Gioco di squadra

Noi, da comunisti anarchici, siamo contrari alla guerra come sistema di regolazione delle controversie tra gli Stati e questo non perché pacifisti, ma perché sappiamo bene che le guerre vengono fatte combattere ai proletari, gli uni contro gli altri armati, e sono loro a lasciarci la pelle.
Siamo invece assolutamente impegnati a combattere la guerra di classe degli sfruttati contro gli sfruttatori: vediamo di buon grado le competizioni sportive come terreno di scontro tra le nazioni e quindi abbiamo gioito per la vittoria della nazionale di calcio italiana, anche se non siamo scesi in strada a dar vita ad assembramenti in costanza di pandemia.
Della vittoria della nazionale di calcio si è detto che ha vinto grazie al gioco di squadra e soprattutto la stampa di regime (quasi tutta) di ciò ha fatto un’utilizzazione politica, suggerendo l’equazione tra la squadra calcio e quella di Governo.
Peccato che la maggioranza di Governo faccia tutt’altro che un gioco di squadra, visto che opera a trazione leghista con un timoniere – il Presidente del Consiglio – che predilige il pilota automatico, limitandosi ad inserire qui e là, in ordine sparso, qualche sua pedina, uomo o donna che siano, presentandosi come un cacciatore di teste, piuttosto che un leader portatore di un disegno politico riconoscibile: la sua immagine appannata e sbiadita di tecnico neutrale ci viene riproposta in tutte le salse nelle vesti di un abile mediatore.
Premesso che molti dei reclutati, come i ministri tecnici del suo Governo, sono da vedere alla prova, dai primi incarichi e dalle prime prove si evince che non sono francamente un gran che: basti pensare all’antiecologista e nuclearista Cingolani, superministro della transizione ecologica. Ora arrivano i 16 super consigliori, mentre le teste d’uovo procacciate da Supermario si stanno schierando alla Rai come nei tanti Consigli di Amministrazione e incarichi di Amministratore Delegato.
Per ora la trippa è poca e quella che è stata messa sul tavolo emana un forte odore di merda a cominciare dalla giustizia e non tanto perché fa saltare 150 mila processi (vai a sapere se erano tutte stronzate!) quel che è certo che ne saltano alcuni come quello per la strage ferroviaria di Viareggio che gridano vendetta davanti al popolo. Quel che è
ignobile è stata la visita-parata nelle carceri del duo Draghi-Cantabria a riparazione del pestaggio organizzato dei detenuti senza che nulla si sia detto e fatto per rimuovere le cause di quanto avvenuto ed evitare che la lunga scia di pestaggi da Genova ad oggi si ripeta prossimamente, magari nelle piazze, quando bisognerà affrontare le  conseguenze sociali di una profonda crisi di ristrutturazione produttiva. I licenziamenti di massa di grandi e piccole aziende, le crisi aziendali che continuano a trascinarsi da anni ne sono un tipico esempio e la disperazione crescente di lavoratrici e lavoratori coinvolti non lascia molte speranze.
Si continuerà a bastonare i lavoratori della logistica, tanto quelli sono i meno garantiti, in gran parte extracomunitari e per giunta c’è anche qualche clandestino, quindi si può menare, se non con la forza pubblica si può lasciar fare ai privati stando a guardare. D’altra parte, non l’ha detto il grande premier che le aziende fuori mercato vanno
soppresse? Netto sulla chiusura il Governo Draghi dice di star pensando sugli ammortizzatori sociali, ma senza pensare ha abolito il blocco dei licenziamenti.
Intanto le forze politiche…
È in atto il braccio di ferro “a sinistra” tra il Pd e il senatore di Rignano, il primo che chiede di vedere le carte del baro, il secondo, al quale della legge Zan non frega nulla, impegnato a lanciare l’amo nel pantano di destra, a caccia di elettori cattolici integralisti e fascistoidi, più che dei cascami in decomposizione – il ceto politico di Forza Italia. Vittima comunque designata, il Ddl Zan, ma soprattutto la punibilità dei crimini d’odio razziale e di genere.
Intanto nulla avviene in difesa degli interessi materiali delle classi meno abbienti, a cominciare dall’occupazione, al blocco dei licenziamenti, alla tutela del reddito minimo. È proprio vero che quando la “sinistra” non sa che fare usa la tutela dei diritti civili come specchietto per le allodole.
I 5s del ripristinato duo Conte-Grillo sono alla ricerca di una moderata dimostrazione di esistenza e, per ora, si aggrappano a due idee forza come la certezza della pena e la difesa del reddito di cittadinanza: chissà che non stiano imparando a far politica! È troppo presto per vedere cosa saprà inventare l’allievo del Cardinal Salvestrini, ma l’uomo ha dimostrato di essere tutt’altro che sprovveduto e forse sarà capace di costruire un vero partito di centro dello schieramento politico. In fondo il bisogno di DC in questo paese non è mai morto!
A destra la Lega imperversa, guidando di fatto un Governo che si dichiara non leghista, del quale ha però in mano i ministeri chiave e gioca tra no vax e pro vax, riproponendo il dualismo di sempre, di lotta e di governo, e intanto conquista posti di sottogoverno e nei sondaggi perde elettori e consenso.
La Lega i consensi i cede ai fascisti doc, che si ingrassano con la feccia che si dimostra esistere nella comunità valdese, della quale sarebbe ora che si liberasse, espellendo con il voto un essere immondo dal suo popolo, recuperando i valori d’uguaglianza e giustizia sociale tipici del protestantesimo e della confessione. Ma forse occorrerà ancora molto tempo perché la componente socialista presente nella Comunità Valdese ritorni ad orientarne le scelte.
Per il resto è tutta una corsa a contendersi le candidature in vista delle elezioni amministrative e a spartirsi posti nei Consigli di Amministrazione: un’attività capace di mettere in crisi un’alleanza competitiva tra i due grandi partiti di destra. Vedremo.

