Tutto si può sostenere, tranne che le esportazioni italiane vadano male. Prima di tutto va rilevata la qualità delle esportazioni stesse, non concentrate certo su settori a bassa tecnologia e poi è interessante notare quale sia il genere dei paesi verso i quali sono orientate. Un po’ di dati. Partiamo dal settore della ceramica. L’azienda di produzione di macchine per ceramica col maggiore fatturato a livello mondiale è italiana (Tecnoferrari Spa con 71,8 milioni di € di fatturato) e nella classifica della redditività, che tiene conto di 12 indicatori, cinque sono le aziende italiane presenti nelle prime dieci; il settore sta però subendo una pericolosa concorrenza da aziende spagnole e portoghesi (Il Sole 24 ore, a. 149, n° 236, 29 agosto 2014, p. 9). Per ciò che concerne la vera e propria produzione di piastrelle in ceramica l’Italia figura al terzo posto tra gli esportatori mondiali, preceduta di poco dalla Spagna, mentre la Cina risulta di gran lunga al primo posto (Il Sole 24 ore, a. 150, n° 255, 17 settembre 2014, p. 11).
Altro settore di punta dell’export italiano è quello della macchine utensili (robot): i paesi che più assorbono la produzione sono prima di tutto la Germania, seguita dalla Cina (in flessione però nel nuovo anno), dagli Stati Uniti d’America e dalla Francia. La prima e la quarta segnano una crescita notevole. È questa una produzione altamente tecnologica e che si rivolge a mercati maturi, come pure la produzione di valvole industriali, la cui esportazione continua a crescere (Il Sole 24 ore, a. 150, n° 192, 15 luglio 2014, p. 13). Un settore che non conosce cali, anzi di larghe prospettive, visto il dilagare dei conflitti, è quello delle armamenti.
Il 2012 ha segnato un record, ma il 2013, pur registrando una lieve flessione (2,7 miliardi di € contro i 2,9 dell’anno precedente) ha confermato l’importanza storica di questo poco invidiabile tipo di produzione. (http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/465877/Armi-made-in-Italy-Unimondo-Verso-il-Mediooriente-record-di-esportazioni). L’azienda di punta (nona nel mondo) è Finmeccanica (con Augusta, Oto
Melara, Alenia Aeronautica, etc.) e concerne carri armati, aerei, elicotteri, navi, artiglieria, bombe, missili, siluri, fucili, munizioni, armi chimiche antisommossa e mine (in cui l’Italia detiene un primato) (http://buenobuonogood.com/5909/italia-signora-della-guerra-tutti-i-dati-sul-commercio-darmi-aggiornato-2014/I). Oltre ai tradizionali acquirenti come gli USA, recentemente le esportazioni si sono dirette principalmente in Medio Oriente: Algeria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e soprattutto Israele, che nel
2012 è divenuto il miglior cliente dei nostri apparati d’arma (http://www.adistaonline.it/?
op=articolo&id=53032). Sono in crescita anche le commesse per i lavori infrastrutturali all’estero dalla linea 2 della metropolitana di Lima al terzo ponte sul Bosforo, ma anche in Russia, Danimarca, Algeria e Australia. (Il Sole 24 ore, a. 150, n° 110, 22 aprile 2014, p. 7). Non sono certo da trascurare, infine, la moda e l’alimentare.
Complessivamente l’export italiano è in tendenziale crescita, almeno fino al 2017, con tassi annui superiori al 7%. I settori di punta sono i prodotti alimentari, quelli elettrici e della meccanica strumentale (Il Sole 24 ore, a. 150, n° 71, 13 luglio 2014, p. 47). Il made in Italy tira molto nella Ue ed in particolare in Germania e Regno Unito (Il Sole 24 ore, a. 150, n° 106, 17 aprile 2014, p. 9). Ma anche fuori dall’Europa le cose vanno bene: dal maggio 2013 al maggio 2014 le esportazioni verso gli USA sono crescita del 7,7%, verso l’Australia del 4,3% e verso le EDA (Economie Dinamiche dell’Asia: Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Hong Kong, Malaysia e Thailandia) del 12,8% (Il Sole 24 ore, a. 149, n° 194, 17 luglio 2014, p. 9). Anche la Cina si sta rivelando un mercato promettente (+8,9%), soprattutto per ciò che riguarda i prodotti alimentari, le forniture
per le energie rinnovabili e per la salvaguardia dell’ambiente (Il Sole 24 ore, a. 150, n° 106, 17 aprile 2014, p. 15).
Riassumendo si può affermare che se le esportazioni potessero costituire il caposaldo di una economia, per l’Italia le prospettive sarebbero rosee; purtroppo il lusso e la moda non possono da soli sorreggere un’economia industriale moderna e il crollo del marcato interno non è rimediabile con la dinamica esportativa.