In Italia è stato previsto, con una recente legge, l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali ai privati. In particolare è previsto: a) l’affidamento dei servizi idrici a favore di imprenditori o di società anche a partecipazione mista (pubblico-privato), con capitale privato non inferiore al 40%; b) cessazione degli affidamenti “in house”a società totalmente pubbliche, controllate dai comuni alla data del 31 dicembre 2011. È la capitolazione del potere politico ai potentati economico – finanziari. Tutto questo è parte integrante di un crescente fenomeno di privatizzazione a livello internazionale. Così le grandi multinazionali dell’acqua (tra cui le francesi Suez-lyonnaise,Vivendi-Generale, o le più note Danone e Nestlè) spingono perché si sviluppi il mercato dell’acqua.
Bisogna opporsi a tutto questo perché l’acqua va riconosciuta da tutti come diritto fondamentale umano e non sottoposta alla legge del mercato. Il forum italiano dei movimenti per l’acqua, costituito da diversi comitati territoriali, a volte anche trasversali tra loro, ha deciso di promuovere tre quesiti referendari. A partire da sabato 24 aprile è iniziata la raccolta delle firme per la loro richiesta. Dal punto di vista normativo, l’approvazione dei tre quesiti rimanderà, per l’affidamento del servizio idrico integrato, al vigente art. 114 del Decreto legislativo n. 267/2000.
Tale articolo prevede il ricorso alle aziende speciali o, in ogni caso, ad enti di diritto pubblico che qualificano il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente privo di rilevanza economica. In merito è necessario fare chiarezza e aprire la discussione e il confronto sulla rifondazione di un nuovo modello di pubblico, che può definirsi tale solo se costruito sulla partecipazione diretta della collettività. La gestione della proprietà e dei servizi è una questione di democrazia. Essa è fondamentalmente un affare dei cittadini e non solo dei distributori e dei consumatori. L’acqua è un bene comune dell’umanità e l’accesso all’acqua è un diritto inalienabile. Le politiche neoliberiste dei potenti, della Banca Mondiale, delle agenzie delle Nazioni Unite, del WTO hanno negato ai popoli la facoltà di partecipare alla gestione equa e stabile dell’acqua.
Bisogna, pertanto, opporsi a tutti i tentativi di mercificazione e privatizzazione dell’acqua che alcuni governi nazionali stanno da tempo anticipando, primi fra tutti quelli europei, cedendone, dietro ad un immaginario controllo pubblico della risorsa, la effettiva proprietà alle multinazionali e sottraendola così al controllo democratico delle politiche di gestione e di accesso alla risorsa. Questa politica discende dagli accordi
del WTO e dall’accordo GATS sui servizi, che intendono assicurare ai produttori di servizi dei paesi più ricchi il controllo delle risorse del mondo, diminuire le possibilità di controllo sull’impatto ambientale delle infrastrutture, senza garantire un’adeguata qualità e quantità nella redistribuzione dell’acqua. Gli accordi di cui sopra segnano la via del non ritorno e la negazione del diritto al controllo democratico dei popoli su tutti i beni comuni non negoziabili dell’umanità.
Inoltre, è necessario opporsi anche al modello del Partenariato Pubblico-Privato, modello voluto dall’oligarchia mondiale dell’acqua che ha dimostrato di essere un efficace strumento di presa di controllo politico, oltre che economico, delle risorse idriche del pianeta da parte di imprese private multinazionali. Tutto ciò per impedire che le Banche Multilaterali di Sviluppo, come la Banca Mondiale, finanzino e promuovano le
privatizzazioni nel sud del mondo, operazione che, in nome dello sviluppo, trasferisce i rischi ai cittadini e ai governi. Politica che è culminata con il lancio della nuova strategia sull’acqua della Banca Mondiale.
Occorre combattere il modello industriale attuale, agricolo ed urbano, di appropriazione dell’acqua in maniera intensiva e inquinante e ribellarsi al consumo, nelle società occidentali, di acque minerali che sono nelle mani di poche multinazionali e che hanno di fatto espropriato i governi nazionali di ogni possibilità di controllo e gestione di queste risorse.
Si propone un nuovo concetto di pubblico, partecipato e democratico, favorito attraverso l’attivazione di luoghi di partecipazione, che includano gli enti locali, i cittadini e le comunità locali, i lavoratori e le lavoratrici, la valorizzazione delle diverse forme di democrazia locale, la costituzione di parlamenti di bacini e di consulte locali all’interno e all’esterno dell’Unione Europea.
È indispensabile arrivare a forme pubbliche di finanziamento della gestione collettiva della risorsa da reperirsi attraverso una fiscalità generale di tipo progressivo, che garantiscano a tutti il diritto all’accesso all’acqua nella quantità necessaria alla vita, nella misura di 40 litri garantiti al giorno.
I finanziamenti per progetti sull’acqua e per l’accesso alla risorsa devono essere concessi senza condizioni negative vincolanti per i governi e bisogna promuovere un sistema basato sulla gestione collettiva dell’acqua da parte delle comunità e del settore pubblico e incentivare progetti sostenibili ambientalmente e socialmente, e garantire soprattutto soluzioni decentrate. La Banca Mondiale e le istituzioni finanziarie internazionali, che hanno promosso un modello di sviluppo “insostenibile”, devono assumersi le responsabilità di mitigare gli impatti negativi delle infrastrutture esistenti e delle privatizzazioni già avvenute, ripagando i danni alle comunità colpite. La Banca Mondiale deve interrompere i prestiti per la costruzione di grandi dighe nel mondo.
Per tutto ciò è indispensabile escludere la negoziazione del bene acqua dal nuovo round di negoziati GATS del WTO. L’Unione Europea deve ritirare e non avanzare più richieste di liberalizzazione dei servizi essenziali, inclusa l’acqua, che ha formulato sia nel processo dell’iniziativa sull’acqua, sia nel corso dei negoziati del WTO.
Bisogna potenziare l’istituzione di sistemi di controllo collettivi obbligatori pubblici che garantiscano il diritto dei cittadini ad avere una buona qualità dell’acqua a tariffe eque e adottare, pertanto, un sistema di tariffe che penalizzi progressivamente il consumo eccessivo ed eviti lo speco della risorsa. Occorre costringere i governi a impegnarsi nella creazione di fondi di solidarietà per il finanziamento di progetti finalizzati a
garantire il diritto di accesso alle risorse idriche a livello universale.
Vincenzo Curci
autore del volume: Pianeta acqua: sete e guerre, Edizioni Prometeo, Castrovillari (CS), 2010.