Sinistra divisa: la Grecia va a destra

Il 21 maggio 2023 si sono svolte in Grecia le elezioni parlamentari anticipate prima della fine naturale della legislatura, iniziata nel 2019 da Nuova Democrazia: si è votato in 21.262 seggi elettorali primari e 188 rurali, con una legge proporzionale, senza premio di maggioranza. Nuova Democrazia ha ottenuto il 40,79% dei voti e 146 seggi; al secondo posto la Coalizione della Sinistra Radicale (SYRIZA) di Alexis Tsipras con il 20,07% e 71 seggi; al terzo il Movimento Socialista Panellenico (PaSoK) – Movimento per il cambiamento di Nikos Androualakis con l’11,46% e 41 seggi; al quarto partito il Partito Comunista di Grecia Dimitris Koutsoubas con il 7,23% e 26 seggi e al quinto Soluzione Ellenica, partito di destra, con il 4,45% e 16 seggi. Gli altri partiti non sono entrati in Parlamento, avendo raccolto meno del 3%. Non ha partecipato al voto Alba Dorata, partito di destra estrema, sciolto dalla magistratura e dichiarato illegittimo, da un’apposita legge: i suoi voti sembra si siano divisi tra l’ultimo partito citato e piccole formazioni che non hanno superato la soglia di sbarramento. La convocazione del Parlamento eletto è prevista per il 1 giugno 2023, ma il vincitore delle elezioni Kyriakos Mitsotaki si è già recato dal Presidente della Repubblica Katerina Sakellaropoulou per
chiedere lo scioglimento del Parlamento, ai sensi dell’art. 41 della Costituzione greca, per garantire la stabilità politica attraverso nuove elezioni che avranno luogo adottando una legge elettorale che assegna 50 seggi come premio di maggioranza al partito che raggiunge il 37 % dei voti, e ciò al fine di evitare la formazione di un governo di coalizione.
È bene precisare che in Grecia il voto è obbligatorio; si è votato a scrutinio segreto in 59 circoscrizioni. Alla competizione elettorale hanno partecipato tutti i cittadini che non erano stati privati del diritto di voto da una condanna definitivam di età superiore ai 17 anni al 31 dicembre dell’anno elettorale. Dal 2019 hanno diritto di voto anche i greci
residenti all’estero che negli ultimi 35 anni hanno vissuto in Grecia per due anni e hanno presentato una dichiarazione dei redditi nell’anno fiscale in corso o in quello precedente. Gli elettori stranieri scelgono il partito che desiderano nell’ambito di un collegio nazionale, senza esprimere preferenze e il loro voto incide ugualmente nel risultato elettorale complessivo.
Si eleggono 300 deputati: di questi, 285 nelle circoscrizioni, mentre i restanti quindici sono eletti in modo uniforme su tutto il territorio (deputati statali).

L’analisi del voto

Va detto, innanzi tutto, che hanno partecipato al voto 9.810.040 cittadini greci, di cui 5.049.998 donne e 4.760.042 uomini; 27 i partiti e 8 le coalizioni di partiti. Hanno votato per la prima volta 438.595 giovani, tra i 17 e i 21 anni. In particolare, i diciassettenni che votavano per la prima volta sono stati 112.097: 57.357 ragazzi e 54.740 ragazze.
Nell’ultimo decennio i giovani non sono stati il bacino di rinnovamento della base elettorale dei partiti, ma anche il fattore determinante per l’esito delle competizioni elettorali, per via del loro comportamento elettorale completamente diverso rispetto a quello dei più anziani, che ha posto fine al tradizionale bipartitismo e a visto la comparsa di SYRIZA.
Per essere comprensibile l’analisi del voto deve partire dall’autunno del 2009, quando il neo-primo ministro Giōrgos Papandreou (PaSoK), rivelò pubblicamente che i bilanci economici trasmessi dai precedenti governi greci all’Unione europea erano stati falsificati, con l’obiettivo di garantire l’ingresso della Grecia nella Zona Euro. A seguito del terremoto elettorale del maggio 2012, la forza dei due partiti storici (PaSoK e Nuova Democrazia) crollò al 23% nella fascia di elettori 18-34 anni, contro il 49% degli over 55 (e il 58% degli over – 65), registrando così la differenziazione anagrafica del voto (insieme al criterio geografico e sociale) che sostanzialmente divisero l’elettorato in due distinte aree, quasi estranee tra loro. L’abbandono in massa dei tradizionali partiti di potere da parte delle giovani generazioni e la conversione di questi ultimi nei nascenti partiti anti-Memorandum dell’epoca e quelli pro-Memorandum si possono sintetizzare nella distinzione tra “vecchio” e “nuovo” del sistema politico che da allora contraddistingue la politica greca.
Quanto avvenne fece sì che questa tendenza venisse confermata nelle elezioni del 2015, con l’aumento più significativo delle percentuali di SYRIZA, osservato tra gli elettori over 55 (+15%), provocando una tendenza almeno parziale ad omogeneizzare il divario di età tra i votanti. Ciò assicurò a SYRIZA l’ascesa al potere nel settembre di
quell’anno. Mirando a mantenere l’egemonia sull’elettorato giovane ben si comprende perché il governo Tsipras abbia introdotto il voto ai 17enni, guadagnando un consenso che si è gradualmente eroso a causa della politica di sacrifici che deriva dall’accettazione del Memorandum e dall’esito referendario. In effetti, il massimo consenso raggiunto da SYRIZA come partito “giovanile” si può trovare nella fascia di età dinamica di 35-54 anni degli elettori quando la maggior parte di essi si concentrava sul contenuto sociale (e in secondo luogo culturale) dell’opposizione al Memorandum.
I duri sacrifici imposti al paese, la cessione dei principali asset economici imposta al Governo dalla Troika (cessione del porto del Pireo ai cinesi, dell’Aeroporto di Atene ai tedeschi, ecc.) la penuria di generi alimentai, di medicine e il venir meno dell’assistenza medica pubblica, spostarono molti giovani sulle posizioni di Alba Dorata e degli altri gruppi di destra e fecero sì che la radicalizzazione dei giovani non si esprimesse esclusivamente a sinistra.
Questa enfasi sul voto dei giovani da parte di SYRIZA si è ripetuta, con ancora maggiore intensità, nelle elezioni (parlamentari) del 2019, con le percentuali nella fascia di età 17-34 anni rimaste quasi agli stessi livelli del 2015 (37%) – sebbene alle europee fossero state proprio queste fasce d’età che avevano espresso prevalentemente il voto di insoddisfazione antigovernativa (solo il 22%) -, mentre d’altra parte le percentuali dei ND salivano, riconquistando posizioni fino a sfiorare il 50% tra gli elettori over 65 anni e con un significativo rafforzamento di ND (+14%) nell’elettorato tra i 35- 55 anni, il che ha abbassato la linea di demarcazione tra i due partiti. Ciò ha costituito una completa inversione delle correlazioni elettorali rispetto al nucleo centrale della società greca e specialmente tra quell’elettorato che aveva portato SYRIZA al potere, creando le basi per la vittoria di Nuova Democrazia.
Sul risultato elettorale incide dunque la continua diminuzione del peso numerico degli elettori più giovani: mentre la fascia di età 18-35 anni nel censimento del 2001 rappresentava il 33% degli adulti del Paese, la percentuale corrispondente è scesa al 27% nel 2011 e si stima che sia leggermente superiore al 20% nel 2021, sulla base del
movimento naturale della popolazione (inclusi i decessi) dell’ultimo decennio, rendendo ormai minimo l’ipotetico vantaggio di SYRIZA nel mondo giovanile. Dopo il disastro ferroviario di Tempe, SYRIZA sperava in un risveglio di attenzione da parte dei giovani, particolarmente colpiti dalla sciagura,poiché molti di loro viaggiavano sul treno maledetto, ma questa reazione non vi è stata e lo scandalo dei respingimenti forzosi dei migranti, benché nascosto dai media controllati dal governo, è stato visto con favore dalla classe media, spaventata dall’emigrazione ed anzi ha rafforzato il Governo e la sua politica anti-emigrazione.

