La politica del governo Meloni

A quasi sei mesi dalle elezioni il profilo del Governo e le sue strategie si delineano in modo più chiaro e diviene evidente il ruolo delle sue diverse componenti. Al suo interno operano con strategie differenti il partito della premier, la Lega e la pattuglia berlusconiana. Occorre poi distinguere a proposito del ruolo che si è data la premier e quello del suo partito.
La stampa, nel commentare l’operato del Governo si è soffermata sui provvedimenti spot: il decreto sui rave, inutilmente repressivo, quello pasticciato sulle accise poi modificato, l’operazione di distrazione di massa con le “rivelazioni” Donzelli-Del Mastro. finalizzata a colpire l’opposizione e a mettere in ombra l’affaire Cospito vicende che hanno dato la dimostrazione palmare del pressappochismo con il quale l’esecutivo opera, mentre quel che conta è che sono rimaste efficaci ed in vigore i 12 condoni decisi in finanziaria.
Tutto questo è opera ed è stato gestito dal partito fascista utilizzando “espedienti mediatici” che hanno visto il governo coinvolto in provvedimenti di dubbia efficacia e comunque ideologicamente caratterizzati e che hanno segnato una svolta a destra nella gestione sociale ordinaria.
Alla luce di questi fatti è stato facile sostenere che i danni che tutto sommato il fascismo al governo può produrre sono contenibili, tanto più perché sul piano della politica economica e della tenuta dei conti pubblici il governo si è collocato su una posizione di continuità con le scelte e le decisioni del governo Draghi, che dal canto suo aveva fatto di tutto per predisporre uno stretto spazio di manovra ai suoi successori.
Non altrettanto sembra essere avvenuto in politica estera dove, sulla scia del precedente governo, l’atlantismo pieno e il sostegno alla guerra è stato ribadito, fregandosene, come aveva fatto anche in questo caso il precedente governo dell’opinione della maggioranza del paese, contraria alla guerra. Non sfugge all’attenzione di molti analisti l’attivismo della premier in politica estera a proposito della quale la Presidente del Consiglio ha dato il meglio di sé, rinforzando l’asse con i governi
sovranisti in Europa, primo fra tutti con la Polonia. In quest’ottica lo scontro costante con la Francia è valso a sottolineare la presa di distanza dall’asse franco tedesco, coerentemente all’opposizione a suo tempo espressa dal partito della Premier che ha votato contro la ratifica del Trattato del Quirinale con la Francia.
Silenziosamente ila premier ha sviluppato una serie di iniziative in politica estera che hanno avuto come oggetto l’area Balcanica, l’Africa e da ultimo l’India e gli Emirati Arabi, forte del fatto che questi Stati sono governati da regimi schierati su posizioni conservatrici e di destra, come ad esempio. quello indiano dove domina il nazionalismo indù. Questa attenzione per la politica estera va sottoposta ad un’attenta analisi dalla quale emergerebbe allora che, per ora sostanzialmente immobilizzato sulla politica interna, il governo ha cercato di ritagliarsi degli spazi di autonoma iniziativa in politica estera, nella prospettiva che contribuendo a mutare gli equilibri in Europa può ottenere quella forza e quelle risorse necessarie a modificare la situazione interna del paese.
Pericolosità e limiti di questa strategia sono emersi in tutta evidenza, a fronte della gestione dell’emigrazione e nell’affrontare il disastro di Cutro, da parte di una premier infastidita e incapace di empatia con le vittime e i loro congiunti. A lei e ai suoi accoliti la popolazione ha riservato il lancio pacifico, ma significativo, dei peluche, immaginando di rincorrere gli scafisti per l’orbe terracqueo, (versione moderna dell’invocazione ducesca “di cielo, di terra e di mare”).
La Lega, danzando sulle bare, faceva mostra della sua ferocia dividendosi i compiti tra uno sciacallo cinico (il ministro degli interni) e un macellaio istituzionale, quello dei trasporti con giurisdizione sulla guardia costiera. In tal modo il partito, frustrato dal calo elettorale e di consensi cerca di recuperare sotto gli occhi straniti di un ministro degli esteri che fa la parte della bella statuina in attesa che il suo dante causa dalla villa di Arcore lanci un altro siluro verso la premier.

Il piano Mattei

Ma sono poi veri questi suoi successi in politica estera? Nel settore il Governo sta operando su due direttrici: la prima è quella balcanica e del commercio di armamenti, settore nel quale si mostra molto attivo il suo ministro della Difesa, buon ed esperto commerciante di armamenti. Egli opera di concerto con Leonardo e fa di tutto per sviluppare la cantieristica da guerra, trattando forniture alla Grecia, all’India e ai paesi balcanici rivieraschi. Questo campo di intervento riveste anche un valore strategico in politica estera perché contrasta in un’area di interesse sensibile per la Turchia – i Balcani – il ruolo di un competitor che non manca di colpire gli interessi italiani in Libia; pertanto, l’attivismo italiano in area balcanica potrebbe/dovrebbe indurre l’invadente alleato membro della Nato a più miti consigli.
La seconda direttrice è quella del Nord Africa dove il governo ha operato affiancato da un ministro ombra degli esteri e dell’energia, l’amministratore delegato dell’Eni De Scalzi, che non a caso affianca sempre la premier nei suoi viaggi. Da qui la firma in Libia per il potenziamento delle forniture di Gas e petrolio, che tuttavia sono gravate da incertezze a causa dell’instabilità politica del paese. Perciò, nell’intento di diversificare le forniture di gas, la scelta è stata quella del partenariato con l’Algeria che però è alleata di Mosca tanto da fare con la Russia e la Cina le manovre militari congiunte in Siberia.
C’è poi, con lo stesso intento, l’aumentata fornitura di gas tramite TAP (Trans Adriatic pipeline) proveniente dall’Arzerbaigian e controllato dalla Turchia e dopo il viaggio negli Emirati sono stati stipulati contratti per il costosissimo gas liquefatto proveniente da quell’area nella quale opera ENI. Per il resto il fantomatico piano Mattei di investimenti in Africa è poco più che uno slogan, privo com’è di finanziamenti per l’Africa e il Mediterraneo e questo malgrado che la premier lo abbia definito “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione Europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area sub-sahariana.” In conclusione, quello che resta come risultato di tanto attivismo è una politica inutilmente repressiva, disumana, che alimenta razzismo e xenofobia.

G. L.