Sciopero generale

Gli effetti della crisi internazionale che stanno demolendo le condizioni di vita dei lavoratori e delle classi subalterne nel nostro paese, aggrediscono anche storiche conquiste sindacali e del lavoro, già indebolite dalle dinamiche della ristrutturazione capitalistica, e dai dolorosi processi di deindustrializzazione.
Ma se la crisi è il quadro generale di riferimento, i suoi effetti devastanti sono stati agevolati anche dalla scelta delle compatibilità con il sistema capitalistico perseguita dalle organizzazioni sindacali confederali fin dalla fine degli anni ’70, che ha prodotto un sindacato subalterno al capitale, incapace di perseguire l’organizzazione e la difesa degli interessi dei lavoratori.
Così è stato che in questi ultimi venti anni il 60% della ricchezza prodotta è andato a incrementare i profitti e le rendite, mentre solo il 40% ha incrementato i salari, la cui
diminuzione è stimabile dai 5000 ai 7000 € annui per ogni lavoratore dipendente.
Di conseguenza il 10% delle famiglie italiane detiene oggi il 45% della ricchezza. Questo enorme flusso di capitali è stato “finanziarizzato” e, in parte, sottratto al fisco o esportato all’estero.
Oggi l’Italia è un paese profondamente disuguale, là dove si realizza una iniqua distribuzione della ricchezza sociale prodotta, a totale vantaggio dei profitti e delle rendite e a totale svantaggio del lavoro e delle opportunità delle classi subalterne e dei ceti più deboli della popolazione.
In un simile contesto è importante comprendere le responsabilità delle compagini governative di centrosinistra fin qua succedutesi dato che, come i governi berlusconiani, hanno scaricato i costi della crisi sui lavoratori e sulle classi sociali meno abbienti.
Da alcuni anni la CGIL ha intrapreso un percorso diverso, imprimendo una discontinuità con la precedente subalternità alle esigenze del capitale. Un percorso che, sia pure segnato da vistose contraddizioni, ha consentito di evolvere su di un terreno di opposizione e di lotta per la difesa delle condizioni di vita dei lavoratori e dei ceti più deboli della società, sottraendosi alla deriva corporativa intrapresa da CISL e UIL.
In questo scenario la ricomposizione di un’area di opposizione di classe all’interno della CGIL è un obiettivo ancora più urgente, visto il consolidarsi di un forte polo moderato che fa riferimento al Partito Democratico, che opera per creare un’insanabile frattura all’interno della CGIL per battere definitivamente le sue componenti di opposizione interna, isolare la combattività di alcune sue categorie (FIOM) agevolando la
svolta corporativa già intrapresa da CISL e UIL, per garantirsi la possibilità di un sindacato cinghia di trasmissione anche in vista di un cambiamento politico più generale.
Questa tendenza deve essere interrotta: lo sciopero del 6 di maggio deve essere chiaramente contro questo governo e di monito ai prossimi: allargandolo all’intera giornata lavorativa, cercando di estendere la partecipazione a settori più ampi dei lavoratori dipendenti, dei migranti, degli studenti, dei disoccupati e dei precari, ponendo le basi per una ricostruzione di un vasto fronte di lotta e di solidarietà, capace di invertire i rapporti di forza oggi esistenti.
Uno sciopero che affermi anche la volontà di opposizione agli attuali e drammatici scenari di guerra, dichiarando un impegno internazionalista contro ogni intervento militare delle potenze imperialistiche, così come sta avvenendo oggi in Libia. Un intervento militare cizione agli attuali e drammatici scenari di guerra, dichiarando un impegno internazionalista contro he ha come unico scopo quello di ridefinire gli equilibri
intercapitalistici fra le nazioni: un intervento per il petrolio.
Per dare concrete speranze alle masse sterminate di proletari che giungono nel nostro paese per la legittima legittima ricerca di migliori condizioni di vita, è necessario affermare la costituzione di un forte sindacato europeo per i contratti dei lavoratori d’Europa.

Sosteniamo lo sciopero generale del 6 maggio.

Difesa sindacale
(compagni comunisti anarchici e libertari nella CGIL)