Le cronache e il dibattito giornalistico si nutrono di considerazioni sulle elezioni regionali in Emilia Romagna, sugli effetti del risultato elettorale sulla politica nazionale e sulla tenuta del governo. L’interesse è accresciuto e giustificato con il fatto che questa è una delle Regioni più ricche d’Italia, una fra le meglio governate, una delle Regioni nelle quali è più forte la coesione sociale e più bassa la disoccupazione. Ma contemporaneamente si vota anche in Calabria, una delle Regioni più povere e disastrate d’Italia. Noi non essendo elettoralisti è su questa Regione che intendiamo richiamare la vostra attenzione e soffermare la nostra.
La Calabria terra d’emigrazione e terra d’asilo
La Regione ha sulla carta circa 2 milioni di abitanti, ma molto numerosa è l’emigrazione. Si calcola che la popolazione regionale abbia subito nel primo decennio del secolo una diminuzione del 5% (dati censimento 2011) quindi non sappiamo quanti siano effettivamente i residenti; la popolazione è distribuita in 409 comuni, 323 (79% sul totale dei comuni regionali, 5.7% del totale nazionale) hanno una popolazione non superiore a 5 mila abitanti. In questi comuni dimora abitualmente il 33,5% dei residenti; mentre sono quasi 470 mila le persone (24% della popolazione regionale) che vivono nei 5 comuni (Reggio Calabria, Cosenza, Catanzaro, Lamezia Terme e Crotone) con più di 50 mila abitanti. I Comuni fino a 1000 abitanti sono 79.
Gli immigrati regolari complessivi non superano i 90 mila, ma a questi vanno aggiunti gli irregolari, concentrati soprattutto nella piana di Gioia Tauro ad alimentare il mercato nero del lavoro e in parte presenti anche nella piana di Sibari. Gli immigrati regolari che costituiscono il 5 % della popolazione possono essere divisi in tre blocchi di provenienza: dai paesi dell’Est (Romania, Moldavia, Ucraina e Bulgaria) circa 50.000; Marocco circa 15.000; Albania circa 3,000 malgrado che la presenza di antiche comunità arbëreshe emigrate in Calabria intorno al 1500 avrebbe potuto costituire un polo di attrazione; provenienti dal resto del mondo 18.000.[1]
La presenza dei migramti provenienti dall’Est Europa è distribuita nei paesini intorno alle città. Si tratta prevalentemente di donne che e vanno ad alimentare il mercato delle badanti, dell’edilizia e di lavori abbastanza regolari ma sottopagati, del piccolo commercio. In numerosi casi, i migranti alternano attività varie (commercio ambulante,
edilizia, agricoltura, turismo), spostandosi anche in località diverse, dalle aree interne dove spesso risiedono alle pianure costiere dove sono localizzate le attività stagionali, in agricoltura o nel settore turistico (ad es. tipico l’ambulantato estivo). La presenza di tante donne si deve anche al fatto che molta parte della popolazione è anziana e ha i figli emigrati che sostengono economicamente il costo dell’assistenza familiare altrimenti impossibile. Le badanti sono molto spesso dotate di diploma di infermiera nei paesi d’origine e vengono da situazioni familiari difficili alle quali suppliscono con gli
introito del loro lavoro, possibili in luoghi in cui il costo della vita è basso e le occasioni di svago inesistenti.
Mentre i migranti, irregolari lavorano prevalentemente in agricoltura e nel mercato nero del lavoro. fin dal 2000 lentamente sono nate iniziative di accoglienza a cominciare da alcuni paesi della Locride che intendevano in tal modo contrastare lo spopolamento dei borghi collinari e montani aderendo alla rete nazionale del Sistema di Protezione per
Richiedenti Asilo e Rifugiati (Sprar) . Il nucleo originario è situato in una delle aree più povere: si tratta dei comuni della Locride di Riace, Badolato, Caulonia e Stignano.