Le divisioni della sinistra e la politica economica del governo Mitsotaki

Come i dati elettorali dimostrano il paese è spaccato in due tra destra e sinistra, similmente a quando avviene in altri paesi d’Europa, come ad esempio in Italia. A ben guardare i voti di Nuova Democrazia e quelli sommati dei tre partiti di sinistra si equivalgono ed è pressoché uguale il numero di seggi: ma come in Italia, anche in Grecia, l’opposizione alla destra marcia rigorosamente divisa e perde. Al momento la creazione di un’aggregazione, anche semplicemente elettorale, tra i tre partiti della sinistra è impensabile ed è quindi probabile che Nuova Democrazia riesca nel suo intento di farsi attribuire il premio di maggioranza.
Inoltre, c’è da dire che il suo premier Mitsotakis, laureato ad Harvard ed ex consulente di McKinsey, è arrivato al voto nelle migliori condizioni possibili. Gli ambienti economici ritengono che la Grecia goda di buona salute economica: la disoccupazione è diminuita, ma cresciuta quella precaria e a termine, la ripresa del turismo post-Covid, in forte crescita soprattutto nelle isole, ha portato è aumentato del PIL del 5,9% nel 2022, anche se l’inflazione cresce e con essa il lavoro precario,le diseguaglianze e la povertà complessiva del paese. Le scelte di politica economica che caratterizzano tutti i governi conservatori e reazionari sono apprezzati dalla finanza speculativa, tanto più quando i paesi che le adottano sono ferocemente atlantisti, sostengono la politica della NATO in Ucraina, osservano un netto allineamento alle politiche degli Stati Uniti, sono proni alle richieste della finanza internazionale.
Il risultato è un duro colpo per Tsipras, che ha perso la sua quarta battaglia elettorale consecutiva dopo essere stato premier dal 2015 al 2019, mandato durante il quale ha condotto i negoziati molto difficili con i creditori che fecero quasi uscire la Grecia dall’euro, ma ha deluso i suoi sostenitori e perso un terzo dei voti ottenuti nel 2019, arrivando in alcuni collegi elettorali dopo il partito socialista PaSok, prova ne sia che è partito di maggioranza solamente nel collegio di Rodopi, quasi a ridosso del confine con la Turchia. Le scelte di crescente compromesso hanno fortemente ridimensionato la presa di Tsipras sull’elettorato e la separazione da Varoufakis non ha certo aiutato la tenuta complessiva del partito. Un’altra vittima del voto è appunto l’ex ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, il cui partito di sinistra antiausterità MeRA25 non ha superato la soglia del 3%, malgrado le sue relazioni a livello internazionale e i molti rapporti intrattenuti con le forze di sinistra di molti paesi, segno evidente che in questa fase di crisi generale della sinistra è difficile trovare un’alternativa valida al crescente potere della destra. Del resto, il miglior alleato dei governi di destra sono sempre state le divisioni dell’opposizione, che è andata al voto frammentata e conflittuale e non in grado di ricomporre le proprie divisioni per fare fronte comune.
Il voto del 21 maggio è il primo della Grecia da quando la sua economia ha cessato di essere sotto stretta supervisione da parte di istituti di credito internazionali che avevano fornito fondi di salvataggio durante la quasi decennale crisi finanziaria del Paese e spolpato il paese: comunque, decisamente un brusco risveglio.

G. L.