Il bischero rampante

Cambio della guardia al Governo del paese. Cade Letta, sale Renzi.
Si dirà che c’è l’alternanza tra due democristiani, ma non è la stessa cosa.
Mentre Letta era inquinato dalle frequentazioni dei cattolici sociali, Renzi no: è democristiano puro e questo in certi ambienti conta.
Inoltre Letta, responsabile dell’Aspen Institut in Italia, terminale di importanti lobbies internazionali come quella del Bilderberg e delle banche d’affari, soprattutto anglosassoni, era il portatore di interessi di chi si stava spolpando pezzo per pezzo quel che rimaneva del capitalismo made in Italy.
Renzi invece è stato scaraventato in campo da molto del capitalismo nostrano, che gravita intorno al Consiglio di amministrazione della RCS, ad alcune Banche e ai partiti di fatto costituiti dai grandi giornali, Repubblica in testa, con una missione: chiudere i conti in modo definitivo con l’avversario di classe in modo tale da porre una pietra tombale sui diritti dei lavoratori conquistati nei precedenti cicli di lotte e quindi escludere ogni possibilità
di rialzarsi per almeno due generazioni. Lo strumento: incidere sul piano delle riforme strutturali e di quelle istituzionali in modo che il risultato costituito dalla sconfitta a tutto campo dei lavoratori si consolidi. Ma vediamo i fatti:

La fine dei partiti

L’ascesa di Renzi ai vertici del PD ha segnato la fine dell’ultimo partito non personale. Si tratta di una morte che viene da lontano e a una oligarchia di maggiorenti si è sostituito un uomo solo e ciò ha provocato l’’immediato riallineamento anche dei parlamentari eletti che hanno un unico obiettivo: autoconservarsi fino al 2018. Per farlo per ora devono diventare renziani e l’hanno fatto. La fine dell’ultimo partito stile Novecento ha due effetti
1) la crisi definitiva di un sistema istituzionale nato sull’esistenza dei partiti,
2) la fine di un equivoco storico: non solo non c’è più il PCI o quello che ne fu, ma non c’è più un partito anche lontanamente comunista. E questa è la fine di un bell’equivoco perché il PCI non fu mai comunista!
Allora si possono rimescolare le carte senza rituali elettorali e simulacri di democrazia e quindi Renzi va al potere e a cascata, nelle amministrazioni regionali e soprattutto nella gigantesca tornata di nomine dei dirigenti dei diversi organi e aziende pubbliche (ben 500) che ci sarà a marzo i boiardi di stato si riposizionano grazie a Renzi. Bisogna che sia il nuovo Governo a fare le nomine per avere il potere reale e durare. In questo panorama di completa desertificazione van bene tutti, basta che giurino fedeltà al capo, al quale del resto sono legati i loro destini.
La Repubblica parlamentare è finita e il primo a capirlo è stato Re Giorgio che non potrà più esercitare i poteri del Re senza esserlo e quindi ritorna a un simulacro di consultazioni e ai riti formali della Repubblica con qualche strascico di abitudini acquisite, come quella di far consumare le crisi senza neanche un passaggio parlamentare. Così da l’incarico a un bischero che si presenta senza un programma dichiarato, ma semplicemente … vuole fare. E infatti le dichiarazioni sono tutte del tipo: lasciamolo fare, c’è bisogno di fare,
mettiamolo alla prova per vedere se sa fare.