Come è noto l’iniziativa ha avuto successo tanto che nel 2009, la Regione Calabria approvò una legge che adottò in pieno l’impianto di governance etico sviluppatosi nella Locride con l’obiettivo di metterlo a sistema sull’intero territorio calabrese. L’intento era quello di sostenere progetti realizzati in «comunità interessate da un crescente
spopolamento o che presentino situazioni di particolare sofferenza socio-economica e che intendano intraprendere percorsi di riqualificazione e di rilancio socio-economico e culturale collegati all’accoglienza dei richiedenti asilo, dei rifugiati, e dei titolari di misure di protezione sussidiaria o umanitaria» (art. 1, Legge reg. Calabria n. 18 del 2009).
Ad oggi questa legge regionale, unica in Italia sull’asilo, non ha tuttavia trovato applicazione; anzi con l’arrivo al Ministero dell’Interno di Salvini si è provveduto a radere al suolo queste esperienze. E questo malgrado che tra il 2013 e il 2015, la rete dello Sprar in Calabria si fosse estesa considerevolmente. In particolare, dei 50 enti locali aderenti allo Sprar in ambito regionale, per un totale di 1966 presenze, 41 prima dell’intervento salviniano si trovavano nelle aree interne, accogliendo 1552 beneficiari. I progetti di accoglienza erano: 13 in Provincia di Catanzaro, 12 in quella di Cosenza, 7 in quella di Crotone, 14 in Provincia di Reggio Calabria, 4 in quella di Vibo Valentia. A queste presenze andavano sommate quelle nei Centri di Accoglienza Straordinaria istituiti dal 2013: 30 strutture con un totale di circa 2000 presenze. Presso l’ex C.A.R.A. di Crotone dove erano ospitati dai 1000 ai 1500 profughi (fonte: Ministero dell’Interno, 2015) per cui la Calabria aveva accolto circa 5000 richiedenti asilo.
Una Regione allo sfascio
L’insicurezza nella Regione non è attribuibile ai migranti, come Salvini e la mafia hanno tentato di far credere attaccando il sindaco di Riace Mimmo Lucano. Certamente la presenza diffusa della ‘ndrangheta che assume caratteristiche diverse a seconda delle Province, ma è equamente distribuita in Regione, coinvolge largamente la politica.
Prova ne sia che è impossibile dar conto di tutti i politici inquisiti, appartenenti a ogni partito, come hanno dimostrato indagini condotte prevalentemente, ma non solo, dalla Procura antimafia di Catanzaro, con inchieste che dalla Calabria si sono estese in Italia e nel mondo. L’ultima del procuratore Gratteri, eseguita da 3.000 carabinieri, ha visto l’emissione di 334 mandati di cattura !
La presenza criminale condiziona largamente il mercato del lavoro, soprattutto nella piana di Gioia Tauro, con i migranti concentrati nel ghetto di San Ferdinando, nei pressi di Rosarno (che fa parte del collegio elettorale di Reggio Calabria, dove non a caso è stato eletto Salvini). La gestione ‘ndranghetista del lavoro nero ha portato all’omicidio del migrante Sacko Soumayla, sindacalista abbattuto a colpi di fucile. A morire, vittime di incendi delle baracche fatiscenti dei lavoratori, anche Moussa Ba, Becky Moses e Jaiteh Suruwa.
Nella Regione la sanità è allo sfascio, tanto che l’ospedale che accoglie più calabresi è il Gemelli di Roma, la disoccupazione è cronica quella giovanile totale. Le infrastrutture della Regione sono al collasso, l’economia langue da sempre. L’amministrazione finanziaria delle città è al default, al punto che a Cosenza l’Agenzia per la riscossione delle imposte “Municipia” fa richieste infondate di tributi, taglieggiando i contribuenti, costretti a dimostrare di non essere debitori. Il malgoverno regna sovrano e le logge massoniche spesso colluse con la mafia spadroneggiano piazzando i loro adepti ovunque e lottizzando gli incarichi politici e gestionali, gli incarichi apicali di qualsiasi ente.
