ASSOCIAZIONE PER LA SCUOLA DELLA REPUBBLICA

Il 10 aprile 2000, diciannove anni fa, veniva costituita a Bologna l’Associazione Scuola della Repubblica con l’intento di promuovere un movimento unitario per l’attuazione dei principi costituzionali della Scuola statale ed in primo luogo del principio della laicità. L’associazione non era espressione dei nove fondatori ma questi firmavano l’atto costitutivo su mandato di altrettanti gruppi, strutture sindacali e movimenti di base che da anni si battevano nella scuola per affermare i principi costituzionali a partire da quello di laicità. Chi scrive figurava tra i fondatori come delegato del SNU-Cgil di Firenze del quale era stato Segretario.

Era stata infatti la lotta contro l’insegnamento della religione cattolica a spingere le prime aggregazioni dei genitori concentrando l’attenzione contro l’insegnamento diffuso della religione che sulla base dell’art. 36 del concordato del 1929 avrebbe dovuto informare tutto l’insegnamento nella scuola pubblica. Fin dalla sua nascita il movimento di classe e di riforma nella scuola sceglieva il terreno di scontro: da una parte si attivava contro le carenze del sistema di istruzione pubblico creando i doposcuola quale struttura volontaria di sostegno alla parte più emarginata della popolazione scolastica; dall’altro sceglieva il terreno della legalità e degli strumenti offerti dallo stato di diritto iniziando una serie di azioni sul piano legale davanti ai Pretori a sostegno delle lotte condotte nella scuola da famiglie studenti e corpo insegnante per introdurre modifiche nell’insegnamento ed elementi di laicità nel messaggio culturale.
Grazie allo spettro largo di azione adottato il movimento includeva sempre più soggetti individuali e collettivi a partire dalle Chiese diverse dalla cattolica, come quella Valdese e la Comunità ebraica, ma anche a un numero altissimo di comitati di base cattolici, critici verso la gerarchia, molti dei quali nati intorno a parrocchie vicine al dissenso cattolico, forti del messaggio di Don Milani. Un movimento vasto, composito cangiante, gaio e creativo, che si nutriva della partecipazione dei bambini e delle loro famiglie, dei ragazzi, raccogliendo un consenso crescente.
E i risultati non mancarono sotto forma di sentenze favorevoli, a diverso livello, azioni politiche nella scuola come la lotta per una corretta attuazione dei decreti delegati sulla scuola, una raccolta di sei atti normativi emanati in Italia tra il luglio 1973 ed il maggio 1974 che costituirono “il primo tentativo di dare una effettiva, ordinata e coerente attuazione ai principi della costituzione della Repubblica Italiana concernente la scuola statale italiana”, che rappresentarono di fatto il primo testo unico organico riguardante l’istruzione non universitaria nell’Italia repubblicana.[1]

La revisione del Concordato e la lotta nelle scuole per la laicità dell’insegnamento

L’approvazione della revisione del Concordato del 1984, mantenendo l’insegnamento della religione nella scuola dette il via a nuove lotte dove l’azione diretta nelle strutture scolastiche assunse ancor più come strumento di mobilitazione l’azione sul piano legale. Ciò stimolò la nascita di comitati e organismi di coordinamento indispensabili per sostenere l’azione legale, creando una struttura organizzativa capillare, diffusa sul territorio e collaterale alla struttura sindacale. Queste aggregazioni si organizzarono sul territorio assumendo nomi diversi e un unico modello organizzativo, quello a gestione assembleare alimentato periodicamente dalle vertenze che di volta in volta mobilitavano genitori insegnanti e studenti. Il movimento raccoglieva le spinte provenienti dalla società e rappresentava uno dei canali essenziali attraverso i quali si esprimeva la partecipazione alla vita politica dei cittadini su una tematica importantissima per lo sviluppo della società: la scuola, i suoi contenuti e i suoi obiettivi.
I risultati positivi non mancarono soprattutto sul piano legale grazie a ripetute sentenze dei tribunali civili coinvolti dei TAR e della stessa Corte Costituzionale. La normativa pattizia e l’azione governativa di sostegno ad essa venne contrastata, contenuta e limitata nella sua efficacia. ottenendo che gli alunni non optanti per l’insegnamento della religione potessero allontanarsi dalla scuola.
Successivamente il Governo Amato, restringendo gli spazi aperti dai decreti delegati e attuando in modo devastante la riforma del pubblico impiego con il decreto 29/93 e i decreti ad esso collegato produsse una perdita di consensi aprì la strada al primo Governo Berlusconi. Il successivo Governo di centro sinistra, mortificò la capacità di mobilitazione della scuola imponendo la Legge Quadro in materia di Riordino dei Cicli dell’istruzione, producendo una massiccia mobilitazione della scuola e dell’Università che indusse i comitati locali come Scuola e Costituzione di Bologna e Firenze, segreterie nazionali del Sindacato CGIL a costituire l’Associazione Scuola della Repubblica come associazione nazionale di associazioni locali.[2]
Nasceva dunque un’associazione di associazioni, una struttura ramificata in assemblee e strutture locali che sarebbe vissuta e sarebbe stata efficace nella misura e a condizione che le sue radici e articolazioni territoriali lo fossero e lo rimanessero.