La politica del fare

L’uomo del giglio è pronto a darci una legge elettorale fatta in modo tale che al numero minimo dei voti corrisponda il più alto numero di seggi. Per riuscirci bisogna allontanare ancor più le persone dal voto (48% di astenuti alle elezioni in Sardegna, 47% in quelle precedenti del Friuli dove è stata eletta l’ineffabile Serracchiani, un fulgido esempio di cretinismo giovanilistico!). La tecnica è quella di indurre gli elettori votanti a distribuirsi tra pochi competitori con soglie di sbarramento, premi di maggioranza, doppi turni. La legge
elettorale concordata con Berlusconi, vero campione di democrazia piduista, è chiara a riguardo, tanto che lui rassicura “non preoccupatevi Renzi è un democristiano”. Ritorna così in vigore e viene applicata la teoria di Michels sull’autoriproduzione delle classi dominanti e Berlusconi partorisce i renzini ( si veda la rubrica cosa c’è di nuovo).
Messa a posto la questione dei numeri dei parlamentari votanti si passerà alla riforma istituzionale, conferendo all’esecutivo il massimo dei poteri e speditezza decisionale senza controllo alcuno. A garantire gli italiani penserà la provvidenza.
I timidissimi segnali di ripresa ci dicono che il ferro va battuto finché è caldo. I lavoratori sono frustrati dalla crisi. Bene, si fa la legge sulla regolamentazione dei sindacati, attuando l’art. 39 della Costituzione.
Rispetto al suo contenuto un pallido ma efficace esempio ce lo offre l’accordo sindacati confederali – Confindustria sulle rappresentanze che introduce il maggioritario anche nelle assemblee dei lavoratori e sanziona il dissenso con espulsioni e emarginazioni.. Poi toccherà alle forme di contratto e allo smantellamento delle tutele, ma a questo penserà il Parlamento. I committenti della manovra di avvicendamento richiedono che il prezzo del sostegno venga pagato subito e per intero. Perciò niente più possibilità di impugnare licenziamenti per giusta causa e mancato giustificato motivo e tutela a geometria variabile: si comincia con meno tutele per i neo assunti e via via le tutele crescono se non si muore prima o non si viene licenziati. Un modo per aiutare i giovani nell’ingresso nel mondo del lavoro. Il patto di solidarietà tra lavoratori e pensionati è stato ormai rotto con la riforma del sistema pensionistico (vedi l’articolo sull’INPS) e ora ci sono le condizioni per
individualizzare i rapporti di lavoro e stroncare ogni aggregazione possibile. Il nome dell’operazione è affascinante Job Act.
Poi toccherà all’apparato amministrativo, con una drastica dismissione di attività e di servizi, mascherata con qualche snellimento burocratico e procedurale. Ricordiamo a riguardo che il bischero fiorentino fu uno dei sostenitori del finanziamento degli asili privati in occasione del referendum bolognese sui finanziamenti alla scuola pubblica. Dobbiamo attenderci una privatizzazione degli asili, tanto per cominciare.
L’esternalizzazione dei servizi, il passaggio da servizio pubblico a servizio universale, dovrà dare la possibilità al capitale privato di investire nei servizi e ricavarne profitti, in linea con la sussidiarietà sponsorizzata dal cattolicesimo che attraverso le sue “opere” è pronto a lucrare nella nuova situazione.
Poi toccherà al fisco dove la riduzione delle tasse avverrà, finanziata dalla riduzione dei servizi e delle risorse pubbliche: perciò meno sanità, meno prevenzione delle malattie, più privato, più privato, più privato.
C’è chi ha suggerito al giglio fiorentino una soluzione di tipo svizzero o di seguire l’esempio di Obama, abolizione della sanità pubblica attraverso l’imposizione di una assicurazione sanitaria obbligatoria affidata a compagnie private che dovranno praticare ai sottoscrittori delle polizze prezzi calmierati. Così’ le compagnie assicurative a cominciare da Unipol potranno prosperare.
I “consigliori” del bischero la sanno lunga e lo avvertono che bisogna andare per gradi, anche se lui vorrebbe correre e intanto gli spiegano che la formazione del Governo è una cosa un tantino più complicata. Ma i sostenitori del nuovo demiurgo sono tranquilli: morto un Renzi se ne fa un altro.

Noi e loro

L’Italia che dette vita all’attuale Costituzione non c’è più, le forze politiche dell’arco costituzionale sono una squallida e penosa rappresentazione di quello che fu in passato questo schieramento: basti dire che ne fanno parte i renziani e Berlusconi! Costoro si propongono di costruire le nuove regole, le nuove istituzioni.
Bisogna fare di tutto per contrapporsi a questo progetto. Occorre innanzi tutto smascherarlo e proporre istituzioni che nascano dal basso, dalla gestione del territorio e dalle presenze che vi sono a cominciare dai lavoratori, dai disoccupati, dai migranti, dalle donne e dagli uomini e da ogni componente sociale i cui interessi vanno ricomposti ed aggregati. Perché è proprio sugli interessi che si può costruire il futuro e perciò alla
cittadinanza noi dobbiamo contrapporre il diritto dei residenti, alla famiglia tradizionale o legale le famiglie di fatto o allargate, che sono ormai l’altra metà del cielo, le organizzazioni di prestatori d’opera che mettono sul mercato la loro forza lavoro, il loro tempo-vita. Questo progetto necessita, per avere le gambe sulle quali camminare, di forme nuove di rappresentanza caratterizzate dal superamento della delega elettorale e dall’assunzione di responsabilità di ognuno attraverso la militanza come soggetti sociali.

La redazione