SI STAVA MEGLIO?

Le cose davvero serie e gravi i compagni
sovietici non le mettono mai per iscritto.
(Palmiro Togliatti)

Succedono cose strane in questo paese. Implode il PD. Ma la cosa strana non è questa. Si è detto che quel partito era nato con una fusione “fredda” fra due culture diverse. A me pare che il percorso suddetto non sia mai stata una fusione, né calda né fredda, ma una malintesa economia di scala di gruppi dirigenti che si sentivano ormai in sintonia fra di loro. Anche perché, a dire la verità, si fa davvero fatica a trovare “diversità” di culture fra chi proviene dalla DC e chi dal PCI.
Certo non vi è differenza di approccio sui temi del capitalismo come “stato di natura”. Forse, anzi, l’approccio più “critico” su una presunta “cattiveria” del capitale è venuto dal mondo cattolico, mentre gli eredi del PCI, affrontando la questione dal punto di vista del “reale è razionale” si sono posizionati, come sempre, sul lato delle “sfide che devono essere affrontate”. Che, detto in soldoni, vuol dire, il capitalismo è il mondo in cui
dobbiamo agire. Non per cambiarlo, ma per adattarsi ad esso.
Fuori dai discorsi seri, però, è evidente che la nascita di quel partito ha avuto origine dalla caduta verticale di ogni appartenenza, non solo radicale (non nel senso Pannelliano, per carità) ma anche minimamente socialdemocratica e da una analisi brutale della società.
Caduto l’ultimo velo della finzione comunista [1] (ovvero un Partito Comunista che ha spesso sposato visioni liberiste in economia), più e peggio della DC (che vanta perlomeno qualche migliaio di anni di condanna moralistica dello “sterco del diavolo”[2], uno sterco che ovviamente non sdegnava nella pratica) ha buttato a mare ogni possibile analisi che non fosse addentro all’ortodossia (di nuovo!) perfino monetaria.
Per cui D’Alema non è certo più di “sinistra” di Renzi e Rossi non è Che Guevara.
Le cose strane, dunque, sono la permanenza di una credibilità del partito erede del PCI e della presenza, assolutamente incomprensibile di una base di “votanti” ancora estremamente significativa. A dimostrazione che la “spoliticizzazione” della popolazione italiana operata alla fine degli anni 70, proprio in seno a quei partiti “di sinistra”, ha funzionato egregiamente.
Così Berlinguer (diventato nel frattempo quasi santo) troneggia accanto a Moro (anche lui dopo la morte assurto ad eroe salvifico – bipartisan – della democrazia [3]) nelle deserte sezioni di un partito che Renzi ha scientemente (finalmente?) demolito durante la costruzione finale di una “cosa liquida” che, alla fine, non gli è venuta molto bene.
Ma la separazione della casa “del capo” non è cosa da prendere politicamente alla leggera. Se tutto appare poco più che di una guerra per il bottino (essendo ormai il potere gestito da altre parti) questa guerra ci interessa, in primis perché è meglio un paese con un PD devastato che con il “mitico” 40%[4], essendo quella compagine, oltre che impresentabile, anche assolutamente pericolosa per la poca democrazia rimasta in Italia.
Renzi, infatti, a differenza di Berlusconi, non ha consenso reale nel paese. Per questo aveva bisogno di costruire una riforma che eludesse definitivamente il peso insopportabile dell’elettorato, in linea con la perdita totale di credibilità che le ex-socialdemocrazie (anche quelle efficienti) stanno avendo in ogni parte d’Europa.
Poi perché questa implosione, dunque, parrebbe riaprire uno spazio nella frammentatissima e polverizzata sinistra di cui provo a fare un breve riassunto che però rischia di eliminare subito questa tenue speranza.
Al momento oltre a SI (che molto probabilmente verrà “risucchiato” dalla scissione, perché alla fine il “ceto politico” annusa le elezioni e non la militanza) sopravvivono RC che a marzo avrà il congresso ma non si scioglierà (Ferrero, segretario onesto, ma irrilevante e confuso, che ha potuto fare ben poco dopo la distruzione bertinottiana), il PCL di Ferrando (irrilevante sul piano numerico), il PC personale di Rizzo (che è sovraesposto in quanto Rizzo è un personaggio mediatico molto spesso in televisione, per il resto ha posizioni Bordighiste intransigenti e per quanto vi sia antipatia per Rizzo devo dire che, alla fine, è l’unico esempio di “distacco” davvero reale dal “mitico” PCI).
Poi c’è il rinato PCI che, seppure su alcune questioni abbia posizioni interessanti (e veda al proprio interno alcune personalità e di rilievo da non sottovalutare) vive nel mito di un PCI probabilmente mai esistito e rischia di essere risucchiato anch’esso all’interno della scissione del PD (questo probabilmente all’insaputa dei suoi stessi militanti. Va tenuto presente che il simbolo del PCI di Guttuso dopo la nascita del PDS fu affidato
alle gestione della fondazione di Sposetti – ovvero d’Alema- e che l’uso di tale simbolo non era mai stato concesso nè a rifondazione nè, in parte, al PDCI, il quale però usò un simbolo simile a causa della sua azione di scissione dal PRC e dal sostegno alla guerra di D’alema in cambio del ministero a Diliberto).
Infine ci sono i già scissionisti di SI, attirati direttamente nell’orbita di Pisapia e del PD-senza Renzi.
Si tratta di una situazione quindi di polverizzazione e insignificanza della sinistra rispetto alla quale l’implosione del PD rischia di rimettere in gioco formule obsolete di cartelli elettorali di “centro-sinistra” (il gioco di D’Alema è quello di far fuori Renzi costringendo il PD “senza Renzi” ad allearsi con la sua nuova forza).
In tutto questo gioco di ceto politico rimane aperta la questione M5S e il molto probabile exploit elettorale della lega di Salvini, riposizionata verso il sovranismo e della destra sociale A mio modesto parere, nella speranza di sbagliare alla grande, credo che la destra, riconvertita al sovranismo nazionale, sia sottovalutata sul piano elettorale, ma anche in merito ai reali consensi nel paese.
Quello che viene definito “populismo”, [5] unisce in un unica dicitura realtà diversissime ma che segnalano una estrema sofferenza degli ex-ceti medi [6] ormai declassati, di una situazione lavorativa devastante e di una “globalizzazione” che ha funzionato solo per alcune élite colte, molto spesso identificate con la “sinistra moderna”.
Una globalizzazione che è la narrazione post-moderna dell’estensione del dominio capitalistico USA all’intero mondo [7] e che la sinistra europea ha scambiato per l’internazionalizzazione del movimento operaio (e sul verbo “scambiare” ci sarebbe tanto da dire).
In questa situazione, nella quale, apparentemente vi sarebbero “praterie” per la sinistra, manca totalmente una analisi concreta e di classe della situazione.
Ad esempio. le migrazioni sono affidate alle dame di carità del circuito mafioso cattolico in cui anche tanti “sinistri” cadono. E il ruolo delle dame di carità non è quello di mettere in discussione il sistema ma di alleviarne i dolorosi (e remunerativi) effetti [8].
Si discute di LBTG o di matrimoni GAY, di Veganesimo ed ambiente, tutti virati nel senso dei “diritti individuali” (lontani da quella classe di diseredati in caduta di cui di dicevo prima) pienamente reinseribili nel mercato globale (scaffale gay? Spazio Vegano? Tutto già predisposto) completamente dimentichi delle origini rivoluzionare di tali tematiche.[9]
E, soprattutto, è stato fatto strame dei diritti sociali, analfabetizzando alla lotta di classe una intera generazione.
Invece del lamento per i “populismi” le classi dirigenti (sempre più scarse) dovrebbero chiedersi dell’ancora troppo elevato moderatismo di un marasma collettivo ormai declinato in plebe e che, come la storia insegna, diventa materia privilegiata per chiunque avesse voglia di strumentalizzarne “pro domo sua” la sofferenza sociale.
Anzi, a dire il vero, non riesco bene a cogliere molte differenze fra i vari gradi della
strumentalizzazione.

