Controriforme: Renzi smantella le sezioni lavoro dei Tribunali

La frenetica attività “riformatrice” del governo Renzi non ha riguardato solo i grandi temi quali la Costituzione o la riforma del lavoro, ma si è estesa anche ad argomenti apparentemente più marginali, ma che marginali non sono affatto. Fra questi la riforma della magistratura onoraria fra le cui statuizioni è prevedibile che alcune possano avere pesanti conseguenze per il sistema giustizia.
La magistratura onoraria è prevista dall’art. 106 della Costituzione. La sua regolamentazione è demandata interamente alla legge, “per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli”. I magistrati onorari sono nominati dal Ministero della Giustizia su parere del Consiglio Superiore della Magistratura, restano in carica per un periodo di tempo limitato (fino a quattro anni), rinnovabile, per un pari periodo, e successivamente sono
ammessi a concorrere per posizioni diverse da quelle ricoperte fino a quel momento. Vengono selezionati sulla base di concorsi per titoli fra i laureati in legge fra i 30 e i 70 anni, che abbiano svolto attività di avvocato, di docente universitario, di docente di materie giuridiche nelle scuole superiori. Nella valutazione vengono presi in considerazione titoli quali Cultore della Materia, e le pubblicazioni giuridiche. Una volta nominati ricevono una formazione di contenuto analogo a quello dei magistrati ordinari (i vincitori di concorso per esami, per intendersi) ma assai più breve. Poi vengono inseriti nelle funzioni.
Finora, e fino a quando la riforma non sarà attuata, sono divisi in giudici onorari di Tribunale, senza limiti di competenza per valore delle cause, che supportano i Tribunali civili in ogni materia; giudici di Pace, a cui sono assegnate le cause di valore più limitato; vice procuratori onorari che supportano le procure della Repubblica. I magistrati onorari sono sottoposti agli stessi doveri, limiti e incompatibilità dei magistrati
ordinari, e quando firmano un provvedimento, che sia ordinanza ammissiva di mezzi istruttori o sentenza che definisce il giudizio, se ne assumono la piena responsabilità. Per capire bene la rilevanza dei giudici onorari nel funzionamento complessivo della giustizia, è necessario ricorrere ad alcuni dati.

