I POLITICI NEL GOVERNO

Il sistema Emilia Romagna: i ferraresi

Ben due Ministri del Governo del nuovo vate vengono da Ferrara: Franceschini e Bianchi. Viene da chiedersi come faccia un Partito il cui gradimento in una città è in caduta libera, tanto che il Comune è in mano alla Lega, ad esprimere ben due Ministri. Per cercare di capirlo occorre riflettere – sia pure per larghe linee – sulla struttura del PD emiliano-romagnolo e sul radicamento storico di questo partito nella Regione e sulla sua struttura di potere a livello regionale.

Le basi storiche del PCI in Emilia Romagna

Fin dalla sua fondazione il Partito Comunista ha avuto un forte radicamento in Emilia Romagna. Nei territori della Regione traeva linfa da un Partito Socialista ben presente e erede delle lotte contadine, paradossalmente di quelle stesse lotte che Gramsci si ostinava a snobbare, considerando le masse contadine prevalentemente cattoliche e rappresentate dal Vaticano e dal Partito Popolare. Basta leggere a riguardo gli
articoli di Cesare Seassaro su “L’Ordine Nuovo” e molti  egli editoriali ispirati da Gramsci per rendersene conto [1]. Ciò malgrado contadini e operai portarono un grande contributo di lotte e di militanza nel Partito Comunista che si concretizzò nelle lotte partigiane. Benché le formazioni che operarono nella Resistenza avessero anche nella Regione una folta presenza libertaria e anarchica, ma anche socialista e repubblicana, non vi è dubbio che il Partito rifondato da Togliatti seppe diventare egemone nella Regione più per le incapacità delle altre formazioni politiche che per meriti propri.
Grazie al ruolo svolto da ottimi amministratori locali che seppero diventare sindaci amati e benvoluti e guidare la ricostruzione, il Partito si radicò profondamente nella Regione, identificandosi con il suo tessuto economico. Prese infatti il controllo del cooperativismo ricostruito, ed anzi lo promosse, infeudò le isole operaie pur presenti nel territorio. Si ricordano figure storiche note per il buon governo come Giuseppe Dozza e
Guido Fanti a Bologna, Cesare Ciampoli e Renzo Bonazzi a Reggio Emilia, Alfeo Curasoni e Robes Trivia a Modena, Gino Gatta a Ravenna, Giovanni Buzzoni e Werter Curti a Ferrara. In queste due ultime città il PCI dovette spartire la gestione del Comune con i Repubblicani e si vide sottratta dalla Democrazia Cristiana la rappresentanza della città di Piacenza, già nel 1950, perché la sua struttura economica era diversa e protesa
verso la Lombardia e perché la città sapeva della “accidentale” scomparsa di Emilio Canzi, capo delle formazioni partigiane di orientamento libertario, vista di buon occhio dal Partito e non perdonava.
Fondandosi sulla buona amministrazione di quegli anni il Partito si è ben radicato sul territorio, al punto da poter esprimere fin dalla sua nascita, nel 1970, il Presidente della Regione. È da allora che è iniziata una rotazione che rifletteva la prevalenza della componente del Partito che deteneva “il controllo “della Regione. Si è perciò iniziato con Fanti, che proveniva dalla prestigiosa gestione del Comune di Bologna, per passare lo scettro ai ravennati, con Sergio Cavina, al quale successero i modenesi Lanfranco Turci e Luciano Guerzoni.
Quando il Partito Comunista Italiano si sciolse i criteri per l’individuazione della leadership e quelli per l’individuazione del Presidente della Regione che avrebbe dovuto assicurare la continuità della classe di potere nella gestione regionale mutarono e divennero più politici, perdendo per alcuni versi il radicamento territoriale:
Toccò quindi al socialista Enrico Boselli dirigere la Regione, seguito da Pier Luigi Bersani, sostenuto dalla componente cattolica del partito e dai prodiani, al quale successe un altro prodiano Antonio La Forgia. Il criterio del potere territoriale tornò con Vasco Errani, esponente del partito ravennate, erede del PCI, ma espressione del potere che gli ambienti politici e economico-bancari e le potenti consorterie della città
esprimevano.
Caduto Errani, dimessosi a causa di un’inchiesta per coinvolgimento negli affari di suo fratello, poi assolto da ogni accusa, il Presidente ebbe come successore Stefano Bonaccini, espressione del partito modenese e proiezione del potere economico del distretto che gravita intorno alla città, la quale ha espresso una grande vivacità dal punto di vista imprenditoriale e soprattutto gestionale del sistema economico. L’attuale Presidente salvato dalle Sardine, più a causa del demerito della candidata leghista da tutti giudicata incapace e impresentabile che per meriti propri, è bramoso di riportare il PD alle glorie renziane senza Renzi.