[1] V.:L. Paggi, M. D’Angelillo, I comunisti italiani e il riformismo, un confronto con le socialdemocrazie europee” Einaudi, 1986.
[2] J. Le Goff, Lo sterco del diavolo. IL denaro nel medioevo, Laterza 2012.
[3] Su Aldo Moro vedi M. Mastrogregori, Moro, La biografia politica del democristiano più celebrato e discusso nella
storia della Repubblica, Salerno editrice, 2016. Su Berlinguer, F. Barbagallo, Enrico Berlinguer, Carocci, 2006.                                                                                                  [4] Vera leggenda metropolitana. Il 40% del 55% risale alle Europee di 3 anni fa. Elezioni che per gli italiani contano meno della “coppa del nonno”. Hanno riprovato a dirlo (anzi Renzi lo ha fatto dire ai galoppini per vedere “l’effetto che fa”) dopo i
referendum, ma poi hanno smesso.
[5] Sul populismo è da leggere, ovviamente: E. Laclau, La ragione populista, Laterza, 2008. Assolutamente da studiare con estrema attenzione è invece il notevole studio di C. Formenti, La variante populista. Lotta di classe nel neoliberismo, DeriveApprodi, 2016.
[6] Enrico Rossi nella presentazione del nuovo movimento “DeP” (o DP?) ha parlato dell’attenzione “ai ceti medi” come se oggi fossimo ai tempi del PCI di Berlinguer!!!
[7] Per dire avevano capito di più i Red Hor Hot Chili Peppers con “Californication” (1999) che Toni Negi: M. Hardt, A. Negri, ‘impero. Rizzoli, 2003.
[8] Giorgio Gaber lo cantava 14 anni orsono https://www.youtube.com/watch?v=BtNj1EaxiW4
[9] Il grande Paolo Poli si espresse in maniera tranchant su queste derive http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/vivapaolo-poli-matrimoni-omosessuali-che-rottura-coglioni-87329.htm

Andrea Bellucci