A sinistra…

Rimane di occuparsi della sinistra, riformista e rivoluzionaria. Quella frammentata in partitini del 2,05% annaspa alla ricerca di un punto di riferimento e di pensiero e il meglio che sa fare è vagheggiare una rifondazione, frutto di un grande Rassemblemant che dovrebbe contenere il PD, Fratoianni, i circoli civatiani, le liste locali e civiche, i tanti che fanno politica, ma che non si vedono e non sono rappresentati. Un’accozzaglia troppo composita per esistere, troppo variegata per durare senza frantumarsi.
Ancor più desolante la situazione nella sinistra rivoluzionaria, dove le sole forze veramente vive non sono nelle formazioni partitiche, ma quelle costituite da quei sindacati di base o spezzoni del movimento sindacale confederale che pure vi sono, che organizzano lotte sul e per il salario, le condizioni di lavoro, la conquista di garanzie minime contrattuali e, quantomeno, un lavoro dignitoso che non lasci il lavoratore vivere, pur lavorando, sulle soglie della povertà.
Ancora le lotte per il diritto alla casa, contro il caporalato, per quartieri periferici vivibili, per iniziative sociali e di mutuo aiuto e solidarietà costituiscono il terreno sul quale può crescere un’ipotesi di cambiamento e di trasformazione solidaristica dei rapporti sociali.
Ma purtroppo siamo ritornati agli albori: c’è bisogno di conoscere, di capire e di elaborare e in questo bisogno trovano ancora ragion d’essere iniziative come questa, volte a sviluppare conoscenza e progettazione. Siamo ritornati a svolgere la parte originaria dell’impegno politico che comincia dall’inchiesta. E non si tratta di reminiscenze di strategia di azione politica maoista, ma di ritornare alla prima Internazionale e a Bakunin che, quando si trattò di progettare l’intervento politico in Italia, scrisse la Lettera ai compagni d’Italia[1] nella quale, analizzò le condizioni economiche a livello territoriale del paese, ne trasse alcune considerazioni sociali, e preso in esame il quadro politico istituzionale, individuò nei contadini e negli operai dismessi dalla ristrutturazione e distruzione del nascente apparato produttivo del sud, seguita all’unificazione, il segmento di classe capace di fare – nelle condizioni date – da motore del cambiamento e da polo di aggregazione delle forze rivoluzionarie. Contemporaneamente si dette a organizzare le sezioni dell’Internazionale in Italia
e a sviluppare l’intervento politico.

La nostra modesta funzione

Ecco perché ci ostiniamo a cercar di capire, ad indagare e ragionare offrendo con modestia il nostro contributo alla maturazione di una coscienza collettiva e di una consapevolezza che ha tuttavia bisogno di operare nel concreto dell’intervento politico.
Ecco perché queste riflessioni non sono rivolte solo all’area comunista anarchica o anarchica del movimento di classe, ma anche ai marxisti non dogmatici e a quanti, intervenendo sui problemi concreti dei proletari, mettono in atto un intervento politico su posizioni di classe ed hanno bisogno di appropriarsi criticamente di conoscenze per applicare alla loro azione un moltiplicatore, una valenza che, se carente di prospettive, diviene sterile.
Di queste compagne e di questi compagni noi oggi, come sempre, siamo al servizio, disponibili a cogliere ogni richiesta, ogni domanda di riflessione, a fornire quel retroterra che può essere utile a rinforzare e motivare l’intervento politico: questo senza alcuna pretesa di assumere un ruolo di guida e di direzione politica ma desiderosi soltanto di
svolgere la funzione di memoria storica.

[1]. Michele Bakuin, Lettera ai compagni d’Italia. A DADA’, L’anarchismo in Italia: fra movimento e partito. Storia e documenti dell’anarchismo italiano, Teti Editore, Milano, 1984, pp. 152-165.

La Redazione