OSSEVATORIO ECONOMICO

serie II, n. 3, marzo 2010

Lavori pubblici – La crisi morde soprattutto l’occupazione e non si capisce come un mercato in continua restrizione a livello mondiale possa sostenere un’improbabile ripresa dei consumi e della produzione. Mentre ovunque si attivano politiche che sostengano il reddito e quindi ammorbidiscano la congiuntura, in Italia il “governo del fare” stringe la cinghia dei lavori pubblici: +0.9% nel 2009 rispetto al 2008, ma -1,3% nel primo bimestre del 2010 rispetto all’analogo del 2009. Nel contempo si dismettono i piccoli appalti, per cui avremo ad esempio strade sempre in peggiori condizioni e comunità locali meno assistite; crescono invece i grandi appalti, in particolare quelli al di sopra dei 50 milioni di €, molto più permeabili all’infiltrazione malavitosa (Il sole 24
ore, n° 72, domenica 14 marzo 2010, p. 6).

Ripresa?– La parola che va di moda in questo frangente è “ripresa”, anche se debole e lenta. Un’occhiata ai dati recenti, forniti dalla Confcommercio, consente un’analisi meno velata dall’ottimismo di maniera (Il sole 24 ore, n° 71, sabato 13 marzo 2010, p. 20).

aggregato 2009 2010 2011
Pil -5,0 0,8 1,0
Investimenti -12,1 0,7 1,9
Esportazioni -19,1 4,3 3,2
Importazioni -14,8 2,8 3,4
Consumi famiglie -1,8 0,6 1,0
Consumi economici -1,9 0,6 1,0
Consumi pubblici 0,6 -0,3 -0,3

I dati del 2009, come si vede disastrosi, di per sé non inducono a pensieri positivi; e questi sono risultati reali. Il 2010 ed il 2011 sono previsioni. La prima cosa che viene da chiedersi è cosa autorizzi a prevedere che gli investimenti possano passare nell’arco di un anno da -12,1% al +0,7%; questo sì che sarebbe guardare la realtà, da parte degli investitori, con la lente deformante della fiducia in una ripresa ad ora poco visibile. E su cosa si potrebbe basare questa fiducia? Su di un poco probabile aumento delle esportazioni (+4,3%), quando tutto il sistema economico mondiale ansima? Oppure sull’aumento dello 0,6% dei consumi delle famiglie, di fatto poco significativo, ma invece altamente improbabile, in tempi di bassi salari ed alta e crescente disoccupazione. Se il
sistema non inizia a far girare denaro, anche il Pil avrà poca probabilità di rialzarsi. E se i punti toccati da certi indicatori nel 2009 sono talmente bassi che ogni scarto anche poco significativo può tradursi in un aumento sensibile, le tinte fosche in cui si dibatte il mercato del lavoro interno non autorizza neppure queste caute speranze.

Costo del lavoro – Una tabellina molto significativa.

Germania Spagna Italia
Valore aggiunto per dipendente (k€) 59,6 47,6 52,3
Costo del lavoro unitario (k€) 46,7 33,8 37,8
Costo del lavoro in % del valore aggiunto netto 78,3 72,4 71,0
Tasso fiscale (%) 25,8 25,6 48,3

Alcune considerazioni.
1.Il valore aggiunto per dipendente in Italia è alto, il che unito ad un costo del lavoro basso fornisce un suo peso sul valore aggiunto più basso che in Germania e paragonabile a quello della Spagna.
2.Un prelievo fiscale sul lavoro abnorme rispetto agli altri paesi oscura una situazione che risulterebbe molto vantaggiosa per il costo del lavoro nel paese, a riprova del tasso di sfruttamento dei lavoratoti italiani.

Tigre di carta – La locomotiva cinese è inarrestabile, auspice l’infimo costo della forza lavoro, come insegna il caso della mascotte dei mondiali di calcio sudafricani. A febbraio 2010 le esportazioni sono aumentate del 45,7% su base annua e le importazioni del 44,7% con un avanzo commerciale di 7,6 miliardi di dollari, che segue quello di 14,2 miliardi di dollari di gennaio 2010 (Il sole 24 ore, n° 69, giovedì 11 marzo 2010, p. 8). La Cina è attualmente (dicembre 2009) il maggiore detentore di buoni del tesoro statunitense (894,8 miliardi di dollari), seguita a poca distanza dal Giappone (765,7 miliardi di dollari). I destini del $ sono nelle mani di questi due paesi (Il sole 24 ore, n°68, mercoledì 10 marzo 2010, p. 8).

16 marzo 2010
Saverio Craparo