ELEZIONI IN GRECIA, OVVERO COME LA DESTRA VINCE FACENDO GOVERNARE LA SINISTRA

Riceviamo e pubblichiamo da un nostro lettore, pastore luterano nella Chiesa Protestante Unita, l’articolo che segue che ci invita a dibattere sul ruolo della sinistra nella gestione del potere nel mondo dominato dal capitale e sulle prospettive della collocazione nell’Unione Europea invitandoci a mettere a punto una strategia globale della sinistra in difesa delle classi subalterne. Anche altri lettori sono invitati a intervenire, lo farà la redazione.

La redazione

Lo scorso 7 luglio la Grecia ha di nuovo svoltato a Destra. Con il 39,85% dei voti e 158 deputati su 300 nel Parlamento ellenico (ottenuti grazie all’abnorme premio di maggioranza di 50 seggi che spettano alla prima lista), il partito neoliberista di Nea Dimokratia, guidato dal neopremier Kyriakos Mitsotakis ha vinto nettamente le elezioni anticipate che Tsipras aveva convocato dopo le deludenti elezioni europee del 26 maggio nelle quali, tuttavia, il nuovo partito di governo aveva preso 5 punti percentuali in meno delle politiche.

In flessione di quasi 4 punti, Syriza è riuscita a raggranellare 86 parlamentari (59 in meno del 2015, 9 in termini assoluti visto il premio di maggioranza). In sostanziale tenuta i comunisti filo-stalinisti del KKE (-0,32% e uguale numero di rappresentanti rispetto a quattro anni prima, 15), in netto crollo i neonazisti di Alba Dorata che raccolgono solo il 2,93% (-4,06% rispetto al 2015 e nessun deputato). Ancora stabilmente bassi i socialisti del PASOK che, assieme ad altre formazioni centriste ed europeiste, hanno dato vita al Movimento per il cambiamento (8,10% e 22 seggi). Profondamente deludente il risultato della lista collegata a Varoufakis e al suo movimento Diem25, ovvero il Fronte della Disobbedienza realistica europea che ha ottenuto un misero 3,44% e 9 deputati.
Se questo è il quadro sintetico della tornata elettorale, non altrettanto automatiche le ragioni evidenti per cui i greci, dopo anni di austerità provocati proprio da Nea Dimokratia e Pasok, si siano riaffidati a una destra neoliberista che è stata la causa prima del collasso dei conti pubblici del 2009.

