OMICIDI IMPUNITI: LUANA ASSASSINATA A PRATO

Provocare la morte di un’operaia non costa nulla. Lo dimostra la sentenza su Luana D’Orazio, l’operaia ventiduenne, uccisa da una macchina in una fabbrica di Prato, mentre lavorava a un orditoio al quale erano state tolte le griglie di sicurezza per farla andare più veloce.
L’omicidio – perché di questo si tratta – è avvenuto il 3 maggio 2021 a Montemurlo (Prato) mediante un orditoio, nella ditta in cui lavorava. Il decesso è avvenuto per schiacciamento del torace (politrauma fratturativo toraco-polmonare): una morte orribile e dolorosa. A provocarlo l’assenza della griglia di protezione; tenerla abbassata avrebbe provocato un rallentamento della produzione, ma messo al riparo la vita di chi vi era addetto. La titolare aveva dato disposizioni di bloccare la saracinesca di protezione per aumentare la produzione! Le perizie hanno accertato i fatti, verificando che una spessa ragnatela sull’ingranaggio di scorrimento della saracinesca dimostra che la griglia di protezione era restata costantemente inattiva da tempo.
I titolari dell’azienda hanno scelto il rito abbreviato e il processo che si è celebrato ha sentenziato che aver messo in atto una violazione delle più elementari norme di sicurezza è costata due anni di carcere e 10 mila euro di multa alla titolare della fabbrica e un anno e sei mesi al marito, (ambedue con il beneficio della condizionale), per non aver rispettato le norme antinfortunistiche, creando le premesse perché l’orditoio inghiottisse e stritolasse Luana. Il pubblico ministero, come il Codice di procedura penale consente, ha accettato la proposta degli imputati di imporre il patteggiamento obbligatorio alle parti.
I padroni amano dire che le sentenze non si giudicano sulla base dell’indignazione che producono. La sentenza del Tribunale di Prato non solo indigna, ma è ingiusta perché è ingiusta la legge che permette di considerare i morti sul lavoro vittime di incidenti e non di omicidio.
Ma la sicurezza costa e i padroni si inventano che la vita di una lavoratrice/lavoratore può finire per “fatalità”, perché la vita di chi lavora vale molto meno del mancato guadagno.
A costruire l’omicidio di Luana hanno concorso imprenditori senza scrupoli, partiti e organizzazioni imprenditoriali che si sono opposte alla creazione di una procura nazionale sugli infortuni sul lavoro, come aveva proposto l’ex pm Raffaele Guariniello di Torino e che hanno contrastato l’inasprimento delle pene per chi viola le norme sulla sicurezza, che non assumono ispettori che vigilino sull’applicazione delle norme di sicurezza.
Evitare le morti sul lavoro dovrebbe rispondere ad un interesse della collettività scientemente disatteso per favorire il profitto e garantire l’impunità a chi si approfitta del bisogno di lavorare di tante donne e uomini. Il risultato ultimo di tutto questo è un
patteggiamento obbligatorio che grida vendetta e che senza l’assenso dei politici l’assenso non sarebbe mai diventato legge e quindi sentenza. Oggi tutti sanno quanto poco vale la vita di un’operaia morta sul lavoro, quando vale la vita dei tre morti al
giorno sul lavoro. Se la pena deve essere un deterrente, la sentenza di Prato diviene invece un avallo a comportamenti criminali che continueranno impuniti.
Verrà il giorno in cui pagherete caro e pagherete tutto!

Crescita Politica