La popolazione regionale è taglieggiata anche dai cosiddetti consorzi di bonifica gestiti da esattori del nord Italia che collusi con i sindaci e le autorità di bacino si inventano attività per poter imporre gabelle agli abitanti. Il grado di corruzione degli apparati dello Stato è drammatico, prova ne sia che ad esempio tra gli arrestati dell’indagine avviata dal Procuratore Gratteri c’è un colonnello dei carabinieri della Regione, colluso con un ex parlamentare di Forza Italia, ma anche personaggi del PD, accusati di aver “aggiustato” delle cause al TAR, mentre la Prefetta di Cosenza Paola Galeone inquisita è stata posta ai domiciliari per corruzione: una ladra di polli, pescata in flagrante ad estorcere alla responsabile di una Onlus di Libera una tangente di 700 €! Questo mentre corruzione e incuria hanno ridotto il turismo la principale risorsa della Regione al disastro. A causa dell’abusivismo edilizio e di incaute opere pubbliche l’erosione e la speculazione si sono mangiate le coste e i litorali, di fatto boicottando lo sviluppo turistico. Questo depauperamento inizia da lontano: clamoroso il caso dell’arrembaggio della Jolli Rosso sulle spiagge di Amantea patrocinato dalla mafia nel lontano 1990, L’assenza di ogni programmazione del territorio lascia la Regione incapace progettare sviluppo, lavoro, infrastrutture. I soli capaci di accedere ai fondi comunitari sono le cosche che controllando il territorio, lucrano sugli aiuti comunitari, riscuotendo fondi mai impiegati, distribuendo lavoro clientelare. I giovani laureati delle Università della Regione abbandonano i loro luoghi di origine a causa dell’assenza di prospettive di lavoro e di investimento e si calcola che la metà della popolazione residente in Regione abbia ormai superato i 50 anni.
[1] Secondo altre fonti nell’ultimo censimento del 2011, gli stranieri residenti in Calabria, ammontavano a 66.925 unità (di cui il 55,4% costituito da donne), per poi passare a un totale di 91.354 unità nel 2015, con un incremento del 35,5% (pari al 4,6 % della popolazione regionale).
I compiti della politica
Nessuno dei cinque candidati alla carica di Presidente della Regione (uno della sinistra, uno della destra, uno dei 5S e due indipendenti) presentato uno straccio di programma credibile che affronti i problemi che abbiamo sollevato.
Nessuno di loro punta alla presenza dei migranti come risorsa, e presenta un serio piano di investimenti per il turismo, la sola risorsa credibile. Scarsa attenzione viene data alle ricchezze del territorio che presenta una composizione plurale e multiculturale considerando che sono ben 33 i comuni di lingua e tradizioni arbëreshe e ancora numerose le comunità grecaniche.
La Regione è un territorio geneticamente vocato all’accoglienza, ricco di apporti culturali, oggi in grado di fornire primizie in agricoltura e prodotti di qualità per tutto il settore agro alimentare se supportate da una rete di distribuzione logistica, servizi turistici di eccellenza per località marine e di montagna. Invece la consapevolezza che il futuro si gioca sullo sviluppo è assente e e ogni opera pubblica offre l’occasione per un’inchiesta per corruzione come quella relativa alla costruzione della metropolitana legera Cosenza – Università che vede coinvolto l’attuale sindaco della città, vero uomo
forte del centro destra (la candidata che lo ha sostituito, benché favorita dai sondaggi, costituisce una situazione di ripiego).
In questa situazione tocca ad un magistrato, al Procuratore Gratteri, lanciare un appello alla popolazione di “scendere in piazza, occuparsi della cosa pubblica, impegnarsi in politica” nella consapevolezza che l’invito resterà inascoltato perché “ i giovani vanno via e non torneranno”.
In Calabria ‘ndrangheta fascismo e razzismo sono facce dello stesso fenomeno. È questo il motivo per cui quello che servirebbe non è il voto, non è candidarsi ma l’impegno civile, nella consapevolezza che lottare contro la criminalità in Calabria, creare lavoro e sviluppare le opportunità, coinvolgere in questo progetto le nuove popolazioni che ripopolano i borghi, renderebbe un servizio a tutti, in Italia e nel mondo, perché combattere alla base, nel suo luogo di origine, la ‘ndrangheta: un’associazione criminale che “non e fatta di pastori e ignoranti come vorrebbero farci credere”, ma che
dispone dei manovali e dei gruppi di fuoco, ma anche dei colletti bianchi, dei professionisti, dei politici e che ha tessuto la rete di quel capitalismo criminale e imprenditore che vive di sfruttamento che si allea con la forze più retrive nel paese é
un impegno per tutta la vita che,come dice Lucano “ci accompagna per tutta la vita e morirà con noi”.
R.P. – G.C.