Le lotte sul territorio

La caratteristica di Scuola per la Repubblica è sempre stata quella di agire in collaborazione con altri creando piattaforme comuni e reti di alleanza come in occasione del Convegno di Bologna del 2004 “Il lungo attacco alla Costituzione:la risposta del popolo sovrano”, collaborando con i Comitati Dossetti per la Costituzione, Astrid e Libertà e Giustizia. L’associazione ha promosso iniziative di mobilitazione contro la politica scolastica dei Governi Berlusconi anche attraverso iniziative propositive quali la proposta di legge popolare “Per una buona scuola per la Repubblica” sostenute con la raccolta più di 500 mila firme. Costante è stata la lotta contro la politica berlingueriana di sostegno alla scuola privata e all’introduzione del sistema integrato pubblico-privato, lotta proseguita contro i governi Berlusconi e le politiche di Fioroni a favore del medesimo disegno
La caratteristica di Scuola per la Repubblica è stata quella di guardare ai contenuti della Costituzione opponendosi ai governi di sinistra e di destra in nome della democraticità delle strutture scolastiche della laicità della scuola e della sua funzione sociale in attuazione dell’art. 3 della Costituzione ”rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
L’associazione per la Scuola della Repubblica non ha risparmiato la sua opposizione alle leggi regionali a sostegno della scuola privata come ha fatto con quella lombarda, ma ancor più con quella dell’Emilia Romagna, regione nella quale è giunta all’organizzazione di un referendum abrogativo che è costato anni di mobilitazione e a visto il Pd ricorrere ai più ignobili stratagemmi pur di evitare il confronto elettorale e benché la richiesta di votare fosse stata sottoscritta da 65 mila cittadini.
Benché il referendum svoltosi a libello cittadino nel 2013 sia stato vinto l’amministrazione comunale di Bologna e il Pd ne hanno ignorato il risultato dimostrando di non saper cogliere i segnali di crisi del rapporto della sinistra con il proprio elettorato e il sentire popolare.
Sul piano nazionale l’Associazione si è costantemente opposta alla politica del Governo e in particolare alla Gestione Gelmini del Ministero e questa opposizione è coerentemente continuata a fronte dei provvedimenti renziani sulla cosiddetta “Buona scuola”. Ma proprio su questo provvedimento l’Associazione è entrata in una crisi progressiva, malgrado l’iniziativa intrapresa in collaborazione con FLC, Cobas, Gilda, Cub, U.D.S. e tante associazioni nazionali e locali di pervenire all’abrogazione di alcune parti della legge e questo soprattutto per il venir meno della possibilità di coinvolgimento delle OO. SS. o parti di esse. La raccolta firme evidenziò problemi in diversi territori, in particolare nelle regioni del nord. E difficili furono i rapporti fra FLC e CGIL che nel frattempo raccoglieva le firme per alcuni referendum sul lavoro. Il risultato fu che le 470.000 firme raccolte non furono sufficienti per chiedere l’indizione del referendum il che segnala una nascente crisi di comitati locali e dei gruppi di base.

La scuola e la cosiddetta “autonomia differenziata”

