DA CONTE A CONTE

La crisi italiana, al di la’ delle sceneggiate e dei colpi di scena domestici è internazionali, costituisce la cartina di tornasole della crisi del neoliberismo, soprattutto della versione tedesca di esso. Questa crisi non era apparsa nella sua evidenza dalle vicende legate alla Brexit. Il relativo peso dei paesi del blocco di Visegrád sembrava costituire un caso marginale di sovranismo imperante. Ma poi la vittoria della destra austriaca e i relativo allineamento di quel paese al Blocco, la parallela odierna crisi spagnola – motivata da problemi interni di corruzione – fa perdere alla Germania il sicuro vassallo Rajoy. Ora tocca all’Italia. La reazione non è mancata e i “mercati” si sono incaricati di insegnare agli italiani come votare.
In fondo il tanto denigrato Varoufakis non aveva torto: la Grecia era solo la prima avvisaglia di una necessaria riforma dell’Unione.

Con qualche ritocco, apportato alla lista dei ministri, i vincitori delle elezioni del 4 marzo hanno siglato un contratto di programma e costituito un governo che dovrebbe attuarlo e che per ora non ha indicato né priorità né strumenti che userà. Una sola cosa è certa: il ministero degli interni mostrerà un forte e spettacolare attivismo verso gli immigrati e verso i centri sociali e tutto ciò che è frutto della solidarietà di classe che è stata faticosamente costruita. Avrà come preoccupazione costante l’attacco alle popolazioni migranti, ai rom agli emarginati. Verranno adottati un insieme di provvedimenti restrittivi delle libertà civili finalizzati a trasmettere un’immagine di ordine a cominciare da una politica sulla casa fatta di sgomberi e di discriminazioni verso i non cittadini e le fasce di immigrati che in qualche modo hanno cercato di integrarsi nel tessuto sociale. Assisteremo ad un ampio uso degli strumenti amministrativi per flessibilizzare gli interventi repressivi accreditando l’idea di una maggiore efficienza ed efficacia dell’esecutivo.
Pagheremo caro l’obiettivo forse raggiunto di seppellire il senatore di Rigrano e la strega di Laterina, sperando che marciscano sotto il peso delle loro malefatte. E’ bene memorizzare quanto è avvenuto affinché questi personaggi e il loro clan sia seppellito dal disprezzo di tutti.
Le convulsioni del neoliberismo morndi il mercato. Viene così meno la base politica dei sistemi democratico-parlamentari e si rendono necessarie strutture di governo autoritarie che gestiscano il potere o mediante un elettorato ristretto e disimpegnato o mediante governi autoritari che adottano diverse formule: dall’autocrazia all’attività predatoria più o meno legalizzata di faccendieri e oligarchi. E’ in questo quadro che si colloca l’attuale fase politica italiana
Il modello neoliberista è ancor più in crisi in Europa, dove solo la Germania, con il suo codazzo di paesi retti da valvassori e valvassini trova beneficio da un sistema di scambi, di divisione del lavoro e di relazioni commerciali dal quale riesce ad accumulare annualmente un surplus che sfonda largamente le quote produttive previste dai trattati europei. Perciò, al di la della propaganda, ciò che spiega la vittoria elettorale di Lega e 5S sono rapporti strutturali ed economici che hanno prodotto un progressivo impoverimento sia del ceto medio che delle classi subalterne e alimentato in Italia un concentramento insopportabile della ricchezza nelle mani di un numero sempre più ristretto di soggetti.
Questi rapporti strutturali tra le classi e i ceti si è tradotto in un progressivo impoverimento del sistema paese con la perdita nella divisione internazionale del lavoro di intere filiere produttive e ha creato le condizioni perché soprattutto il capitale finanziario francese, o forse dovremmo dire l’evoluzione di quello che fu il capitalismo renano potessero impunemente fare shopping sul mercato italiano, acquisendo il controllo di molti settori, dall’agro alimentare, alla moda, alla telefonia e chi più ne ha ne metta. Il risultato di queste acquisizioni è stato in molti casi la chiusura di aziende sane per eliminare dal mercato i siti di produzione concorrenti realizzando un decentramento produttivo o verso il paese di origine o verso i più promettenti paesi dell’Est Europa o spesso al di fuori dell’area europea. Questa politica ha prodotto una decrescita dell’economia italiana, la perdita netta di lavoro per molte realtà industriali sane e produttive, l’abbassamento delle capacità produttive complessive e quindi anche la crisi del sistema paese.
A fronte di questa situazione hanno acquistato credito proposte politiche che promettono un protezionismo dell’italianità delle aziende, un rafforzamento delle politiche italiane verso l’Europa e dall’altra parte l’adozione di sistemi di protezione sociale complessiva attraverso il reddito di cittadinanza e una diversa politica pensionistica. Si sono così create le premesse per la nascita del blocco sociale oggi rappresentato dai partiti di governo.

