LE BRIOSCHE DI MACRON

La comparsa nelle piazze e nelle strade dei gilet gialli ha scosso profondamente la Francia, mettendo in crisi la Presidenza Macron, ma pochi si sono chiesti quali sono le cause strutturali del disaggio che i manifestanti esprimono e da ciò è dipesa l’incapacità di “leggere” la radicalità e la caratterizzazione politica del movimento. Eppure, a ben guardare, l’azione di governo del Presidente francese sta alla base della rivolta e non tanto per il fatto di aver proposto la tassa ecologica sui carburanti che ha innescato la protesta, ma a causa di un’accentuazione delle linee portanti della politica strutturale adottata dal governo francese.

Il programma con il quale Macron è stato eletto è stato quello di portare a termine una riforma complessiva e strutturale del mercato del lavoro e del sistema di welfare che ha come punti essenziali gli Statuti delle diverse categorie di lavoratori che caratterizzano il mercato del lavoro e assicurano categoria per categoria i diritti conquistati in anni di lotte in materia di orario e condizioni di lavoro, di trattamento pensionistico e previdenziale, di godimento di diritti sociali in materia di welfare per le famiglie, diritto all’abitazione, congedi parentali, ecc. Questa politica si rende necessaria per accrescere la competitività del sistema produttivo francese comprimendo i salari a fronte della concorrenza di altre aree produttive all’interno stesso dell’unione europea che praticano una politica di bassi salari e di una concorrenza a livello mondiale che si fa sempre più aggressiva. Le norme sul mantenimento in Francia delle produzioni – che pure esistono – non appaiono ulteriormente sostenibili di fronte ai processi di internazionalizzazione delle localizzazioni produttive.
Nell’attuazione di questa politica il governo ha incontrato l’opposizione dura delle organizzazioni sindacali (di ferrovieri e impiegati pubblici, soprattutto) che attraverso scioperi durissimi e ripetuti hanno costretto il governo ad evitare lo scontro frontale e a ricorrere a provvedimenti amministrativi per piegare le resistenze a questa politica da parte delle diverse categorie. Ne è seguita una politica di smantellamento dei servizi soprattutto nelle periferie e nella Francia rurale, mentre si allentavano le garanzie in materia di tutela dell’occupazione e di salari soprattutto nei settori di lavoro diffusi sul territorio, nelle piccole imprese, nel mondo contadino e impiegatizio. Il risultato è stato il venir meno di servizi pubblici in tutti i settori e l’aumento delle spese individuali per quelle attività che avrebbero dovuto essere coperte dal welfare, finanziato dalle tasse e dalla fiscalità generale, con una diversa distribuzione dei costi tra città e campagna tra centro e periferie.

Aumento dei costi vita e disagio sociale

Il risultato è stato un aumento dei costi delle prestazioni sanitarie in campagna e nelle periferie a causa della chiusura di ospedali periferici, ambulatori, centri diagnostici pubblici con il risultato che per raggiungerli bisogna spostarsi a proprie spese. Si, perché contemporaneamente il sistema di trasporti periferici e quello per i pendolari è stato ridimensionato e i servizi ridotti; perché la perdita della sicurezza del posto di lavoro ha costretto ad una maggiore pendolarità, perché le diverse condizioni di vita e di lavoro hanno tagliato le integrazioni di reddito provenienti dai lavori casalinghi e agricoli di integrazione al reddito, abbandonati a causa non solo dei costi ma del maggior tempo occorrente per il lavoro e gli spostamenti.
Le conseguenze si sono viste nella destinazione del salario con la crescita sempre maggiore dei costi destinati alle necessità del lavoro: per dirlo in altri termini lavorare costa sempre più e una parte crescente del salario è destinata a pagarsi a livello individuale servizi che prima venivano erogati dal welfare. Ne viene di conseguenza che la tassazione è diventata incomprensibile, ingiustificata e estremamente onerosa perché non compensata da servizi erogati dallo Stato che percepisce le tasse. Il concentramento dei servizi nelle città e nei grandi centri dove sono possibili economie di scala nell’erogazione delle prestazioni ha acuito il conflitto tra le città, dove è concentrato il gran numero degli elettori di Macron e le campagne, con il risultato che la periferia insorge soprattutto contro le tasse, viste come un inutile e infruttuoso balzello, visto che poi il cittadino deve sopportare direttamente l’onere del servizio del quale ha bisogno.
Succede così che non vi è alcuna convenienza a sostenere lo scambio tra raccolta della tassazione e erogazione dei servizi pubblici e viene minato alla radice il patto stabilito tra cittadino e sistema pubblico garante dei servizi essenziali che vanno dall’istruzione alla sanità, dalle pensioni ai servizi sociali e ai diversi meccanismi di redistribuzione del reddito. Se poi a ciò si aggiunge l’abolizione voluta da Macron dell’imposta patrimoniale che caratterizzava il sistema fiscale francese, garantendo una sia pur parziale redistribuzione del reddito, ben si comprendono le ragioni della protesta,

