CAMBIO DI PASSO

Il “Governo dei migliori” avrebbe dovuto compiere un “cambio di passo” che non si è visto. Al generale degli alpini si perdona tutto, ma la campagna vaccinale arranca. L’autonomia regionale continua a far danni. Il Governo è succube dei ricatti continui di Salvini. Potremmo anzi dire che il Governo sta lavorando in una perfetta logica di continuità con quello precedente. Ciò avviene perché le condizioni oggettive nelle quali opera sono da tempo stabilite. L’errore più grave del Governo precedente è non aver finanziato la Irbm, azienda di Pomezia che, dopo aver preso parte alla ricerca, intendeva partecipare alla produzione del vaccino AstraZeneca (come spieghiamo nell’Osservatorio Economico). Se così non fosse stato avremmo ora un accesso diretto del Paese alla produzione di vaccini, invece di elemosinare le dosi.
Il generale alpino poco può rispetto a una sanità che è efficiente a macchia di
leopardo. Non è una soluzione nemmeno il commissariamento, perché dove la situazione è marcia non c’è rimedio: due prove tragiche ci vengono dalla sanità in Calabria, dove il neocommissario, un ex prefetto e poliziotto, non è in grado nemmeno di fare arrestare i tanti “altri” che hanno avuto libero accesso ai vaccini e se li distribuiscono con criteri clientelari. Altra cartina di tornasole è costituita dalle vicende della sorella della sanità lombarda, quella calabrese. alla quale è legata a filo doppio, (grazie alla politica di esportazione dei malati): allo scandalo delle prenotazioni mancate segue scandalo, le lunghe file al freddo dei non prenotati. Con buona pace del genio Bertolaso e della signora Moratti, che quasi fa rimpiangere Gallera, entrambi preferibili comunque nella versione Crozza.

Poteri regionali e autonomia differenziata

La disastrosa e criminale gestione della sanità da parte di alcune Regioni, le inefficienze diffuse, non sono solo frutto di una classe politica regionale, incapace e inefficiente, ma anche di politiche sanitarie complessive sbagliate. Un esempio per tutti: la distruzione del tessuto dell’assistenza sanitaria territoriale nelle Regioni che hanno privilegiato i finanziamenti alla sanità privata e scelto la politica dei grandi ospedali di “eccellenza” come luoghi per concentrare i malati, soprattutto lungodegenti e gravi, per gestirli anche finanziariamente.
A questo disastro si pone rimedio solo con un piano sanitario nazionale, esercitando poteri già consentiti dalla Costituzione che all’art. 117 q). Se il Governo volesse dare un segnale effettivo di discontinuità dovrebbe farsi carico di tutti quei problemi che non possono essere affrontati adeguatamente dalle singole Regioni, come ad esempio gli
approvvigionamenti di medicinali e dei dispositivi medici, l’allestimento di nuove strutture ospedaliere, l’apporto di personale sanitario, la creazione di una banca dati nazionale delle persone fragili, sistemi di coordinamento e di dialogo tra le banche dati che operano in campo sanitario. approfittando dell’occasione per iniziare nei fatti quel lavoro di ristrutturazione del servizio sanitario. ineludibile alla luce di quanto è avvenuto.
Sul piano politico Governo e partiti, a cominciare da quelli di sinistra, dovrebbero riflettere sugli effetti della richiesta di autonomia differenziata che si riproporrà probabilmente alla fine dell’emergenza Covid.
Quando avvenuto con la sanità rischia infatti di ripetersi, ad esempio, allargando le competenze delle Regioni in materia scolastica. Sono almeno due i motivi alla base di questa richiesta: portare nel bilancio regionale la gestione delle retribuzioni del personale, attraverso i ruoli regionali degli insegnanti, ingrassando così a dismisura la fame rapace degli amministratori regionali e almeno per una parte delle Regioni la gestione del personale a base “etnica”, come rafforzamento dell’autonomia di campanile, in ottica sovranista.
Il “governo di migliori” ha tra i propri obiettivi dichiarati la riforma dell’istruzione e della formazione, anche investendo le risorse del Recovery Found; ebbene, lo faccia, escludendo definitivamente le Regioni dalla spartizione della torta e rafforzando un sistema di formazione pubblico, nazionale, unitario per tutto il paese, rispettoso dell’autonomia scolastica, ma non sostenitore dell’autonomia regionale (politica) di gestione del sistema istruzione. È questa l’occasione per ritornare a una scuola pubblica, eliminando il criminale sistema integrato pubblico privato della scuola, voluto da Luigi Berlinguer, propagandato dall’Ulivo, fatto proprio dalla “mala scuola” di renziana memoria. Abbiamo forti dubbi che ciò avvenga!

