I padroni a banchetto

Al quindicesimo mese di guerra in Ucraina si prepara il banchetto per gestire la ricostruzione che dovrà portare nei bilanci delle aziende dell’Unione Europea ma non solo, i vantaggi derivanti da una guerra di distruzione dei popoli e delle infrastrutture di quel paese. Una prima scadenza volta a perseguire questo obiettivo è stata costituita dalla Conferenza svoltasi a Roma il 26 aprile con la quale l’Italia si candida ad essere capofila degli investitori che mirano a gestire questo business per trarne il maggior profitto possibile. La Conferenza bilaterale si è sviluppata su 5 tavoli tecnici di approfondimento su Infrastrutture e trasporti, Energia e protezione ambiente, Agroindustria, Salute, Digitale, Servizi. Due invece i principali Focus che hanno riguardato Spazio e avionica e Industria metallurgica. Si racconta che a margine della conferenza siano stati già firmati alcuni accordi, tuttavia rimasti assolutamente segretati. La Banca Europea degli Investimenti prevede un primo stanziamento il 14 miliardi che
dovrebbero costituire la base del business, ai quali andranno probabilmente ad aggiungersi i depositi in dollari dei quali le banche occidentali si sono impossessate, istituite prima dell’invasione dallo Stato russo all’estero, da considerare come corrisposti all’Ucraina in ragione dei danni di guerra.
Che il vero obiettivo della guerra forse, come accade per tutti i conflitti, quello di gestire poi la ricostruzione è cosa nota e costituisce del resto il tradizionale utilizzo della guerra che i padroni fanno da sempre: distruggere per ricostruire guadagnandoci sopra. Ciò non toglie che le vittime del conflitto siano i popoli, come nel caso della guerra in Ucraina, dove il criminale dittatore russo fa il paio con l’oligarca Zelensky e la coorte dei suoi dei suoi sostenitori nella quale prevalgono politicamente gli appartenenti al partito neonazista Svoboda e a Pravyj Sektor (in ucraino: Прааа вий сееа ктор, letteralmente Settore destro), un gruppo che riunisce diversi movimenti di estrema destra.
Va tenuto conto che la guerra devastante in atto nel paese ha ridotto il rapporto tra donne e uomini a 1 su 5, mettendo in pericolo il futuro demografico del paese, già declinante prima della guerra anche a causa di tabagismo e alcolismo molto diffuso, accentuato dall’emigrazione forzata a causa del conflitto. La conseguenza sarà inevitabilmente la scarsità di risorse umane per procedere alla ricostruzione.
Oltre alle popolazioni ad essere totalmente devastato è il paese, inquinato in ogni modo possibile dai continui bombardamenti, disseminato di rovine e di residui bellici, con le infrastrutture di base distrutte a cominciare dalla distribuzione dell’acqua, del gas, essenziale a quelle latitudini, dalle infrastrutture elettriche, ormai inesistenti, e di
quant’altro serve alla vita e all’attività produttiva. Nessuna importanza hanno per Putin le migliaia di famiglie russe che piangono i loro morti, ne hanno importanza le migliaia di ucraini mandati al massacro in una guerra per procura, voluta e alimentata dai nazionalisti di ambedue i paesi, in difesa degli interessi di gruppi economici e di blocchi sociali rappresentati sia dalla Chiesa Ortodossa Russa che dalla Chiesa Ortodossa Autocefala Ucraina, l’un contro l’altro, armate.
Poco importa che per raggiungere questo risultato due popoli fratelli sono stati portati all’odio reciproco da un nazionalismo becero e cinico che persegue il profitto ad ogni costo.
L’Italia non arriva ultima sul terreno di gioco, alla ricerca di affari. L’aveva fatto già prima dell’inizio della guerra dando vita alla Camera di Commercio Italo Ucraina, le cui strutture sono state rafforzate in occasione della Conferenza bilaterale; lo sta facendo ora interessata, com’è ad intervenire con le sue imprese nella spartizione delle commesse per la ricostruzione, decisa a partecipare all’acquisizione di terre, che era iniziata già un anno prima della guerra, avendo come obiettivo le ricchezze del suolo l’ucraino in in gas e estrazioni minerarie, sempre a patto che i giacimenti e le miniere,
molti dei quali situati nel Donbass, restino poi nella disponibilità degli ucraini. Ma il committente ucraino è economicamente più credibile come partner per la ricostruzione, perché sarà l’Europa a pagare e perché si confida che la Russia dovrà comunque subire il pagamento dei danni di guerra, qualsiasi sia il risultato della guerra sul campo.
C’è da dire, a proposito della guerra, che il suo esito è a tutt’oggi quanto mai incerto, poiché la gran parte degli analisti di questioni militari sostengono che il conflitto non può avere vincitori sul campo e che lo sbocco probabile della guerra è quello dell’individuazione di una linea di cessate il fuoco, magari non accompagnata da un successivo armistizio, come nel caso delle due Coree. Se così fosse, l’Unione Europea si troverà a dover risolvere l’enigma costituito dal fatto di annettere al suo interno un paese ancora formalmente in guerra, subentrando di fatto giuridicamente, in questo caso, nella belligeranza diretta. Così, quanto meno a conflitto congelato, si realizzerebbe l’obiettivo dei fondamentalisti e nazionalisti europei di creare uno stato di guerra permanente con la Russia per impedire qualsiasi ricomposizione del conflitto che possa portare al ripristino di un partenariato economico anche parziale, a tutto vantaggio degli Stati Uniti.
Tutto questo avviene mentre sullo scacchiere mondiale si ridisegnano nuovi equilibri e il mondo si configura come multipolare, in una distribuzione della sovranità a placche, a volte costituita dal riferimento alla configurazione geografica delle aree di dominio, a volte disegnata su affinità religiose ed etniche, mentre restano “proprietà indivise” aree
con quella africana e quella sudamericana, in attesa che la contesa in atto relativa al dominio sui diversi territori e la spartizione di aree di influenza, consenta che il nuovo assetto geopolitico del dominio si realizzi.

