Già circa un anno fa avevamo notato una certa assonanza tra le parole magiche del
nascente renzismo e quelle che avevano caratterizzato la nascita del fascismo
(http://www.ucadi.org/images/stories/ucadi/pdf_nl/cp67.pdf). Ora il parallelo non ha più il
sapore di vaghe assonanze, ma si colora di contorni molto più inquietanti, fermo restando che un regime dittatoriale non pare oggi di nuovo possibile, ma l’affermarsi di un pensiero unico, ottimista e superficiale, favorito dalla monocorde inclinazione di tutti (o quasi) i mass media.
L’attenzione è rivolta alla recente approvazione da parte del Senato della Repubblica del disegno di legge sulla cosiddetta “buona scuola”. Sui suoi contenuti siamo già più volte intervenuti, e questi sono rimasti, a parte ritocchi marginali, sostanzialmente immutati. Quello che vogliamo ora sottolineare è il metodo con cui si è arrivati alla suddetta approvazione. Già una volta il governo aveva posto la questione di fiducia su di una legge delega, fatto inaudito e istituzionalmente scorretto, proprio perché la delega è di per sé un atto di fiducia con cui il potere legislativo abdica la proprio ruolo a favore del potere esecutivo, riservandosi un lasco controllo a valle; si tratta di una fiducia sulla fiducia. Ma il palato degli elettori, e soprattutto degli eletti, non è più molto sensibile alle forzature.
Sulla “buona scuola” il passo in avanti verso un regime illiberale è stato più marcato e più preoccupante. In diciotto mesi il pinocchietto provinciale ha posto la fiducia in media ogni quindici giorni, a riprova che non sa convincere, e ricorre quindi all’imposizione, minacciando sfracelli. Questa ultima, però, come detto, ha un sapore molto più acre. Nel maxiemendamento votato al Senato, volto a tagliare la discussione sugli altri, molti emendamenti proposti al testo licenziato dalla Camera, un unico articolo costituito da 209 commi ed una tabella, al comma 177 recita testualmente “Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge.” Il problema sorge
quando, nel comma successivo, si vanno a specificare le materie delegate ed il modo con cui dette materie vengono delegate.
Le materie delegate sono nove. La loro semplice enumerazione completa sarebbe molto lunga, perché ognuna di esse e suddivisa in più voci, per esempio la seconda è suddivisa in quattordici sottovoci, basterà qualche esempio ed uno sguardo di insieme.
a) La prima, suddivisa in cinque voci, riguarda il “riordino delle disposizioni normative in
materia di sistema nazionale di istruzione e formazione”, e prevede l’emanazione di un
nuovo testo unico.
b) La seconda riguarda “il riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di
formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente della scuola secondaria”.
c) La terza concerne la “promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con
disabilità”, divisa in nove voci, prevede anche la ridefinizione del ruolo, delle
competenze e dei compiti del personale di sostegno, come di quello amministrativo e
dirigente.
d) La quarta, molto breve (solo due voci) è molto pregnante, e si propone la “revisione dei percorsi dell’istruzione professionale”, di per sé auspicabile, visto il disastro combinato appena cinque anni fa dalla riforma “Gelmini”, peccato che non sia detto che cosa si voglia ottenere.
e) La quinta (11 voci) prevede la revisione complessiva della scuola dell’infanzia (“dalla
nascita ai sei anni”).
f) La sesta, la più semplice, senza sottovoci è invece la più pretenziosa e riguarda la
“garanzia dell’effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale”, senza
riferimento a risorse, come se il diritto allo studio fosse solo un problema di definizioni.
g) La settima (undici voci) rappresenta l’orpello culturale e prende in considerazione la
“cultura umanistica” (nel testo nella dizione corretta) e quella artistica, anche in questo
caso non sono specificate risorse.
h) L’ottava prevede in quattro voci, concerne le istituzioni scolastiche italiane all’estero.
i) In solo due voci infine si chiede la delega a operare un “adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, nonché degli
esami di Stato, anche in raccordo con la normativa vigente in materia di certificazione
delle competenze”, adeguarla rispetto a che cosa non è dato saperlo.
Tratto comune a tutte queste materie è che non sono previste, tranne minimi accenni, le
indicazioni sul come agire per riordinare, adeguare, rivedere. In altre parole il Senato è stato chiamato a dare la fiducia su di una vasta gamma di temi relativi all’intera legislazione scolastica vigente senza, nel contempo, fornire al Governo, come sarebbe indispensabile, le linee di intervento su cui esso si dovrebbe muovere e per ottenere cosa, ovverosia quale siano gli scopi da raggiungere. Un’autentica delega in bianco.
Notoriamente nel meccanismo dei decreti delegati, il procedimento dovrebbe essere
questo: le Camere delegano il Governo ad emanare uno o più decreti delegati, che realizzino gli scopi previsti nella legge delega: i decreti delegati, una volta emanati, ripassano al vaglio del Parlamento per il parere di conformità rispetto alla delega ricevuta dal Governo; ma se le traiettoria di cambiamento non viene indicata a monte, quale controllo di conformità sarà possibile fare in futuro. In questo caso poi c’è l’aggravante che su questa delega senza mandato e senza controllo è stata posta la questione di fiducia. Si è cioè chiesta la fiducia a fare quel che si vuole.
Mai, dopo il 1945, le istituzioni erano state sottoposte ad un esautoramento del proprio
ruolo di tale portata, mai tale disprezzo era stato mostrato nei confronti della correttezza
formale e sostanziale tra organi della Repubblica. Se questa non è dittatura, è certamente una profonda ferita nelle regole dello Stato liberale. Per noi lo Stato liberale non è certo un simulacro, né la realizzazione di un’effettiva vita democratica, ma certo non possiamo vedere come positiva una distorsione delle sue regole in senso autocratico ed autoritario.
Renzi agisce così, dopo la batosta ricevuta nelle recenti elezioni amministrative, perché
forzato dal personaggio che si è costruito, dell’immagine su cui ha fondato il proprio iniziale successo, quello dell’uomo deciso, che prende decisioni rapide e non si fa impantanare nel sabbie mobili della politica tradizionale. Facendo marcia indietro o segnando battute d’arresto nella propria azione, questa immagine ne uscirebbe indebolita. Ma forzando i processi un’altra parte dell’elettorato, quello che si illude ancora che il PD abbia ancora una pallida, tenue, scolorita patina di sinistra, tende ad abbandonarlo. Una nassa!
Saverio Craparo