Le caratteristiche strutturali del movimento dei gilet gialli

A fronte della situazione venutasi a creare, per reagire alla sistematica espropriazione di un salario che si fa sempre più insufficiente a coprire i bisogni più elementari la richiesta di un numero crescente di lavoratori impoveriti non è più quella di un maggiore welfare che scaricherebbe i costi sociali sulla collettività integrando il salario ma quello di avere meno tasse (peraltro pagate in cambio di servizi inesistenti o inefficienti), cercando di risolvere i propri problemi a livello individuale avendo a disposizione un salario maggiore da gestire.
Questa richiesta non trova del tutto contrario il governo, come si potrebbe pensare, perché diminuisce il ruolo redistributivo egualitario dello Stato e individualizza i rapporti sociali, rinchiudendo ognuno nella propria situazione personale chiamandolo a gestire la propria miseria all’interno di una ineguale competizione tra soggetti individualizzati nei loro rapporti sociali e produttivi,
E’ per questo motivo che le briosche che Macron distribuisce sono avvelenate. E’ puro veleno l’aumento di 100 € senza una politica di potenziamento dei servizi, è veleno il ritiro della tassa ecologica sui carburanti senza una politica di sviluppo dei servizi infrastrutturali dei trasporti e della mobilità, è veleno perfino la riduzione delle tasse la dove si accompagna alla diminuzione dei servizi relativi alla salute, alla salvaguardia dell’ambiente, alla produzione e distribuzione dell’energia. Non è un caso che l’unico provvedimento del quale si parla poco è la reintroduzione della tassa patrimoniale e di una tassa sulle successioni in modo da reperire fondi da destinare a investimenti collettivi. Persino la raccomandazione rivolta alle aziende di aumentare premi e bonus salariali risponde all’obiettivo di creare le condizioni più favorevoli per mutare la politica di welfare e smantellare le garanzie collettive e sociali, individualizzando il più possibile le posizioni sociali e il rapporto diretto tra datore di lavoro e dipendente.
Il problema non è dunque quello della durezza degli scontri di piazza e della radicalità della lotta, compreso il ricorso alla violenza, ma quello degli obiettivi strategici del movimento che non ha caso non ha uno o più leader e non riesce a decidere se dirsi di “destra” o di “sinistra”

La jacquerie e la lotta di classe

In questo senso il movimento dei gilet gialli è una jacquerie più che un movimento di classe. Certo esso può evolversi e per farlo non ha bisogno di capi, ma di accresciuta consapevolezza dei termini del problema. Ma per farlo dovrebbe darsi un programma e un progetto che non ha, L’apertura del tavolo di concertazione sotto l’egida del movimento, ma senza esponenti del movimento, apertosi all’Eliseo per iniziativa del Presidente e del governo, avrà il pregio di far sentire la distanza tra le piazze e le istituzioni e potrebbe produrre una presa di coscienza, contribuendo a radicalizzarne le posizioni nella direzione di una consapevolezza della complessità del progetto politico necessario a dare uno sbocco alle lotte.
Quel che è certo è che il processo riformatore di Macron sembra ormai aver incontrato ostacoli insormontabili e che quindi non sarà lui a portare a compimento il disegno riformatore. Ciò detto il futuro è quanto mai incerto perché le istituzioni dello Stato francese, il suo sistema rappresentativo hanno manifestato tutti i propri limiti, consentendo che venisse eletto ad un candidato che ha raccolto solo il 16 % circa dei consensi elettorali (i voti avuti da Macron), a dimostrazione che la rappresentanza è truccata e che essa non è espressione delle forze realmente in campo, non rappresenta il paese reale.
Comunque vadano le cose è finita definitivamente la V Repubblica, mentre una nuova ancora non si prepara.

Gianni Cimbalo