Cassa integrazione – L’ineffabile Fornero ci ha riprovato: in periodo di crisi, ristrutturazioni aziendali, aumento della disoccupazione, ha proposto l’abolizione della Cassa Integrazione Straordinaria ricevendo un netto no da sindacati e Confindustria. Poi, in perfetto stile berlusconiano, ha negato di averlo proposto. Stavolta non ha pianto, forse perché, dopo aver scippato le pensioni ai lavoratori, i due affondi (questo e l’articolo 18) le sono andati male e la sua fame coccodrillesca non è stata soddisfatta.
Crescita – Giunta la “fase due”, tutti sono alla ricerca delle misure per la crescita. Nessuna traccia! Il nuovo decreto riguarda le liberalizzazioni (vedi). Ora uno studente di ragioneria sa che la crescita necessita di investimenti e che solo essi possono rimettere in moto l’economia. Ci viene detto che le liberalizzazioni faranno risparmiare le famiglie e che tali risparmi si tradurranno in consumi e quindi in sviluppo, ma a parte i tempi lunghi con cui tale catena andrà a compimento, i risparmi sono tutti da dimostrare. Viene perciò a mancare il presupposto del ragionamento.
Lavoro – Per rilanciare il sistema in generale occorre creare lavoro, è ovvio. Il governo inizia il confronto con le parti sociali senza prevenzioni (così afferma) per alcun tema: tutto, dice può essere discusso. Questa apertura mentale nasconde la volontà, neppure troppo velata, di smantellare i diritti dei lavoratori acquisiti in anni di lotta: Statuto dei Lavoratori, contratto unico nazionale, difesa del posto di lavoro, etc. Meno “lacci e laccioli” si mettono ai datori di lavoro, viene argomentato, e più saranno invogliati ad assumere.
Ora giornalmente si ha notizia di chiusura di aziende e di licenziamenti ed il mercato del lavoro italiano conosce una flessibilità di ingresso che ha pochi riscontri. A sentire certi ragionamenti sembra che il punto centrale della crisi sia da ricercare negli assurdi privilegi dei lavoratori dipendenti, che divengono i colpevoli di una situazione creata dalla classe dirigente del capitale finanziario, dalle deregolazione del loro agire operata dai governi di tutto il mondo occidentale negli ultimi trenta anni, dalle politiche economiche dissennate suggerite dagli acuti cervelli degli economisti neoliberisti insediati ai vertici delle istituzioni internazionali. Monti è uno di loro e porta per intero queste responsabilità.
Liberalizzazioni – Poco più di uno spot pubblicitario. L’abolizione del tariffario di alcune libere professioni non andrà certo in conto alla grossa maggioranza dei ceti meno abbienti, che raramente ricorrono ad avvocati ed architetti. Per i taxi occorre fare un ragionamento apposito (vedi). Sapere che vi sono alcuni notai in più o alcune farmacie in più, li rende forse più vicini geograficamente, ma non abbassa i costi dei loro servizi. Per le farmacie poi non si è avuto il coraggio di togliere loro il monopolio dei farmaci in classe C. La separazione delle società di erogazione del gas metano spezza un monopolio in duopolio, ma non è certo che abbia effetti sull’abbassamento consistente dei costi per l’utenza. Ma la vera faccia feroce del governo tecnico si è visto coi “poteri forti”: banche, assicurazione, petrolieri, etc.; ma si sa, lupo non mangia lupo.
Manovra – Uno dei termini più in auge nel 2011. Le manovre si sono susseguite a ritmo incalzante per un ammontare complessivo senza precedenti (quasi tutte a carico dei lavoratori dipendenti). Ma i loro effetti non sono stati sole quelli di “mettere in sicurezza” i conti pubblici, obiettivo molto caro ai nostri creditori (leggi: banche), ma anche quello di deprimere ulteriormente la congiuntura, portando il paese in recessione (vedi). Un effetto probabile è che il minor giro d’affari contragga le entrate previste e allontani così il tanto agognato “pareggio di bilancio” del 2013, tanto caro al nostro attuale governo. Ma se ciò dovesse verificarsi un’altra manovra si renderebbe necessaria, con ulteriori effetti recessivi e così via. Un’infernale gorgo del Mëlstrom.
Recessione – Ormai è iniziata ufficialmente. Viene da chiedersi se la sua profondità (-2,2% del PIL previsto per il 2012) sia stata ostacolata o favorita dalle manovre succedutesi nel 2011, last but not least quella di dicembre dei tecnici. Il sovraccarico di esborsi imposti ai cittadini dei ceti bassi e del ceto medio hanno sicuramente diminuito la loro liquidità e quindi la loro propensione a spendere. L’aumento dei disoccupati
ha diminuito, a sua volta, il salario globale e quindi la possibilità di consumo. L’aumento dei prezzi, ancora in fase di sviluppo grazie alle geniale idea di aumentare le accise sui carburanti, comprime le possibilità di spesa delle famiglie. I ceti ricchi non hanno avuto se non piccoli scomodi, e la loro possibilità di spesa è rimasta più o meno uguale, il che sorregge il settore dei beni di lusso, che da solo non può fare sviluppo.
Non c’è che dire un vero successo per dei professori di economia: cosa si aspettavano che il mercato si accendesse da solo, dopo anni di contrazione procurata con la compressione salariale e la delocalizzazione delle aziende? L’ultima manovra è stata come una secchiata d’acqua sulle ultime faville che covavano sotto la cenere e la prevista diminuzione del PIL è quello che qualsiasi studente del primo anno di Economia e Commercio poteva facilmente prevedere.
Tasse – Il governo voleva aumentare i contributi pensionistici dei lavoratori autonomi, ma la destra (quella che così si autodefinisce, non quella che lo è altrettanto, ma si definisce “sinistra”) ha sollevato un muro: così le risorse necessarie sono state reperite alzando il prezzo delle sigarette. Per carità, non voglio difendere i fumatori, ma certo non era il caso di scomodare il rettore della mitica Bocconi per un intervento tanto
innovativo ed intelligente.
Taxi – Il fiore all’occhiello delle liberalizzazioni (vedi). Ora i tassisti non sono una categoria simpatica, ma è opportuno soffermarsi sulle loro richieste. Sono tre: la territorialità delle licenze, il divieto d’accumulo delle licenze e l’impossibilità della cessione della vettura ad altri autisti. Uscendo di parafrasi quello che è risultato dal decreto è la possibilità di contravvenire a questi obblighi e sommando le nuove “libertà” si ottiene che qualcuno può accumulare più licenze, assoldare degli autisti e mandarli ovunque a fare servizio.
Ne discende che invece di “liberalizzare”, la seconda manovra Monti ha aperto il servizio dei taxi alla possibilità di creare un gruppo o più gruppi potenti che investano nel settore monopolizzandolo. È difficile che questa opportunità sia favorevole, a lungo andare, ad un ribasso del costo dei servizi per l’utenza.
Saverio Craparo