Il partito dell’astensione

In vista delle elezioni politiche e in preparazione del voto riteniamo opportuno sviluppare alcune riflessioni sul voto a partire dalla legge elettorale. Approvata il 3 novembre 2017, n. 165 e comunemente nota come Rosatellum, prende il nome dal deputato Ettore Rosato, che ci auguriamo non venga rieletto. Dopo una riforma costituzionale approvata in questa legislatura e che ha ridotto il numero dei parlamentari, il 25 settembre si eleggeranno 400 deputati e 200 senatori, mentre prima gli eletti nelle due Camere erano rispettivamente il doppio. Questa riduzione dei seggi avrebbe richiesto una modifica della legge elettorale per correggere le storture nella rappresentanza ma l’approvazione di una nuova legge non c’è stata, con il risultato che applicandola su un numero ridotto di eleggibili saranno schiacciate le minoranze che non avranno rappresentanti.

Elezioni alla Camera

L’Italia viene divisa in 147 zone (chiamati collegi) nei quali potrà esserci un numero non definito di candidati che verranno indicati con nome e cognome e saranno associati ai partiti che li sostengono. I votanti dovranno scegliere il candidato mettendo una croce sul nome che scelgono oppure sul simbolo di una delle liste. Nella scheda ci sono anche
altri nomi e sono quelli dei candidati del cosiddetto “listino bloccato”. Viene eletto chi ottiene anche un solo voto in più degli altri candidati nel collegio; è questo il motivo che costringe i partiti a coalizzarsi.
Cosa succede per i restanti 253? Otto di questi sono eletti all’estero: restano 245 deputati da eleggere.
Per decidere quali sono gli eletti si sommano tutti i voti di tutti i partiti in tutta Italia, dopo di che si calcola per ognuno la percentuale di voti conseguita sulla totalità dei votanti che. applicata sul totale, darà il numero degli eletti con il sistema proporzionale.
Rimane da stabilire chi sono gli eletti dei vari partiti sulla quota proporzionale: a questo scopo il territorio nazionale viene diviso in zone più ampie dei collegi uninominali (i 147 utilizzati precedentemente) che in molti casi corrispondono a intere regioni. Per quelle con meno abitanti – dalla Calabria in giù – si accorpano solo due o più collegi.
Gli eletti vengono scelti attingendo cosiddetto listino bloccato, nell’ordine e a scalare rispetto alla percentuale di voti conseguita; non ci sono preferenze e l’ordine nel listino lo decidono le segreterie dei partiti, ipotizzando così dei “collegi sicuri”.
La distribuzione dei seggi è difficile da descrivere, necessità di controlli e correttivi, ma alla fine deve rappresentare la ripartizioni dei voti nazionali ricevuti dai partiti. Inoltre attraverso l’espediente di candidare i dirigenti dei partiti in più collegi si consente utilizzando strategicamente la scelta del collegio di scegliere chi far eleggere nel seggio al quale si rinuncia.

Elezioni al Senato

Al Senato il meccanismo simile. 74 senatori eletti nei collegi uninominali, 122 nei collegi plurinominali e 4 all’estero. Inoltre, al Senato la distribuzione dei seggi non avviene a livello nazionale, perché la Costituzione prevede che il Senato sia eletto su base regionale.
La legge prevede poi delle soglie di sbarramento: per ottenere dei seggi un partito deve avere almeno il 3% dei voti, oppure presentarsi in una coalizione di partiti che ottengono insieme il 10%, con delle eccezioni per i partiti forti in singole regioni o per le rappresentanze delle minoranze linguistiche altrimenti non avranno alcun eletto. In ogni caso, i partiti che non raggiungono l’1% non accedono al riparto dei seggi.
I restanti 8 deputati e 4 senatori eletti nelle circoscrizioni all’estero, vengono suddivise in 4 collegi Europa, America meridionale, America settentrionale e centrale, Africa, Asia, Oceania e Antartide.
Questi collegi si comportano come collegi plurinominali, quindi i voti vengono ripartiti tra le liste con il sistema proporzionale.

Una legge elettorale criminale

Dalla sommaria ricostruzione della legge elettorale scaturiscono alcune considerazioni

  • Mortifica il ruolo delle minoranze, le parcellizza sul territorio, fino a farle scomparire
  • Favorisce la nomina di candidati individuati dalle segreterie dei partiti
  • Garantisce la perpetuazione del ceto politico per cooptazione
  • La legge sembra fatta a posta per scoraggiare la partecipazione e alimentare l’astensione

I livelli di partecipazione democratica al sistema parlamentare dimostrano il fallimento della democrazia liberale e che solo la mobilitazione sui posti di lavoro, sul territorio, nelle lotte sociali possono dare soluzione e i bisogni di giustizia sociale e al recupero di quote di reddito almeno necessarie a un tenore di vita dignitoso.

L’astensionismo attivo dei comunisti anarchici

Noi, come comunisti anarchici. non facciamo dell’astensionismo una bandiera. Non condividiamo le istituzioni proprie della democrazia liberale e quindi né il parlamentarismo, né la delega mediante elezione. Siamo a favore dell’azione diretta; quando deleghiamo. consideriamo il mandato sottoposto alla continua vigilanza dei deleganti e revocabile, comunque temporaneo; siamo a favore della democrazia diretta sul posto di lavoro e nelle strutture del territorio. Tuttavia, ritenendo l’esercizio del voto uno strumento di tattica politica, riteniamo che, di volta in volta, vadano valutate opportunità e condizioni di un uso possibile e tattico del voto.
Le condizioni nelle quali il sistema politico ci costringe ad andare al voto, con una legge elettorale che, come abbiamo avuto modo di illustrare, in molte situazioni rende l’esercizio del voto una mera “testimonianza”, priva di effetti.
Quindi sarà necessario valutare la situazione, collegio per collegio, riflettendo sull’affidabilità dei candidati e la necessità di arginare la destra e tutte quelle forze che, modificando il patto costituzionale, operano per rendere irreversibile una svolta politica nel paese.
Comunque vada la delegittimazione progressiva del sistema politico liberale procede e i cittadini elettori hanno la percezione che qualunque sia l’esito elettorale la formazione dei governi e delle maggioranze è eterodiretta attraverso la composizione-scomposizione dei partiti e delle alleanze, a partire dal giorno dopo del voto, da qui l’inutilità della partecipazione.
Quanto avviene rafforza la nostra convinzione che solo la mobilitazione e la lotta possono offrire soluzioni credibili ma ciò significa individuare obiettivi condivisi e reali. Ecco perché il programma che noi sosteniamo è la lotta per un salario dignitoso, attraverso i rinnovi contrattuali, la lotta al precariato, il superamento dell’apprendistato gratuito e un salario minimo assicurato dal contratto e tutelato dalla legge. Vanno ripristinate le garanzie per lavoratrici e lavoratori abrogate con i provvedimenti infami del Job Act, bisogna impegnarsi in difesa del territorio e dell’eco-sistema, opponendosi al nucleare della cosiddetta quarta generazione che non esiste, per ottenere energia a prezzi accessibili.                             Per un servizio sanitario efficiente, per il finanziamento della scuola pubblica, mantenendo integre le filiere produttive delpaese attraverso il contrasto alla delocalizzazione attraverso strumenti fiscali e mantenendo la progressività della tassazione.
La svolta a destra che si intente imporre al paese non è evitabile con strumenti elettorali, ma solo attraverso lotte sociali che uniscano in un unico fronte lavoratori occupati, titolari della propria miseria, lavoratori emigrati, lavoratori a nero e sottopagati.

La Redazione