Chi sono

Allo stato in Italia ci sono 2186 giudici onorari di Tribunale, 1800 vice procuratori onorari, 1509 giudici di pace. Rappresentano circa il trenta per cento di tutta la magistratura requirente e giudicante, e vi sono uffici giudiziari che senza di loro, molto semplicemente, non potrebbero lavorare.
“In assenza di interventi normativi diretti al mantenimento in servizio dei magistrati onorari si produrrebbe non soltanto la sostanziale paralisi dell’attività dell’ufficio onorario del giudice di pace ma anche gravissime conseguenze in ordine alla funzionalità degli uffici del Tribunale ordinario e della procura della Repubblica, che rispettivamente si avvalgono dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari” “Relativamente all’entità dell’apporto dei magistrati onorari impiegati nei tribunali ordinari e nelle procure
della Repubblica è sufficiente considerare che da rilevazioni a campione effettuate dalla direzione statistica del Ministero della giustizia emerge che la percentuale del lavoro giudiziario dagli stessi evaso può stimarsi in una misura compresa tra il 10 e il 30 per cento del totale, a seconda delle specificità del singolo ufficio.
(relazione alla presentazione del primo decreto legislativo attuativo:
http://www.governo.it/sites/governo.it/files/relazione_giudici_pace.pdf).
In un contesto in cui la maggioranza degli uffici giudiziari è sovraccarica di lavoro, carente di personale sia fra i magistrati che fra il personale ausiliario, molti uffici sono coperti dal numero di magistrati previsti dall’organico, ma è l’organico stesso ad essere sottodimensionato rispetto ai carichi di lavoro, alcuni uffici giudiziari risultano tuttora decapitati (ad es. la Corte d’Appello di Venezia) per pensionamento o trasferimento
di chi ha ricoperto incarichi di vertice e non viene sostituito, le parole della relazione suonano come un pesante segnale di allarme.
Molti magistrati onorari esercitano le funzioni come attività secondaria rispetto ad altre (ad esempio gli avvocati che svolgono anche l’attività libero professionale, e che ovviamente non possono esercitare l’avvocatura nella stessa circoscrizione di Tribunale nella quale esercitano le funzioni di magistrato onorario), e quindi dedicano alle funzioni di magistrato non più di uno o due giorni a settimana. Molti altri però svolgono queste funzioni a tempo pieno, e l’attività giurisdizionale costituisce la loro fonte primaria di reddito.
La L. n. 57 del 2016 ha dato al governo la delega per la riforma di questa parte della magistratura. Le linee guida per il decreti legislativi di attuazione ne prevedono l’unificazione sotto un’unica denominazione, Giudice Onorario di Pace, la forma di reclutamento, i limiti di competenza. E’ interessante soffermarsi su due aspetti di
questa normativa, per molti versi incongruente, dequalificante e inefficiente per risolvere i problemi della giustizia in Italia.
Trattamento economico e “proletarizzazione” della categoria e la controriforma del lavoro. Il primo aspetto riguarda le tutele sociali di tali magistrati. I magistrati onorari ricevono un trattamento economico-normativo molto diverso da quello dei giudici ordinari, sono pagati in base alle udienze e ai provvedimenti, potremmo anche dire “a cottimo”, per di più in modo differenziato fra giudici di pace, vice procuratori onorari e magistrati onorari di Tribunale. Inoltre non hanno alcuna tutela di tipo assistenziale
(indennità di malattia) o previdenziale (pensione). Nonostante che la Commissione Europea per i diritti sociali, con una decisione del 5 luglio 2016, abbia dichiarato che, non prevedendo alcuna forma di previdenza e assistenza per i Giudici di Pace, il governo italiano ha violato l’art. E, e l’art. 12, par. 1 della Carta Sociale Europea. La legge delega non prevede infatti per loro alcuna forma previdenziale. E’ vero che la legge è di aprile e la decisione di luglio, ma da parte né del Parlamento né del Governo è stata manifestata l’intenzione di cambiare qualcosa a seguito di questa decisione. Questa scelta “proletarizza” la collocazione sociale di questo personale della giustizia facendo prevalere il lavoro a cottimo e l’assenza di ogni protezione sociale.
Il secondo aspetto invece riguarda la competenza funzionale dei magistrati onorari. L’art. 2, comma V, della legge delega stabilisce che il magistrato onorario non possa in nessun caso essere applicato per la trattazione dei procedimenti o per l’esercizio delle funzioni, nei procedimenti cautelari, “nonché per la trattazione dei procedimenti in materia di rapporti di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie”.
Questo secondo limite, non previsto nella normativa finora vigente, inserito pare all’ultimo momento nella legge delega, e votato probabilmente senza neppure rilevarne la novità, potrebbe avere conseguenze pesanti, costituisce in realtà il cuore politico della riforma. Si tratta infatti di un limite esistente in passato, ma che fu eliminato dalla normativa per l’esigenza di supportare le sezioni lavoro dei Tribunali, i cui magistrati
ordinari non riuscivano a fronteggiare la rilevante mole di cause di lavoro. Va anche detto che non tutti i magistrati ordinari sono favorevoli a lasciare ai magistrati onorari questa competenza, nella convinzione che non siano sufficientemente formati e adeguatamente selezionati. Ma va anche detto che come non tutti i magistrati onorari sono all’altezza delle loro funzioni, non lo sono neppure tutti i magistrati ordinari, in
percentuali analoghe.
La reintroduzione di tale limite non è casuale. In un periodo in cui le tutele dei lavoratori sono sotto attacco da ogni fronte, con riforme che impediscono la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo (e la Corte Costituzionale ne ha rafforzato il valore, dichiarando inammissibile il referendum sull’art.18), che hanno tolto al giudice anche la possibilità di valutare discrezionalmente la misura della sanzione economica, (cosicché
anche un comportamento datoriale particolarmente odioso non può trovare alcun risarcimento a favore del lavoratore), che non hanno in alcun modo limitato il numero delle tipologie contrattuali, precarizzando ulteriormente la posizione dei lavoratori dipendenti, il legislatore ha trovato una ulteriore via per ridurre le tutele.
Infatti basta considerare che in molti Tribunali italiani le sezioni lavoro si avvalgono di magistrati onorari che garantiscono lo smaltimento più rapido dei processi pendenti, e consentono di arrivare a decisioni in tempi ragionevoli. In altri Tribunali, i magistrati onorari costituiscono, per periodi più o meno lunghi, l’unico organico delle sezioni lavoro. In altri sono comunque un importante supporto. Nel momento in cui questo
supporto venisse tolto alle sezioni lavoro, non è difficile prevedere un allungamento dei processi. Come ben sappiamo la lunghezza del processo, quando è eccessiva, è denegata giustizia.
Per essere applicata questa norma ha bisogno del decreto legislativo di attuazione e non sono in pochi, nei Tribunali, a sperare che vi sia il tempo di riconsiderare la legge di delega complessivamente, per modificarla almeno nei suoi aspetti più vistosamente deleteri.
Tuttavia non ci si può esimere dalla considerazione che una legislazione guidata da tecnocrati, a cui i politici si sono del tutto asserviti, non facilita la democratizzazione della società e il rispetto della dignità delle persone. Qui in particolare siamo sul sensibilissimo terreno della giustizia verso i soggetti più deboli della compagine sociale, che con la sottrazione ai magistrati onorari della competenza funzionale sulle cause di
lavoro e il conseguente prevedibile allungamento dei processi (già adesso le prime udienze di lavoro in alcuni Tribunali sono fissate a distanza di un anno dal deposito del ricorso e in alcune delle sedi più grandi anche di più) vedrebbero cancellata di fatto la finalità con cui vennero a suo tempo create tali sezioni, cioè quella di evitare che le cause che richiedevano una più veloce definizione continuassero ad essere decise con i tempi della giustizia civile ordinaria. Se per vedere decisa in primo grado una causa di lavoro si devono aspettare cinque o sei anni, chi ci guadagna? Evidentemente non il lavoratore, soprattutto con una legislazione come il cosiddetto Jobs Act.
Ogni decisione tecnica, da quella sul valore della moneta a quella di quanto personale applicare ad un ufficio, ha un risvolto politico. Ben lo sapeva il governo Renzi, che sotto la maschera delle decisioni tecniche ha fatto passare scelte di contenuto conservatore se non addirittura reazionario, e ben lo sa l’attuale governofotocopia, che ne continua l’ambigua e devastante politica. I magistrati onorari hanno poca o nulla forza contrattuale, e la sinistra non se ne occupa: i magistrati onorari sono una classe i cui parametri non corrispondono a quelli tradizionali delle classi popolari sfruttate, ma subiscono un indubbio processo di proletarizzazione.
Tutto sommato potrebbe tornare utile iniziare ad occuparsene.