L’appuntamento

L’inquilino di Palazzo Chigi ha scelto il terreno sul quale si svolgerà la battaglia finale: il referendum di ottobre sulle riforme costituzionali. E’ una battaglia che intende combattere in prima persona, per darle la forma e la sostanza di un plebiscito
che dovrà riconoscere in lui il capo. Così si realizzerebbe il “Piano di rinascita democratica” voluto da Licio Gelli.
Il bischero di Rignano sa bene che andare allo scontro in occasione del voto amministrativo di primavera per dimostrare di tenere in mano il paese è perdente. Il partito del quale dispone è sgangherato e sconnesso, screditato, isolato a “sinistra”, incapace di catturare consensi a destra, pieno zeppo di indagati. I quadri intermedi semplicemente non esistono, sono delle nullità assolute come il digiunatore radical-schick candidato a sindaco di Roma, come il manager double face Sala a Milano (mezzo uomo della Morandi e renziano dell’ultima ora), e compagnia cantando un po’
ovunque per l’Italia. Il premier sa di non potersi spendere a livello personale più di tanto e allora punta al referendum per confermare una riforma costituzionale che è la riproposizione pressoché letterale del Piano di Rinascita democratica concepito dal capo della P2 Licio Gelli nel suo eremo di Villa Wanda, ad Arezzo, in uno spazio di inquinamento ambientale che vede presenti i clan Boschi e Renzi e che ha trovato lucidi idioti in Luciano Violante prima e in Anna Finocchiaro poi. All’allegra congrega si aggiungono i componenti del “Giglio magico”, fatta di giullari e faccendieri che spaziano dalla ristorazione made in Italiy, all’informazione RAI e non solo, alla gestione di servizi di cibersecurity, ai proprietari di garçonnière a frequentazione gratuita e chi più ne ha ne metta.

L’assassinio della Repubblica e delle libertà democratiche borghesi

La lotta di liberazione nazionale che si è espressa nella Resistenza al nazifascismo aveva trovato un compromesso intorno alla costruzione di una Repubblica liberale, che si era dotata di una Costituzione garantista, caratterizzata da pesi e contrappesi tra i diversi poteri costituzionali (Parlamento, Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale, Magistratura, Governo) che condizionavano fortemente il potere assoluto dell’esecutivo, caratteristica del fascismo. A combattere questo accordo politico provvidero fin da subito i fascisti. E’ ormai noto il ruolo del gruppo di agenti del servizio segreto capitanato da Gelli e sono note le coperture politiche di cui godeva grazie ad un patto di sangue siglato con il PCI di Pistoia che, in cambio dell’assassinio dell’anarchico capo partigiano Silvano Fedi, concesse a Gelli, ufficiale delle milizie fasciste, il diploma di partigiano.
Grazie alla verniciatura democratica le trame di Gelli poterono svilupparsi con la creazione della P 2 che mise a punto una strategia di destabilizzazione della Repubblica e delle istituzioni sviluppatasi durante tutti gli anni sessanta, settanta e ottanta del secolo scorso. Non c’è strage, non c’è attentato, non c’è ruberia e lotta di
potere, non c’è corsa alle poltrone di manager di Stato che non ha visto tra i registi uomini della P 2 e loro associati.
Un primo grande successo questa accolita di assassini e delinquenti la ebbe con l’imposizione del ventennio berlusconiano, anch’egli pduista, mentre gli inciuci, le connessioni e i coinvolgimenti si infittivano.
Intanto nelle sue diverse versioni trasformiste il PCI diveniva il PD. Mano a mano che questo partito cambiava nome si liberava delle scorie delle sue origini di classe e di partito operaio per divenire un contenitore di affaristi e di ladroni, riuscendo a mantenere, per affettività, almeno in parte il consenso delle classi e dei ceti subalterni. Ora affronta l’ultima fase di trasformazione e ambisce a diventare Stato, partito della Nazione.
Va collocata in questa prospettiva la legge elettorale maggioritaria finalizzata a consentire che un partito che raccoglie il consenso del non più del 30 % del corpo elettorale possa governare affidando al suo capo il comando di tutto. Nasce così il cosiddetto “Premierato” al quale il mai eletto leader del PD aspira e che intende
farsi conferire attraverso il referendum sulla riforma della Costituzione messa a punto nella visita al Dipartimento di Stato nel 2007 insieme alla sua compagnia di saltimbanchi nella quale primeggiava fin da allora una signorina aretina di frequentazioni che contano.
Nasce così la riforma costituzionale Renzi-Vedini e il pericolo è grande perché il rafforzamento dell’esecutivo, l’assenza di contrappesi al suo potere, instaurano un regime autoritario preclusivo di qualsiasi cambiamento in senso libertario della società, stroncano sul nascere e rendono impossibile qualsiasi cambiamento di sistema, precludono allo sviluppo di quella partecipazione e di quel progressivo coinvolgimento i tutti che è la sola condizione per produrre un mutamento dei rapporti sociali e costruire una società più giusta, capace di liberare dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

Noi e loro

Noi non siamo tra i sostenitori della delega e quindi non siamo propensi a partecipare al banchetto elettorale. Siamo anzi convinti che la delega vada esercitata con controlli e limiti precisi e che essa debba contemplare forme di controllo, di verifica e di revoca del mandato e che vada legata profondamente all’esercizio della democrazia diretta. Tuttavia un referendum istituzionale è altra cosa rispetto alle elezioni del Parlamento e riguarda le regole del gioco istituzionale e perciò una tale scadenza non può vederci assenti.
In questo caso non si tratta di sola partecipazione al voto, ma di impegno diretto con tutte le nostre forze in occasione del voto, per battere il disegno dei nipotini di Gelli che sciamano come piattole immonde da un canale televisivo all’altro per propagandare il loro prodotto.
Ci divide da loro un odio profondo, una repulsione assoluta, che ci fa desiderare di schiacciarli a più presto e che ci fa godere al pensiero di sentire lo scoppio sotto i nostri piedi di queste immonde blatte che hanno occupato gli scanni del Parlamento, i Ministeri, ogni spazio e interstizio di potere, che si sono insediati nelle banche e nelle aziende di Stato, che condizionano e affliggono la vita di tutti noi.
Ci divide da loro la riforma del mercato del lavoro, la negazione del rinnovo dei contratti, la politica fiscale, l’attacco alle pensioni, alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali, sentiamo offesa la dignità delle persone, la loro libertà, la giustizia sociale.
Guardiamo al referendum sulla Costituzione come un’occasione per liberarci in un colpo solo di questa accolita di esseri immondi e ne guadagnerà certamente la nostra qualità della vita, la nostra salute e la nostra dignità.

La Redazione