Oggi la nefasta proposta della lega di dare attuazione all’autonomia differenziata attacca la struttura nazionale della scuola della Repubblica. L’Italia imbocca così la strada della frammentazione percorsa dalla ex Jugoslavia, iniziata con la regionalizzazione del sistema scolastico nel paese, che differenziava la formazione degli alunni-cittadini non solo a base religiosa o etnica, ma anche rispetto all’accesso alle risorse.
Invece di contrapporsi il Pd si associa con una richiesta da parte della Regione Emilia Romagna, continuando a seminare equivoci come già fece con la sciagurata riforma del titolo V varata per sua scelta in modo divisivo e con una maggioranza risicata e confermata da un referendum al quale ha partecipato solo il 34% della popolazione. Malgrado le difficoltà di trovare alleanze in questo delicato momento politico su iniziativa di Assorep a settembre ottobre 2018 viene proposta la costituzione di un tavolo unitario. La proposta nacque dalla necessità di provare a ridare speranza al movimento per la scuola pubblica uscito sconfitto dalla battaglia contro la legge 107/15.
Il tavolo raccoglie sigle confederali e di base della scuola e associazioni al fine di produrre una iniziativa comune per opporsi al progetto governativo e ha prodotto il 15 febbraio un “appello unitario contro la regionalizzazione dell’istruzione” sottoscritto da più di 30 sigle, che è stato considerato un fatto inedito per la presenza di tutti i sindacati della scuola, appello sottoscritto da migliaia di docenti e cittadini. A sostegno dell’iniziativa viene programmato all’unanimità uno sciopero della scuola per il 17 maggio, disdetto dalle OO.SS. dopo aver firmato il 24 aprile un accordo precontrattuale con il governo.[3]
La firma dell’intesa ha prodotto la spaccatura all’interno di Assorep, mentre per alcuni andava fatto ogni per tornare a parlarsi, almeno per mettersi d’accordo in un gioco di sponda, vista la gravità dell’attacco attraverso l’attuazione dell’autonomia, alcuni rappresentanti di Assorep ritenevano di dover abbandonare il tavolo unitario di concertazione valutando che erano venute meno le condizioni per proseguire in un’azione unitaria. Queste scelte hanno aperto un dibattito all’interno all’organizzazione sul metodo con il quale vengono assunte le decisioni poiché per la prima volta in tanti anni non si è proceduto all’unanimità, né si sono adottate le procedure statutarie previste per assumere una decisione che prevedono il voto dei comitati che costituiscono l’associazione e dei soci fondatori. Diverse associazioni locali hanno richiesto al comitato dei garanti di valutare il venir meno delle condizioni di esistenza dell’Associazione.
Gli esiti della manifestazione sindacale unitaria di Reggio Calabria del 22 giugno sembrano creare le condizioni per una ripresa del dialogo che sulle iniziative concrete prese per contrastare l’attuazione dell’autonomia differenziata.

Comunque non tutto è perduto

Da queste complesse e a volte ingarbugliate vicende emergono alcuni insegnamenti e riflessioni.

• È la lotta comune, l’impegno concreto, l’avere a cuore le esigenze dei lavoratori della scuola, delle famiglie degli studenti il terreno sul quale si costruisce e vive l’unità:
• L’attacco portato alla scuola della Repubblica e al paese attraverso l’autonomia differenziata è di portata così vasta e di una gravità assoluta da richiedere di tentare la costruzione di una strategia comune;
• Solo il rafforzamento dei comitati locali e l’iniziativa nelle scuole, tra le famiglie con gli studenti, la lotta su problemi comuni può costituire la base per la rivitalizzazione di Assorep; La ricerca di alleanze e il tentativo di ricostruzione di un fronte comune della sinistra va fatto attingendo a quel grande patrimonio di formazioni sociali, associazioni gruppi che oggi attraversano una crisi di identità e di prospettive, ma che sono essenziali alla vita civile e democratica del paese;
• Alla partecipazione mediatica va sostituita quella delle persone come avviene in molte scuole dove insegnanti in pensione e volontari fanno corsi di lingue per le uomini e per le donne immigrate tenendo i bambini per permettere la loro partecipazione, fanno attività di doposcuola rivolti a tutti, sviluppano iniziative di socializzazione sul territorio;
• I gruppi locali devono tornare a federare, collegare, comunicare, mettere insieme, produrre organizzazione e socialità.

Solo così Assorep ha un senso, può continuare ad esistere e operare.

Gianni Cimbalo

[1] Emanati in attuazione della legge delega 30 luglio 1973, 477ne facevano parte: il DPR 31 maggio 1974, n.416: “ Istituzione e riordinamento di organi collegiali della scuola materna, elementare, secondaria e artistica“; il DPR 31 maggio 1974, n. 417: “Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato“;il DPR 31 maggio 1974, n. 418: “ Corresponsione di un compenso per lavoro straordinario al personale ispettivo e direttivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica“; il DPR 31 maggio 1974, n. 419: sulla“Sperimentazione e ricerca educativa, aggiornamento culturale e professionale ed istituzione dei relativi istituti“;il DPR 31 maggio 1974, 420: “Norme sullo stato giuridico
del personale non insegnante statale delle scuole materne, elementari, secondarie ed artistiche“.Vedi: T. U. “97/ 1994.
[2] Venne assunto nell’atto costitutivo della Associazione il documento Dalla Scuola del ministero alla Scuola della Repubblica sottoscritto da settanta intellettuali il 26.X.1995 e da oltre temila operatori scolastici e da interi collegi docenti. https://www.comune.bologna.it/iperbole/coscost/assnaz/dallascuola.htm
[3} La CGIL ha ribadito il proprio” NO a qualsiasi ipotesi di regionalizzazione della scuola e dell’istruzione. Si rispettino i patti sottoscritti, si smetta di agitare un tema divisivo e disgregatore dell’unità del Paese, si pensi al bene di quelle istituzioni che garantiscono diritti costituzionali fondamentali per la crescita e lo sviluppo della persona.