informatiche. L’impressione che emerge e che l’Europa e di conserva gli Stati, si siano resi conto del potenziale economico rappresentato dai big data system e si preparino a fare concorrenza a Google e Facebook; riportando a valore e garanzia del debito sovrano il “capitale di sorveglianza” europeo.
In questo contesto Draghi vende le Cartoline della Bella Italia (isole autarchiche e borghi ecologici), con il sostegno informatico al turismo e relativi servizi, agro-alimentare di eccellenza, produzioni artigianali, filiere brevi specifiche da start-up, anche valorizzando la vocazione del settore ad una maggior quota di impiego giovanile e
femminile (anche immigrato), peraltro in prevalenza sotto-impiegato (tempo definito, determinato, smart working, stagionali) e con scarsa capacità conflittuale. Interessante a questo proposito la valutazione sulla dimensione trasversale del piano: divari territoriali, effetto “protettorato” sulle amministrazioni meridionali: divario di genere, i bonus vanno più a vantaggio delle donne che hanno l maggior carico di famiglie monoparentali; divario generazionale a proposito del quale il vantaggio per i giovani risiederebbe nella loro maggiore sensibilità ai temi ambientali e nelle abilità digitali.

Marco Paganini