Le ragioni della sconfitta

Le opinioni circa la fisiologica alternanza al potere qui fanno davvero poca presa, essendo il sistema democratico greco incompiuto fin dalla rimozione del regime dei colonnelli nel 1974, dominato dalle dinastie politiche dei vari Papandreou e Karamanlis e, non per ultimo, in una fase eccezionale e grave della storia nazionale. Lo stesso Mitsotakis ha le stimmate del boiardo di potere nella Grecia contemporanea: figlio di Kostantinos, Primo ministro dal 1990 al 1993, fratello minore del Ministro degli esteri (2006-2009) e Sindaco di Atene (2003-2006) Ntora Mpakogianni, ha studiato ad Harvard e Stanford, ha lavorato per la Chase Bank e la McKinsey&Company di Londra e per l’Alpha Bank di Atene. Da lui, sicuramente, le banche, gli investitori e speculatori internazionali e la Troika non avranno niente da temere, anzi è sicuro che porterà a termine le privatizzazioni portate avanti, con qualche tiepida esitazione dal governo Tsipras.
Già Tsipras. Sicuramente la vittoria politica di ND è stata favorita dalla riorganizzazione della Destra greca che ha assorbito molti elettori nazionalisti di Alba Dorata e del junior partner governativo di Syriza, ovvero la destra di ANEL dell’ex Ministro della Difesa Panos Kammenos, che d’altronde era nata da una scissione di ND. Ma la più grande assicurazione di vittoria Mitsotakis l’ha avuta grazie all’irresoluta e paurosa azione di governo di Tsipras. Anche con gli scissionisti di Varoufakis, infatti, Syriza non avrebbe avuto la maggioranza, ottenibile solo con un impossibile accordo di governo ed elettorale con il KKE, non realizzato nel 2015 e tanto meno possibile dopo i 4 anni di governo di Syriza. La questione dell’annoso accordo sul nome della Macedonia del Nord può aver spostato qualche punto percentuale, ma non ha modificato le grandi linee del quadro politico.
Se possiamo dimostrare stupore per l’affermazione di ND, un altro stupore non può che pervaderci: ovvero la sostanziale tenuta, seppur penalizzata dalla legge elettorale, del partito di Tsipras che conserva tuttora il 31,53% dei suffragi dopo quattro anni di potere all’insegna del cedimento alla Troika e della paura stessa delle responsabilità di governo, oltre che di un’azione internazionale ed europea inesistente. Il sostanziale licenziamento di Varoufakis (che ha tanti difetti ma come Ministro del Tesoro si era opposto fermamente alla Troika e aveva preso provvedimenti per un eventuale ritorno alla Dracma) e il tradimento del Referendum del 5 luglio 2015 sulle durissime condizioni imposte dai mercati internazionali e dagli speculatori alla Grecia (condizioni rifiutate da una netta maggioranza degli elettori, il 61,31%) hanno pesato moltissimo sull’operato del governo “di sinistra” ellenico e hanno alquanto appannato l’immagine dello stesso Tsipras, che non se n’è più riavuto nonostante la risicata vittoria alle elezioni anticipate del settembre 2015.
Dalla Troika è stato accettato di tutto: dall’abolizione della contrattazione collettiva alla reintroduzione dei licenziamenti collettivi, passando dalla decurtazione del 22% dei salari minimi, dagli oltre tredici tagli alle pensioni, dall’abbassamento della quota di reddito esentasse, alla privatizzazione di asset pubblici a garanzia del debito (porti, aeroporti, linee telefoniche terrestri e cellulari, energia, patrimonio archeologico, sanità, trasporti, istruzione). Infatti nel giugno 2017 il giornale della nostra Confindustria, Il Sole 24 Ore, elogiava Tsipas come “l’austero esecutore delle riforma greche” e proseguiva nel ritratto dello statista chiosando: “anche sotto il Partenone si nasce incendiari e si muore pompieri”. Sono soddisfazioni.
Il risultato di queste politiche – con cui Syriza non solo ha tradito il proprio programma e le proprie promesse elettorali ma anche la chiara e diretta volontà dei cittadini che si erano espressi nel Referendum – è sotto gli occhi di tutti: aumento del 50% della mortalità infantile, il più rilevante dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e della Guerra Civile, oltre il 60% dei bambini non è stato vaccinato negli ultimi anni, suicidi aumentati del 40%, picchi nella trasmissione dei virus Hiv e dell’epatite C oltre che del bacillo della Tubercolosi, obbligo per i medici di scrivere sulle ricette l’aspettativa di vita del paziente per risparmiare sui farmaci, dati che hanno allarmato l’Organizzazione Mondiale della Sanità che parla ormai della Grecia come di un paese “sulla soglia del Terzo mondo” a livello sanitario e sociale. I fondi per l’istruzione sono stati tagliati, dal 2013 al 2018, del 42% mentre il tasso di disoccupazione generale è sul 20% e quello giovanile sfiora il 40% e i pensionati in media prendono 360 euro al mese, quando va bene. Lo stesso PIL, idolo sacro del capitalismo, è stagnante dal 2014 dopo delle rovinose cadute dal 2009 al 2013. Potremmo continuare, ma crediamo che i lettori si siano già fatti un quadro della situazione.

Il tramonto della democrazia e il governo del capitale

Il fatto, ancora più grave rispetto all’esplosione dell’ingiustizia sociale in Grecia, è stato il definitivo tramonto della democrazia nel paese che rivendica con orgoglio di averla inventata: quello che pensano e votano i cittadini non importa, si farà quello che dicono le Banche Centrali, le multinazionali e i governi stranieri come quello tedesco, che tiene in pugno tutta questa prigione che si chiama Unione Europea. I veri padri nobili dell’europeismo, come Giuseppe Mazzini, non solo si rigirano nelle tombe ma non esiterebbero, se redivivi, a mettere qualche bomba al tritolo a Bruxelles.
Possiamo quindi ben dire quale sia l’azione strategica della Destra in Europa: lascia che alle macerie e ai provvedimenti lacrime e sangue provveda una Sinistra priva di spina dorsale, in ostaggio delle istituzioni europee e del FMI, che ha paura della sua ombra quando non aderisce chiaramente a terze vie blairiane – come il PD in Italia – e che ha perso il senso della sua esistenza politica. Poi ne raccoglie elettoralmente i frutti con un sapiente mix di sovranismo, nazionalismo, populismo neoliberismo ed individuazione di un nemico esterno. In questo gioco la Destra è da sempre maestra e vittoriosa, ora bisognerebbe che i partiti di Sinistra mandassero senza rimorsi al macero uomini ed idee fallimentari e riprendessero l’ispirazione (non sappiamo se divina o meno) per elaborare un modello alternativo di società e di economia a favore della redistribuzione della ricchezza, della proprietà collettiva dei mezzi di produzione, dei diritti sociali e civili, delle libertà fondamentali, della tutela dell’ambiente e degli animali. Ne saranno mai capaci?

Andrea Panerini