Attenzione, riemerge!

La “seconda repubblica” è squassata dagli scandali. La congiuntura politica ricorda molto quella di venti anni fa. Come allora la magistratura ha avuto il via libera per dismettere una classe politica ormai incapace e screditata, ma soprattutto non in grado di servire adeguatamente il capitale finanziario. È così che dalla pelle vecchia in dissoluzione della seconda si intravedono le sembianze della “terza repubblica”.
Già la dizione di seconda e terza repubblica, tanto cara agli organi di disinformazione, è quanto meno impropria. Nel 1992 non è avvenuto alcun mutamento degli assetti istituzionali atto a giustificare l’uso invalso; nessun mutamento è in vista nel 2012. Ma al di là del guscio, per altro di un qualche interesse scientifico, c’è qualcosa di più profondo che è rimasto inalterato. All’inizio degli anni novanta cessava quel mezzo secolo in cui la Democrazia Cristiana (la “Balena Bianca”) aveva fatto da perno del
sistema politico italiano. Il partito cattolico si era solo apparentemente dissolto, permanendo però intatto, invisibile ma ben presente, al di sotto del pelo dell’acqua; ora sta per riemergere!
Un noto aforisma di Marx sostiene che nella storia le vicende si ripetono due volte: la prima come tragedia e la seconda come farsa; esso non è applicabile al nostro caso. Prima di tutto perché non si tratta di un ripetersi di eventi ma di una continuità. Secondo di poi quella cui assisteremo in un prossimo futuro sarà tutt’altro che una farsa.
Come detto, il partito cattolico non è svanito nel nulla, ma ha continuato ad operare al di sotto della superficie; non solo ha mantenuto saldo il potere, ma la sua capacità di determinare il corso degli eventi si è addirittura accresciuta. Disseminando i suoi uomini nelle varie formazioni politiche fiorite dopo “tangentopoli” ha preso la forma di un coeso gruppo trasversale ed è stato aiutato dalla teoria infondata che le elezioni si vincerebbero al centro. Da ciò è disceso che sia la “destra” che la “sinistra” (usando dei vocaboli decisamente forti e immeritati) hanno continuato a disputarsi il voto dei fedeli, riempiendo di favori il Vaticano. L’ultimo ventennio ha visto un numero di credenti sempre più piccolo e marginale raggiungere traguardi che per i cinque decenni precedenti erano apparsi chimerici. La Democrazia Cristiana al Governo conosceva degli argini alle proprie pretese, dei limiti che paventava di oltrepassare, dei tabù laici costituzionalmente garantiti, che i Governi successivi non hanno avuto alcun pudore a rompere, infrangere, disattendere.
Le scuole cattoliche hanno goduto di sovvenzioni statali che mai si sarebbero sognate di ricevere; i professori di religione cattolica (anzi di catechismo) sono divenuti di ruolo in barba ad ogni principio di equità; è stata promulgata la sgangherata Legge 40/2007 sulla procreazione assistita, che continua a perdere pezzi in sede europea; non è stato possibile varare alcuna normativa sensata sulle coppie di fatto, collocandoci ai posti
più bassi nella scala del riconoscimento dei diritti civili; il biotestamento, in vigore nella quasi totalità dei paesi occidentali, non ha corso da noi ed anzi si tende ad annullare il diritto del malato a rifiutare le cure, sostenendo che idratazione ed alimentazione forzate possano essere imposte anche a chi le rifiuta.
Quello a cui stiamo per assistere è il ricrearsi di un centro cattolico e conservatore più forte che in passato, reso aggressivo dai successi intessuti negli ultimi venti anni. È qui che Loacker Napolitaner ha dato il meglio del suo acume politico. La sua azione negli ultimi due anni ha consentito ai balbettanti tentativi iniziati ad Assisi di intravedere le prospettive di un radioso compimento. Occorre ripercorrerne le tappe. Autunno 2010:
Fini ha rotto la traballante alleanza con Berlusconi, è uscito dal Pdl portandosi dietro un numero di parlamentari tale da far perdere la maggioranza parlamentare all’ex-alleato. Il Presidente della Repubblica giudica urgente la legge di bilancio ed impone che la mozione di sfiducia al Governo venga discussa dopo la sua approvazione: un mese di mercato parlamentare consente al Cavaliere di recuperare un’asfittica maggioranza e di sopravvivere stentatamente un altro anno. Inseguito dalle inchieste giudiziarie l’uomo di Arcore lascia incancrenire la situazione economica e la sua politica viene dettata nelle sedi finanziarie europee, a riprova della inutilità della legge di bilancio del 2011; le leggi che vengono varate da Tremonti nel corso dell’anno massacrano i servizi alla popolazione e decurtano il potere d’acquisto delle classi medie.