Da un mondo unipolare a un mondo a placche

All’ombra e sotto l’ombrello della guerra si ridisegnano i nuovi ruoli: la Russia vede ridimensionata la propria sfera s’influenza nell’area euro-asiatica e continua ad espandere la sua presenza globale nello scacchiere mondiale, cedendo aree di influenza come quella delle Repubbliche ex sovietiche alla Cina, la quale è l’attore che esce rafforzato dallo scontro in atto poiché rafforza il suo ruolo politico nello scacchiere internazionale sia in campo geopolitico, (composizione dei conflitti inter-arabi) che economici, attraverso il rafforzamento dei BRICS che si apre a nuovi ingressi e da vita a una propria banca comune per gli investimenti, applica ai pagamenti degli scambi economici l’utilizzazione delle monete nazionali (escludendo quelli in dollari, ma anche in euro) a tutto svantaggio degli USA e dell’economia occidentale. Con il potenziamento e ridisegnando la via della seta, tende a costruire sbocchi commerciali stabili, inutilmente contrastata dagli USA.
Sembra ormai un dato di fatto il consolidamento di una placca araba con la ricomposizione tendenziale del conflitto tra sunniti e sciiti, evidenziato dalla riammissione di Damasco nella Lega  Araba, con l’effetto di ridimensionare i sogni della Turchia di ricostruire l’impero (anche a causa della crisi economica e politica interna), schiacciata com’è tra l’accresciuta pressione attrattiva della Cina sulle Repubbliche ex sovietiche dell’Asia centrale e contenuta nel Nord Africa dall’oggettivo compattamento dei paesi arabi. Per quanto concerne quest’area occorrerà vedere quale strada intraprenderanno il Pakistan, l’Afganistan, (sempre più inserito nella sfera economica cinese) e l’Indonesia che, occorre ricordarlo, è il paese islamico dotato della popolazione di fede islamica più numerosa.
Conquista una posizione consolidata e omogenea la placca costituita dall’India destinata ad essere un attore di primo piano nel mondo grazie anche al suo inserimento nei BRICS, mentre il Brasile ambisce ad essere, per le sue dimensioni economiche e per la consistenza della sua popolazione, una placca autonoma operante a livello globale con o senza una posizione egemone nell’area latino americana ancora propensa a rappresentare il cortile di casa USA, peraltro fortemente insidiata da una crescente presenza cinese che estende la sua influenza anche in molti paesi africani.
L’Europa è infognata, da parte sua, nella guerra ucraina che ha messo in crisi insieme all’aequis comunitario, la sua identità politica e sociale, lasciato in disordine la situazione nell’area balcanica, suo naturale terreno di consolidamento e allargamento, messo in crisi la sua economia, sconvolta da quanto sta avvenendo. La sua crisi attuale è stata voluta e scientemente perseguita dalla politica miope e antica di divisione del continente, scientemente perseguita da un “impero morente”, quello Britannico, che si rigira nella tomba del Commonwealth: un cadavere in putrefazione, che ammorba l’aria con i suoi miasmi, e che merita la condanna di tutti i popoli del mondo, avendo voluto, costruito, preparato e alimentato la guerra d’Ucraina per ragioni geopolitiche e per cercare di mantenere in vita un sogno imperiale che storicamente l’ha sempre vista impegnata a contrastare l’unità dell’Europa.
Da questa rapida quanto sintetica rassegna emerge con chiarezza che il mondo multipolare ha di fatto sostituito quello unipolare, costruito dagli USA con il sostegno dei paesi occidentali del nord del mondo; che vi sono le basi strutturali solide per questo nuovo assetto del pianeta, perché poggiano su ragioni economiche, e le diverse entità
politiche che si sono costituite sono tutte dotate di un sostegno securitaro di deterrenza, rappresentato dal possesso dell’atomica, o in grado di costruirsela. Tutto ciò a dimostrazione di quanto sia oggi labile e fallace il concetto di nazione, di etnia, di identità, a fronte delle ragioni economiche e di potere che presiedono alla costituzione di entità politiche di dimensioni macro economiche, a dimostrazione di quanto sia ormai superato e inefficace il termine Stato per indicare un’entità politica che si identifica con il dominio su un territorio etnicamente, storicamente, religiosamente omogeneo.
L’isolamento dell’occidente impegnato nella guerra in Ucraina – combattuta a livello mediatico attraverso condanne pronunciate dai paesi occidentali di volta in volta sotto le vesti cangianti di Unione Europea, NATO, G 7, non può nascondere che i paesi che nell’insieme rappresentano le stragrande maggioranza della popolazione mondiale hanno negato il sostegno al perdurare del dominio egemonico unipolare costruito dagli USA, come il sostegno all’occidente, a dimostrazione che il mondo non ha dimenticato né il colonialismo né l’imperialismo USA e che il tempo degli interventi in Vietnam, Iraq, Afganistan dei “poliziotti del mondo“ è finito, anche se ciò non è detto che significhi necessariamente che il mondo sarà migliore.

C. G.