I grillini e la sindrome di Stoccolma

Il rapporto tra grillini e leghisti è qualcosa di più complesso che il frutto di un “contratto” si alleanza politica Senza alcun dubbio gli eletti dei due partiti hanno posizioni pressoché identiche sull’emigrazione al punto da essere entrambi razzisti (non è un caso che fu il loro leader a definire le ONG taxi del mare) e lo stesso dicasi su molti altri punti, a cominciare dalla cosiddetta anti politica o della lotta alle caste ma come spiegare la disponibilità dei cinque stelle a farsi vampirizzare politicamente al punto da vivere il loro rapporto con la Lega da minoranza, loro che hanno il doppio di parlamentari del a formazione politica concorrente?
A vedere le difficoltà nelle quali i grillini si dibattono per sottrarsi all’abbraccio mortale del caporale del Papete c’è da pensare che sia in atto una fenomeno psichiatrico: siamo di fronte al primo caso di sindrome di Stoccolma di massa che si sia verificato in ambito politico. In effetti soggetti a identità debole (i grillini) sembrano aver maturato un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva nei confronti del
sequestratore (il leader leghista) al punto da godere durante la costante sottrazione di consenso messa in atto, al punto da provare un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all’amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice. Si tratta in buona sostanza di un caso particolare di fenomeno traumatico, ovvero di quel tipo di legame del quale una parte gode di una posizione di potere nei confronti dell’altra che più diviene vittima di atteggiamenti aggressivi o di altri tipi di violenza, tanto più confida nel manipolatore che esercita la funzione dominante, e gode quanto più questo infierisce, alternando punizione a premi. Insomma un caso di sadomasochismo!

Il contratto

Apparentemente l’alleanza di governo veniva presentata come il frutto di un contratto sottoscritto dalle parti: niente di nuovo o di diverso rispetto a quanto avviene in altri contesti politici dove forze politiche tra loro diverse concordano per necessità un programma comune, fatto di reciproche concessioni. Il fatto è però che nei concreti comportamenti la personalità dominante risultava essere la Lega, in quanto capace di rappresentare plasticamente la propria leadership e questo perché il caporale sequestratore, soggetto dominante del rapporto, disponeva di un apparato di condizionamento mediatico che lanciava ripetutamente il messaggio: “siete prigionieri, prigionieri dei migranti che vi assediano, vi tolgono lo spazio vitale. Se state male è colpa loro io vi libererò impedendo loro di arrivare. Vi capisco non ne sopportate l’odore, il colore della pelle le abitudini, tutto. Io sono insieme sequestratore dei miei alleati e liberatore forza di polizia , istituzione che vi difende. “ Un cocktail formidabile e di sicura efficacia tanto più securitario quanto più adatto a produrre negli alleati la Sindrome di Stoccolma.
Dall’altra parte, a guidare le truppe un maneggione cretino, convinto che bastasse un po’ di buona volontà a supplire alle tante carenze dal punto di vista programmatico. Gli avevano detto che il Movimento disponeva di una solida base programmatica ma l’avversario lo costringeva – lui inconsapevole – a abbandonare l’ancoraggio programmatico ai principi come si sfoglia un carciofo. Prima la TAP, poi l’Ilva, poi il Tav ecc. al punto che il patrimonio identitario si dissolveva sempre più con il risultato del completo assoggettamento della cannibalizzazione piena.

Il club degli imbecilli

Ma come è stato possibile la circonvenzione d’incapace di un intero movimento politico? Come spiegarlo se non con il processo di forsennata verticalizzazione che ha indotto i proprietari del movimento a nominare un capo facente funzioni e quindi hanno rinunciato ad utilizzare lo strumento degli organi collegiali coma antidoto, o almeno come barriera alla manipolazione, messa in atto dall’avversario?                                  La nomina del capo politico del movimento in solitaria, privo della cassa di compensazione anche formale, di un organismo collettivo in rappresentanza delle diverse sensibilità e istanze del movimento, ha reso plasmabile il delegato dei proprietari, reso ancor più debole dall’immaturità dei comprimari a cominciare dall’inconsistente turista melanconico, buono soltanto ad arringare demagogicamente alle piazze. ma del tutto inconsistente su ogni altro piano. Che dire poi del gaffista ministro delle infrastrutture e degli altri anonimi personaggi che hanno privato di significato l’azione di governo.
In questa situazione gli spot pubblicitari del manipolatore leghista sono riusciti a ben mascherare le attività di sostanza del vero cervello politico della Lega, la Ministra della Pubblica amministrazione che più di ogni altro esponente leghista ha dato la linea al Governo.
Se non che come si esce dalla sindrome di Stoccolma: attraverso uno shock in questo caso causato dalla improvvisa crisi che ha avuto l’effetto di lasciare liberi gli ostaggi!

