Nella narrazione della Lega l’Emilia Romagna va liberata: lo hanno dichiarato all’apertura della campagna elettorale del partito i governatori di Lombardia,Veneto, Friuli Venezia Giulia, scesi a Bologna per portare la lieta novella.
Per far fronte alla narrazione leghista riteniamo invece che gli emiliano-romagnoli farebbero bene a ritrovare la memoria e ricordare a se stessi e ai leghisti cosa fecero negli anni 1945-1952 accogliendo nelle loro famiglie di operai e contadini insieme ai liguri, ai toscani e ai marchigiani 70.000 bambini e andare di questo orgogliosi. Si iniziò con bambini rimasti orfani e provenienti da famiglie povere di Milano e dintorni che furono accolti da famiglie di Reggio Emilia e provincia; poi toccò a bambini provenienti da Torino e dal Piemonte, Poi più massicciamente si provvederà a organizzare i “treni della felicità” con l’aiuto del sindacato ferrovieri, provenienti da Napoli, da Cassino e dal frusinate, aree di povertà pressoché assoluta che avevano subito il peso di bombardamenti e della guerra; poi toccò a tutto il sud.
Libri e un documentario [1] testimoniano la diffidenza che allora come oggi vi era verso un’iniziativa che nasceva grazie all’Unione Donne Italiane (UDI), organizzazione femminile legata al PCI e donne socialiste, del partito d’Azione, anarchiche, che si offrirono, d’accordo con le loro famiglie, di ospitare gratuitamente per mesi, a volte per anni, questi bambini alleviandone il disaggio e le sofferenze. I materiali indicati in nota ricostruiscono gli eventi e ripristinano la memoria richiamando quella esperienza, che si pone nel solco della solidarietà di classe tipica del movimento operaio e contadino. Ai bambini che partivano si consigliava di non farlo perché sarebbero finiti nelle mani dei comunisti i quali, si diceva, tagliavano le mani ai bambini, ne avrebbero fatto sapone, li avrebbero mandati in Siberia. Ciò malgrado i bambini partirono: la fame era tanta e la disperazione profonda. Vennero accolti nelle famiglie di operai e contadino che semplicemente pensavano che “dove mangiavano in sei avrebbero potuto mangiare in sette”, come si usa pensare nelle famiglie modeste. I bambini vennero nutriti, vestiti, curati accuditi, educati, aiutati ad istruirsi, trattati come figli e
rimandati alle loro famiglie, salvi dalla fame e dalla denutrizione.
Questi treni che percorrevano l’Italia (da Napoli a Bologna occorrevano 23 ore) ospitavano volontarie, agivano senza il supporto di alcuna pratica legale, semplicemente, per solidarietà e offrivano e ricevevano affetto, come chi fu
coinvolto ed è ancora vivo ricorda e testimonia.
Certo allora le famiglie che assicurarono l’accoglienza erano supportate dalle strutture territoriali di partito, dalle case del popolo, ma il costo di tutto questo era sopportato da ognuno, senza ricevere sussidio alcuno: tutto veniva dato per solidarietà.
Quella solidarietà di classe che si manifesta anche ora da parte della grande maggioranza della popolazione verso i più poveri e i migranti con le mense popolari, con associazioni come Piazza Grande a Bologna, forse in modo meno appariscente e gridato Chi oggi va a suonare i campanelli alla Bolognina (quartiere di Bologna) quando dal nome dal cognome desume si tratti di uno straniero ha bisogno di essere segnalato sulla stampa per la sua “eroica impresa”, che discrimina nella vita di ogni giorno ha bisogno di gridarlo per far vedere quanto è duro ma chi accoglie lo fa in silenzio perché semplicemente sa di star facendo una cosa giusta sa bene di comportarsi da essere umano.
E poi lo fa, e in silenzio, perché non a caso ciò che si fa contro gli ultimi colpisce anche i penultimi Lo sanno bene i lavoratori pratesi che protestavano per il mancato pagamento degli stipendi e si sono visti multati prima e caricati poi dalla polizia in applicazione del decreto Salvini che insieme ai migranti colpisce chi manifesta per i propri diritti.
Se la sinistra ha perduto la bussola e non sa fare scelte di classe, anzi approva norme come il Job Act che impedisce ai lavoratori di difendersi, permettendo al padrone di licenziare pagando qualche mese di salario, la Lega sa bene come associare lavoratori ed immigrati e li punisce all’interno dello stesso procedimento sulla base di una coerente logica di classe.
[1] Giovanni Rinaldi, I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due italie, Roma, Ediesse, 2008; Alessandro Piva, Pasta nera, (documentario), https://www.youtube.com/watch?v=v5zph62IdCY; Viola Ardone, Il treno dei bambini, Torino, Einaudi, 2019
Una proposta per chi lavora nella scuola
A chi oggi lavora nella scuola alle associazioni di insegnanti a Scuola della Repubblica e a Scuola e Costituzione in Emilia Romagna noi proponiamo di organizzare nelle scuole proiezioni e dibattiti del documentario di Alessandro Piva, Pasta nera, https://www.youtube.com/watch?v=v5zph62IdCY, prodotto da Rai International e di commentarlo per affrontare il tema della solidarietà e conoscere un periodo di storia di solito non studiato nelle scuole quello dal 1945 al 1952 attraverso documenti e contributi di storia orale.
Si otterrebbe così il doppio effetto coltivare la conoscenza e educare alla solidarietà contrastando il crescente egoismo sociale.