La farsa, questa sì, mostra il suo volto ridicolo quando il Parlamento vota a maggioranza che Berlusconi credeva veramente che Ruby fosse la nipote di Mubarak; ma questa è la superficie, la realtà profonda è che un Governo debole e screditato non è in grado di offrire al capitale finanziario lo scalpo delle classi lavoratrici, come esso vorrebbe.
Tardo autunno 2011: il giorno in cui Mediaset perde il 20% in Borsa, Berlusconi getta la spugna nel giubilo generalizzato. Il nostro Presidente biscottino potrebbe indire elezioni anticipate, consegnando il paese alla “sinistra” (scusate il termine!). Invece chiama il rettore della Bocconi, noto neoliberista, noto cattolico, noto uomo delle banche, noto ex-commissario europeo su indicazione berlusconiana e lo nomina senatore a vita, per conferirgli il giorno dopo l’incarico di formare il Governo. La cura da cavallo iniziata da Tremonti viene elevata al cubo in ossequio al volere della finanza internazionale, da cui seguono una drastica riduzione del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti, crollo dei consumi, contrazione prepotente della produzione, chiusura delle aziende, licenziamenti, disoccupazione e nuova riduzione della propensione ai consumi ed al
risparmio; a questa elica discendente si impone una continua accelerazione con nuove strette finanziarie, che sembrano non trovare un limite sensato.
Ma il Governo Monti non ha solo questi effetti economici devastanti; altrettanto perniciose sono le conseguenze politiche. Il centro di Casini si schiera subito col nuovo messia, ma ampie ali di adoratori si formano negli altri partiti costretti ad approvare ogni iniziativa dell’Esecutivo (ormai in realtà legislativo) a colpi reiterati di fiducia. Il quadro politico inizia a sgretolarsi. Il Pdl in calo elettorale vertiginoso tende a frantumarsi ed anche il suo padre “nobile” (senza offesa) non è più in grado di tenerlo unito, neppure con le prebende. Gran parte degli ex appartenenti a Forza Italia tende a convergere verso il centro, accorrendo in soccorso al vincitore: Monti. Una gran parte dei suoi Ministri “tecnici” (se così si può dire) fornisce ampie garanzie alla borghesia imprenditoriale, che sostiene l’avvicinamento.
Sul fronte opposto, la candidatura del giovane Renzi fa da sponda a questo processo. Se egli dovesse vincere le primarie una parte consistente del non-partito fuoriuscirebbe per andare ad alimentare la sinistra quasi socialdemocratica. Se il sindaco pirotecnico dovesse perdere, sarebbe lui ad uscire dal Pd, portandosi dietro l’ala montiana del partito. In entrambi i casi il partito si avvicina pericolosamente ad una frantumazione
che porterebbe acqua al mulino del centro, che raccoglierebbe i rivoli di ambedue le parti. In sintesi quella che fino a due anni fa sembrava un’aspirazione poco realizzabile di ricostruire la “cosa bianca”, ora si fa ipotesi concreta coalizzata attorno a quello che pare essere destinato ad essere il futuro Presidente della Repubblica, per mantenere il suo ruolo apparentemente, molto apparentemente, super partes.
Scrivevamo nel giugno 1998: il fatto è che l’elettorato moderato, ben radicato nella maggioranza delle zone in cui si è votato domenica 24 maggio, non ha mai realmente cambiato bandiera: rifugiatosi sotto quelle di Forza Italia, ora che questa sembra non poter più garantire l’assetto di potere sociale al posto della defunta Democrazia Cristiana, come aveva dato ad intendere di poter fare, ritorna ai vecchi amori. Si dimostra cioè che il vecchio CAF, non solo non era scomparso nella temperie di tangentopoli, rintanandosi nelle nuove forze politiche, ma neppure era morto nei settori di società che esso rappresentava e tutelava. E questo anche perché il cavaliere nel suo affanno giudiziario, appare declinante e non più onnipotente come quattro anni fa. […] I figli bastardi della terza internazionale non arriveranno al potere blandendo i moderati e per quanto siano intimamente connaturati al sistema del mercato e godano la fiducia dell’apparato imprenditoriale e finanziario, non ispirano la necessaria fiducia al pavido piccolo borghese italiano. Questi continua a cercarsi referenti politici che gli siano più congeniali, a meno che una forte temperie strutturale e culturale lo scuota
dalle certezze dei propri falsi privilegi.
Se così è forse non eviteremo di morire democristiani. (da“Alternativa Libertaria”).

Saverio Craparo