Seconda discontinuità: la gestione del Recovery Faund

L’altro fronte sul quale il nuovo governo avrebbe dovuto segnare una discontinuità è quello della messa a punto e gestione dei piani di utilizzazione del Recovery Faund. Sull’argomento, al momento, una sola risposta: non pervenuto!
Per quanto se ne sa i piani di intervento predisposti sono rimasti quelli del vituperato Governo Conti, con qualche spostamento nelle voci di spesa, anche rilevante, ma sul quale manca ogni certezza. Dunque la discontinuità nel metodo di elaborazione certamente non c’è, almeno per ora. C’è da pensare che la discontinuità potrebbe emergere nella gestione, ma in che senso e in che modo non è dato sapere. Si dice che vi sarà un più diretto coinvolgimento dei Ministeri e delle strutture dello Stato e intanto si vocifera di assunzioni di esperti, né più né meno che come si proponeva di fare il precedente Governo. Forse le modalità contrattuali saranno diverse, ma fino a che punto incideranno sulla sostanza?
L’elaborazione di piani verrà resa nota alla fine di aprile, ma dov’è il richiesto coinvolgimento del Parlamento della cui assenza si imputava il Governo Conte. Nelle segrete stanze di Ministri incaricati e nella testa del Presidente del Consiglio viaggiano pensieri e progetti dei quali non è dato sapere nulla. D’altra parte l’alone di supertecnico che circonda Draghi e i suoi Ministri fa passare in secondo ordine queste richieste e mette la sordina, per il momento, alle contese su chi e come gestirà la torta.

La politica estera

Mentre ancora la sinistra italiana è ancora vittima dell’aver scambiato le elezioni Usa come una manifestazione dello scontro tra destra e sinistra e non ha compreso i delicati equilibri tra le diverse componenti che hanno portato Biden alla vittoria, immemore delle caratteristiche peculiari delle amministrazioni Usa in politica estera, non tiene conto del
fatto che in questo settore i democratici Usa saranno aggressivi e guerrafondai. Le avvisaglie vengono dai territori orientali dell’Ucraina, dove sono ripresi i combattimenti, dall’opposizione feroce dell’amministrazione Biden alla costruzione del North stram 2 per contrastare la politica tedesca, dal sostanziale disinderesse per la guerra del Corno
d’Africa che rischia di coinvolgere Sudan, Etiopia e Egitto, in un conflitto armato per la gestione delle acque del Nilo.
Soprattutto quest’ultima vicenda non dovrebbe lasciare indifferente l’Italia nel momento in cui il suo Presidente del Consiglio vola in Libia, dove l’Egitto è coinvolto, a promettere investimenti e si complimenta con i libici e la sua guardia costiera per il “salvataggio” di migranti, uccisi, picchiati, torturati e stuprati nei cosiddetti “centri di accoglienza” sia pubblici che clandestini. Viene il sospetto che non si tratti solo di amore per gli affari dell’ENI nel Paese ,ma anche di una strizzatina d’occhio al suo alleato di governo Salvini. Qui la continuità c’è ancora, ma col Conte I.

La trazione Salvini del Governo

La presenza del partito di Salvini al Governo era stata presentata come necessitata ma marginale, gravida di positive conseguenze politiche: la Lega si fa mansueta, vince la componente Giorgetti & Garavaglia, l’ala governista, si emargina il salvinismo sovranista. Tutte cazzate.
È in corso invece un abile gioco delle parti in base al quale nel mentre si gestisce e regolamenta il flusso di finanziamenti alle imprese, si mette la mordacchia alle crisi aziendali (di quelle ereditate nessuna è stata risolta o avviata a soluzione), si sceglie la quasi liquidazione di Alitalia, per tanto tempo rinviata e non si sa come la messa a norma dal punto di vista ambientale e sanitario delle imprese troverà posto nel Recovery Found, primo fra tutti il destino dell’ILVA di Taranto e non solo.
Questo Governo ha consegnato alla Lega la gestione di settori strategici produttivi, come il Ministero dello sviluppo economico e quello del Turismo, importantissimo quest’ultimo per l’incidenza del settore sul PIL. A riguardo dell’industria il Ministro ha rilevato c0me “il nostro Paese abbia bisogno di un radicale cambiamento di approccio che collochi finalmente la figura dell’imprenditore – imprenditore inteso come persona fisica e quindi non tutti i fondi finanziari e d’investimento che pur sono importanti per il funzionamento della nostra economia – e dell’impresa stessa al centro dell’attenzione per il ruolo imprescindibile che essi possono svolgere per assicurare solide prospettive di crescita dell’economia “. Perciò per quanto riguarda il coinvolgimento dello Stato in economia, “Si tratta non tanto di riportare alla sfera pubblica una parte degli assetti produttivi nazionali quanto di collocare la scelta degli strumenti di intervento in una cornice che valuti, sulla base dell’esperienza pratica, l’utilità di ciascuno di essi, i potenziali progressi conseguibili con alcuni correttivi e il rilievo che possono assumere con riferimento alle priorità che si intendono perseguire. (relazione del Ministro delle attività produttive , 8/4/2021, alle Commissioni congiunte di Camera e Senato).
Ce n’è abbastanza per affermare che le schermaglie a proposito delle aperture, il corteggiamento delle partite IVA ecc., sono solo un espediente propagandistico che nasconde aspetti di sostanza sugli assetti economici e di potere.

La Redazione