In Sardegna, puntuale, si è ripetuto lo schema ormai usuale, con piccole varianti locali: il centrodestra nella sua formazione classica ha vinto (51,9%), riprendendosi la Regione ed il M5S è miseramente crollato sotto il 10%. Solo l’incompetenza politica del suo gruppo dirigente, ormai asservito alla Lega per abbarbicarsi al potere, giustifica questo andazzo ripetitivo. Ma ci sono alcune piccole, ma rilevanti novità.
Il candidato del centrodestra è l’unico che ha avuto meno consensi della propria coalizione (47,8%, cioè -4,2%) ed all’interno della stessa la Lega non ha avuto il successo atteso, anche se per l’isola comunque è una novità la presenza di suoi consiglieri (8, con una percentuale dell’11,5%), e resta comunque il più forte partito del gruppo. Chissà cosa penserebbe il fondatore del Partito Sardo d’Azione, Emilio Lussu, tradizionalmente schierato a sinistra, nel vedere i suoi nipotini legati al partito di Salvini. La situazione del centrodestra è ormai chiara: la Lega è nettamente il partito più forte, mentre Forza Italia sta lentamente scomparendo nelle sue braccia e Fratelli d’Italia vivacchia tra il 4 ed il 5%; complessivamente la colazione è cresciuta, ma di pochi punti percentuali (superando però stabilmente la soglia del 40%, che gli permetterebbe di governare da sola), punti percentuali ottenuti dall’emorragia dei 5 Stelle.
Ma la vera novità, strano a dirsi, sta a sinistra, che per la seconda volta nell’arco di due settimane ottiene un risultato, pochi mesi fa del tutto insperato (30,1%), è sicuramente un successo personale del candidato, Massimo Zelda, che infatti ottiene il 2,8% in più di voti rispetto alla coalizione. Ma quello che il risultato del centrosinistra in Sardegna, dopo l’analogo di due settimane fa in Abruzzo, ci dice è altro. La sinistra non è morta nel paese, solo che essa stenta a identificarsi con il PD, certo a causa della politica che il partito ha portato avanti nella scorsa legislatura, che proprio di sinistra nulla aveva. Il fantasma del galletto antesignane aleggia sul PD e finché continuerà ad aleggiare difficilmente si potrà verificare una ricrescita. Sembra che il futuro, per ora, sia riservato in una vasta coalizione, che annacqui il simbolo, in una marea di altri contrassegni, e nella individuazione di candidati nuovi, non compromessi con la stagione invisa del irenismo e che diano un’impronta più spostata a sinistra. Tutto ciò dà la speranza che il vento razzista e autoritario possa trovare un ostacolo ed un freno nella coscienza di una fetta non irrilevante dell’elettorato.
In ogni caso l’equivoco trillino si avvia a una soluzione. E con il loro ridimensionamento sia pur graduale muore l’illusione che costoro avevano seminato ovvero che le disuguaglianze e i problemi degli sfruttati di questo paese si potessero risolvere senza lotta di classe, semplicemente stipulando un contratto con gli avversari di classe, basato su uno scambio tra la propria anima e qualche concessione. La fine di questa illusione mette fine quanto meno a un equivoco.
I gridellini sono prigionieri della lega a causa proprio della loro forza parlamentare. Da un lato sono obbligati a sostenere il governo, mentre la lega ne mangia il cranio, emulando il conte Ugolino. E questo con buona pace del demagogo melanconico scomparso dalla scena non sappiamo se perché impegnato a preparare il prossimo viaggio o a meditare sulle cazzate che spara.
Comunque sia non ci interessa, basta che resti fuori dalle palle!