Da conte da Conte

E’ attraverso questa strada che si è passati dal governo del conte Gentiloni a quello di Giuseppe Conte, scelta a suo modo emblematica del passaggio dalla gestione del potere da parte di un esponente della casata storica dei Gentiloni a quella di un signor nessuno. Ed è sintomatico che il primo sia stato l’espressione forse più equilibrata del tradizionale ceto dirigente del paese, espressione dell’ex partitone asmatico, distillato del vecchio establishment della politica italiana ai “nuovi barbari”, felice definizione del Times, ovvero di una classe di persone forse un po’ rozze che, affascinate dalla ricchezza e dal modo di vivere dei cittadini dell’impero li invadono per impossessarsi delle loro ricchezze e lasciarsi assimilare dal loro modo di vivere. Ed è in questa trasfigurazione ch sta la chiave del problema.
Se la transizione si risolve in non altro che un ricambio di ceti e personale politico e gestionale, senza mutare i rapporti di classe, presto i nuovi padroni assumeranno le fattezze dei vecchi, come nella precognizione efficace di Orwell nella “Fattoria degli animali”, e questo al di la? delle volontà soggettive di ognuno. Potrebbe e dovrebbe succedere invece che all’avvicendamento nella gestione delle istituzioni corrispondesse un mutamento effettivo e sostanziale nei contenuti dell’azione di governo e nelle scelte di una diversa politica nella gestione delle risorse.
E qui cominciano i guai perché mentre è molto chiaro e visibile il disastro lasciato dalla precedente gestione del potere, generiche e fumose sono le alternative e incerti e vaghi gli strumenti per operare.
Non c’è dubbio che la “mala scuola” vada smantellata, che il sistema pensionistico debba essere modificato, che il mercato del lavoro vada completamente riformato reintroducendo l’art. 18 e la tutela del lavoro, il salario minimo, garanzie contrattuali di lavoro per tutti ecc. ma quello che ci chiediamo è quali modifiche positive nell’indirizzo culturale e gestionale della scuola può garantire un leghista, che considerazione si avrà dei lavori usuranti e del diritto alla pensione per i lavoratori addetti, se verrà mantenuta la promessa di reintroduzione dell’art. 18 e quanto la magistratura vedrà ricostruite le sezioni lavoro dei tribunali per garantire una effettiva tutela. Né ci preoccupa solo tutto il quadro di intervento che riguarda il lavoro perché ci chiediamo quanto saranno garantiti i diritti delle donne e quando invece il ministro per la famiglia e l’handicap, notorio sostenitore dell’abolizione della legge 194 non provvederà a smantellarla, incentivando l’obiezione di coscienza, ponendo ostacoli ai diritti delle famiglie frutto di coppie di fatto o di unioni omosessuali, alle adozioni e all’accesso alla genitorialità, quanto verrà promossa e praticata la discriminazione verso i figli dei migranti nell’accesso agli asili nido e ai servizi sociali.
Sussistono timori, rischi e perplessità su politiche di destra nella gestione dei servizi che del resto non mancavano verso i precedenti gestori del potere, i quali si sono distinti per aver praticato gli stessi comportamenti che ora temiamo. Di diverso c’è ora che la maschera del buonismo “di sinistra” non coprirà più questi comportamenti e che avremo modo di vedere in faccia il fascismo moderno, rivisitato e praticato nelle istituzioni.

Contro Conte senza sconti

Confidiamo che finita l’ambiguità e ripulito il campo a sinistra, smascherata la via della lunga marcia nelle istituzioni sostenuta dai 5S l’opposizione possa rinascere, costruendo sull’antagonismo di classe l’alternativa alla società basata sul trionfo del capitalismo e della finanza, al dominio dell’uomo sull’uomo, allo sfruttamento del lavoro.
Ciò può avvenire solo costruendo nella società e dal basso esperienze di solidarietà di classe, nuove relazioni sociali solidali, adottando strumenti di democrazia diretta basati non su fantomatiche piattaforme che gestiscono lo spazio virtuale, ma sull’azione che giorno per giorno e in concreto tutti gli abitanti presenti sul territorio esercitano per concorrere alla soluzione dei problemi concreti del vivere insieme.
Le soluzioni che via via proporremo non saranno solo strumenti di contrasto alle azioni che il governo appena insediato porrà in essere, ma anche modelli di una diversa concezione e visione delle relazioni sociali perché solo dalla solidarietà di classe e da un’effettiva realizzazione del principio di uguaglianza può scaturire la reale libertà di ognuno.

La Redazione