Lotta di classe

L’idillio comincia a finire e la discesa dei consensi è cominciata; ci vorrà ancora tempo ma il ciarlatano fiorentino ha perso lo smalto Il vecchio elettorato del PD comincia ad andarsene Per ora non è molto evidente perché un’alternativa di sinistra istituzionale non esiste, perché i 5 stelle si sono autoscreditati, perché l’aumento dei non votanti lascia invariato il calcolo delle percentuali tra quelli che hanno espresso un voto, ma i voti ottenuti in valore assoluto da tutti sono sempre meno. La disaffezione dalla
politica aumenta.
La parola è passata alle piazze; scioperi e manifestazioni si moltiplicano e solo la CISL rimane a sottrarsi allo sciopero generale contro il Governo. Ma ciò che dovrebbe preoccupare Governo e padroni non sono gli scioperi e nemmeno le manifestazioni; non dovrebbe preoccuparli nemmeno il progressivo sfrangiarsi del PD. Anzi meglio depurarlo di certe presenze. Ma il fatto che ciò che avviene è il frutto della frammentazione sociale, della dissoluzione del tessuto connettivo del paese.
Quello che deve preoccupare noi è che il disagio sociale evidente che coinvolge tutti si trasformi in una guerra fra poveri tra persone di origine italiana e immigrati; che il conflitto venga gestito dalla destra sociale che porterebbe a soluzioni autoritaria e razziste, le più favorevoli al capitale e ai padroni.
Perché riparta un ciclo di lotte durature ed efficaci occorre capire come è stato possibile arrivare a questo punto, come hanno potuto i padroni disarticolare l’organizzazione dei lavoratori. Certo, c’è stato il ruolo della giustizia mancata che manda in giro impuniti i padroni dell’Eternit che ha ucciso e continua ad uccidere, che fa altrettanto con la Tissen che ha ucciso a Torino, con l’Ilva che continua a uccidere a Taranto e con mille e
mille assassini in giro a godersi il profitto dei loro crimini. C’è stato un ruolo crescente delle multinazionali capaci di giocare il proletariato dei paesi sviluppati con quelli del terzo mondo, spostando lavorazioni e aziende alla ricerca di un costo sempre minore della manodopera. Ed altro ancora.
Ma tutto questo non sarebbe bastato senza la delega dei propri interessi a una burocrazia sindacale, senza la rinuncia all’auto organizzazione, senza l’abbandono degli strumenti per capire quanto stava avvenendo, senza la rinuncia a combattere casa per casa, lavoro per lavoro. Metro dopo metro opponendo ai padroni la
solidarietà sociale e l’unità degli sfruttati.
Bisogna ritornare dunque alle ragioni profonde di contrapposizione tra capitale e lavoro, bisogna rendersi conto che il dialogo è finito, che non è più tempo di concertazione ma di contrapposizione e di lotta perché gli interessi tra padronato e lavoratori sono inconciliabili.
Fino a quando un uomo o una donna venderanno il proprio lavoro in cambio di un salario devono esistere strumenti e regole per contrattare questa vendita, deve esistere la possibilità di costruire una rete di sostegno alla parte più debole dei contraenti: i lavoratori.
Perciò riprendiamo in mano la nostra memoria, risvegliamo la nostra coscienza per condurre una guerra di classe in difesa dei nostri diritti e interessi, forti dell’esperienza, capaci di recuperare le ragioni e i metodi dell’auto organizzazione, confortati e irrobustiti dalla solidarietà di classe e dall’unità di lavoratrici e lavoratori.
Il primo obiettivo è ricucire e collegare tra loro i diversi fronti di lotta sul territorio, nei posti di lavoro come nella scuola, nella sanità come nei servizi coinvolgendo tutti coloro che vivono sul territorio sia essi cittadini o persone provenienti da altri paesi. Accomuna tutti la collocazione di classe, tutto ciò che ci separa dai padroni.

La redazione