Cosa c’è di nuovo?

Quella faccia da madonna piangente della ministra Fornero l’ha detto chiaro come lo disse la Gelmini: ”Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato anche attraverso il sacrificio”, e giù a piangere sul termine sacrificio!
No, anzi, ora non piange neanche più, ora se la ride davvero, dopo aver messo sotto scacco almeno tre generazioni di lavoratori, i più anziani con le pensioni, quelli che vorrebbero il lavoro con le mille scappatoie per non darglielo, e comunque sicuramente senza regole certe, quelli che lavoravano e sono esodati, contando male il loro numero. E a chi faceva notare che almeno si rileggesse la Costituzione, il bravo sottosegretario all’Economia, Pollillo, rispondeva “Non c’è dubbio che la Costituzione riconosce il diritto al lavoro, ma questo diritto va sostanziato perché ahimé in un’economia di mercato non basta fare appello alla Costituzione”.
Quei diritti costituzionali, quelli che stavano alla base dello Statuto dei lavoratori e che ora sono carta straccia nascevano da lunghe e dolorose lotte dei lavoratori e delle lavoratrici che avevano strappato quei diritti e li hanno difesi per decenni come baluardo proprio contro quel mercato capitalista che sempre ha puntato ad avere manodopera flessibile, docile, ricattabile, da usare e gettare senza rendere conto del livello di sfruttamento.
Erano puntelli di sostegno per continuare la lotta contro un capitalismo distruttore di vite umane e di ricchezza comuni, per la lotta finale di appropriazione comune dei mezzi di produzione e la costruzione di una società più libera ed egualitaria.
Oggi purtroppo in quella battaglia che dura da più di duecento anni, qui in Europa stiamo perdendo alla grande; occorre resistere, sapendo anche che l’espansione mondiale del capitalismo rende difficile riorganizzarci, ma sta creando sempre più contraddizioni nelle aree in cui si espande.
Resisteremo un minuto di più, perché se crediamo all’internazionalismo ce la faremo.

a.d.