Ferrara città di potere senza potere

Questa breve e necessariamente sommaria ricostruzione della gestione di potere della Regione e del territorio emiliano romagnolo ci fa capire che in questo contesto la classe dirigente politica ferrarese della sinistra non ha mai brillato, eppure esprime oggi due Ministri. Il fenomeno per essere spiegato ha bisogno di altri elementi di riflessione
La gestione di sinistra della Regione non è stata mai omogenea e in particolare la componente politica cattolica (non dimentichiamolo: la Romagna e una parte dell’Emilia erano papaline) è stata sempre forte e caratterizzata al suo interno da una componente democratica e partecipativa. In effetti la Regione ha offerto al PCI il brodo di coltura per sviluppare il compromesso storico, in stretta coerenza con le origini del PCI nella
sua componente gramsciana. Non c’è da stupirsi che proprio il partito erede di quella tradizione nella provincia più “babba”, si direbbe in Sicilia, esprima oggi la rappresentanza delle forze politiche regionali impersonate da un politico di provenienza cattolica come Franceschini e da uno di area “comunista” comunque espressione di
quell’ambiente di tecnologi e ricercatori che si sono distinti nelle attività professionali più che per le posizioni politiche partitiche, restate alquanto sommerse nel loro cursus onorum.
Francescini capo della componente cattolica ex Margherita del PD, occupa a tempo indeterminato il Ministero dei Beni culturali, dispensando incarichi ai suoi amici e agli amici della sua ex fidanzata; a questi rapporti si devono nomine illustri alla gestione del patrimonio museale e archeologico del paese. Il messaggio che emerge da queste vicende è che il politico non necessariamente deve essere espressione di un territorio, ma basta che rappresenti una componente “culturale”, volta a coprire il residuo aspetto ideologico e intellettuale di un’area politica, oppure che sia espressione di gruppi manageriali e tecnologici, in grado di convogliare verso il territorio rilevanti risorse economiche.
È quanto ha fatto l’attuale Ministro dell’istruzione che, al di là dei suoi incarichi universitari, che di scuola non capisce una mazza: prova ne sia che quando era assessore regionale era uno strenuo sostenitore di un ampliamento delle competenze regionali nel settore, come si evince dalla proposta di autonomia differenziata
messa a punto dalla Giunta dell’Emilia Romagna, di cui egli faceva parte. Cosa lamentava ? L’impossibilità per la Regione nell’ordinamento attuale di istituire un istituto tecnico del mare, per formare i raccoglitori di patelle, mestiere tradizionale che si va perdendo nella riviera romagnola ! Sia detto per inciso: d’altra parte della scuola
le gestione PCI della Regione ha sempre fatto mercimonio, come nel caso dell’adozione della legge regionale sul finanziamento della scuola privata (soprattutto cattolica), per ingraziarsi questa componente politica ed è giunta a negare un referendum su questo problema a 60 mila cittadini che lo chiedevano!
Ma tornando alle competenze in materia scolastica, se è vero che quelle da lui possedute sono piuttosto discutibili, occorre dire che il nostro, in compenso, ha dato vita ad aziende informatiche, centri di studio e tecnologici (come Lepida e ASTER), in grado di attirare investimenti e soprattutto commesse, attingendo a finanziamenti derivati da progetti europei e della cooperazione internazionale. Le sue abilità sono quelle di
trasformare carrozzoni spaventosi in brillanti istituzioni. Ma “non sempre le ciambelle vengono con il buco” come è il caso dall’ Istituto beni artistici, culturali e naturali (Ibacn) dell’Emilia Romagna, gestore incapace del patrimonio culturale della Regione, di fondi europei e di ogni altra attività ad esso attribuita, ristrutturato dal 1 gennaio di quest’anno, che ha dovuto trasferire direttamente alla Regione – per effetto di una specifica legge approvata – le sue attività e competenze, così occultando le inefficienze accumulate negli anni. In questa operazione, come in altre, l’ex Assessore Regionale Bianchi è stato magna pars, come espressione del gruppo di potere dei ferraresi in Regione.
Del suo attivismo tuttavia non ha beneficiato la città di provenienza nel suo complesso che dal 2019 è amministrata da una giunta leghista, egemonizzata da un vice sindaco, dichiaratamente razzista, anche se figlio di partigiani, votata dalla maggioranza dei cittadini ferraresi che, sia pure al ballottaggio, hanno alla fine deciso di scrollarsi di dosso una cappa pesante, costituita da politici poco attenti alle esigenze del territorio e tutti protesi a occupare posti di potere ad alto livello, mentre il degrado e la speculazione in città crescevano. La distruzione delle case del popolo, del tessuto sociale della sinistra in città, ha lasciato spazio a squadracce fasciste che si sono fatte propaganda rincorrendo spacciatori e piccoli criminali e presentandosi alla città
borghese come i sostenitori dell’ordine e della pulizia, salvo poi distinguersi per raccomandazioni e intrallazzi, accaparramento di case popolari, distribuzione di impieghi agli oppositori interni purché tacessero, appena andati al governo della città.
Bisognerebbe che la sinistra ferrarese riflettesse sui meccanismi di trasformazione delle relazioni sociali e sulla trasformazione del tessuto cittadino che hanno portato le famiglie a produrre mostri.

G. L.

1, Sui comunisti e la questione cattolica alle origini del P. C. d I. vedi lo spoglio ragionato de “L’ordine nuovo” e de “Il soviet: G. Cimbalo , La questione cattolica e
la strategia del Partito Comunista d’Italia alle sue origini, “Il Politico, 1975, https://www.giovannicimbalo.it/wp-content/uploads/2021/01/Il-politico.pdf