Il bliz Papete

Molti si sono chiesti le ragioni del bliz del Papete e del repentino scatenarsi della crisi. Si tratta di un evento non casuale che ha più di una ragione: intanto l’elezione del Presidente della Commissione europea ha plasticamente dimostrato l’isolamento della Lega; la maldestra conduzione della battaglia per l’autonomia differenziata ha costituito da un lato una contraddizione per le aspirazioni nazionali della lega e dall’altro giunge fuori dal tempo storico in quanto il progetto economico che la sostiene, con la crisi del modello tedesco rende improvvido e ricco di problemi lo sganciamento delle regioni del nord dall’economia nazionale. A ciò si aggiunga l’incapacità di mettere a punto una manovra economica a causa della ridotta credibilità politica in Europa, dell’inconsistenza dello sganciamento dall’euro vagheggiato da gli economisti della Lega e si capirà che il programma politico da offrire risulta poco credibile a quegli ambienti economici che fino ad ora lo hanno sostenuto. Infine si aggiunga la considerazione che gli ambienti e i salotti romani corrompono ed inquinano e
che l’apparentamento e le frequentazioni quotidiane della famiglia del futuro suocero devono aver influito non poco sulla strategia adottata dal leader leghista. Il risultato è un cocktail di improvvisazione con delirio di onnipotenza tra uno spritz e un drink mojito, sorbito tra un selfie e l’altro.

Le palle del professore

La variabile non considerata è stata costituita dal fatto che almeno uno era rimasto fuori dalla fascinazione della sindrome di Stoccolma. Legato a ben più solide radici, proveniente dallo Studio Alpa, poco distante dalla Via Aurelia, sulla strada da e per il Vaticano, l’inquilino pro tempore di Palazzo Chigi disponeva di ben collaudate difese per resistere alla fascinazione consistente in prestigio professionale, disponibilità
economica, rapporti sociali e una buona cultura. Insomma un soggetto difficile da circuire, in possesso di capacità critica e di personalità: si spiega così la reazione puntuale e tignosa, l’ammissione di corresponsabilità senza la quale avrebbe mostrato di essere stato anche lui vittima della sindrome di Stoccolma, ma al tempo stesso la contestazione dei mille ricatti, delle mille scorrettezze istituzionali accettate per osservare il contratto, ma di volta in volta ben individuate al punto da poterle rinfacciare una ad una, prendendosi il gusto di dare del vigliacco opportunista a un misero caporale, divenuto piccolo piccolo e pugile suonato, abbastanza incredulo di
fronte alla ribellione – una volta che la misura era colma – di una delle vittime ritenuta quella con minore personalità e autonomia, non comprendendo che proprio il ruolo assegnatogli dal contratto lo aveva posto fuori dalla fascinazione della sindrome.

La strategia del pop corn

A questo punto non restava che mettere insieme tutti quelli che avevano interesse a nuove elezioni : il demagogo itinerante Di Battista, Zincaretti interessato a liquidare i gruppi parlamentari renziani, Fratelli d’Italia disponibili all’ammucchiata, mentre attraverso Toti aveva già provveduto a amputare Forza Italia in disfacimento.
Non aveva calcolato le manovre tattiche della galassia renziana, arroccata in una logica aventiniana in attesa della putrefazione grillina e della sua spregiudicatezza nell’imporsi su coloro che erano usciti dalla sindrome;non ha calcolato il ritorno del fondatore preoccupato dello stato comatoso della sua creatura; non ha calcolato gli interessi del proprietario del movimento che vedeva il giocattolo distrutto. Non ha calcolato il fatto
che la fascinazione sovranista entra in crisi in una fase economica che prelude alla recessione soprattutto della locomotiva tedesca che sotto il suo ombrello aveva permesso alle economie dei paesi satelliti di prosperare rette da democrature autoritarie in grado di garantire il controllo della forza lavoro in mercati nazionali protetti tributari dell’economia tedesca. La crisi tedesca infatti rischia di trascinare con se quella dei paesi del gruppo di Visegrád, il fallimento definitivo dell’acquisizione dell’Ucraina, la messa in crisi del mercato di consumo dei prodotti tedeschi e del mercato del lavoro dei Balcani come luogo di esecuzione di parti della filiera dell’industria tedesca.

Il caporale pusillanime

Dal punto di vista militare il caporale ha tenuto un comportamento e atteggiamenti talmente irresoluti e rinunciatari da dimostrarsi meschino e vile. Accortosi di aver pestato una merda, ha cercato di riparare, offrendo al leader dei 5stelle, per ben due volte, la Presidenza del Consiglio, sperando di riportarlo nell’ambito della sindrome. ma perfino a un eterodiretto come lui (o forse proprio perché è un eterodiretto) le profferte sono state giudicate provenienti da un soggetto meschino e vile: se l’elemosina della Presidenza del Consiglio poteva allettare l’ex venditore di noccioline al San Paolo non poteva interessare Grillo. tornato a mercanteggiare direttamente con il vero uomo forte della situazione: Renzi.
Già Renzi, stratega dell’operazione, necessitata per continuare a conservare il controllo dei gruppi parlamentari e alla quale il Segretario in carica del Partito ha risposto nell’unico modo possibile: ponendo come condizione la formazione di un governo di legislatura. Il pericolo del ricatto renziano non è scongiurato del tutto perché controllando i gruppi parlamentari potrebbe sempre staccare la spina al futuro Governo ma, per assicurarsi la maggior durata possibile del Governo e togliere il pallino dalle mani di Renzi, Zingaretti ha stipulato un’alleanza con il motore nemmeno tanto occulto dell’operazione anti Lega: Franceschini e la corrente cattolica del PD, sostenuta dalla Chiesa bergogliana, alla quale fa capo anche il premier designato.
A questo punto le condizioni per il Conti ter (come direbbe il senatore Monti il quale afferma che il Conti bis è durato lo spazio del suo intervento al Senato), ci sono tutte e l’incarico di formare il nuovo Governo può essere dato nella logica di un’operazione parlamentare perfettamente legittima, anche se maturata e costruita più che sulle spiagge di Milano Marittima e in discoteca, nei salotti romani e in qualche felpata stanza
del potere.

Il nuovo governo

Dare una valutazione al momento nel quale scriviamo sul nuovo Governo è prematuro, quando ancora non si conoscono programmi e nomi di coloro che ne faranno parte, ma almeno una cosa ci sentiamo di poter dire sul problema della discontinuità: se non c’è dubbio che questa sia necessaria essa non può riguardare solo la modifica o abrogazione dei due decreti sicurezza che sono molto di più che un provvedimento anti migranti anche se sono vissuti come tali, ma deve contenere provvedimenti immediati per “i penultimi”, ovvero interventi ad esempio sulla tutela dai licenziamenti collettivi e individuali, sulle tasse per i meno abbienti sull’accesso al lavoro.
Soprattutto va aggredita la vera attività del caporale Ministro degli Interni, il re dell’attività di intermediazione di manodopera quello che aveva ottenuto ed esercitava pienamente l’attività di gestione del mercato del lavoro clandestino in nome e per conto degli agricoltori della padania irrigua per il lavoro dei campi e delle stalle a nord come per i mafiosi gestori del mercato delle braccia dei raccoglitori della piana di Gioia Tauro e del Tavoliere delle Puglie come dei territori tra il napoletano e l’agro romano intorno a Villa Literno alimentando con la clandestinizzazione programmata dei migranti il mercato nero del lavoro (e non solo di pelle!).
Solo colpendo i moderni mafiosi negli interessi, più che nei rosari sbandierati nelle piazze, si mette in crisi il loro ruolo e si colpiscono gli interessi dei quali sono portatori, si mina alla base quel patto di sangue stipulato dinnanzi ai santi che per antichi e collaudati rituali di affiliazione hanno invocato siglando la loro alleanza e creando le condizioni del patto elettorale che li ha visti eletti.
L’augurio è che quest’anno sul prato di Pontida bruci l’uomo di paglia che ha animato le notti della movida di questa estate e fornito ai selfisti mai sazi il delirante spettacolo della richiesta dei pieni poteri.

La redazione