Questa volta tocca ai Gilets jaunes bloccare la Francia e mettere in crisi Macron. Blocchi stradali immobilizzano il paese a segnalare un disaggio crescente nella Francia profonda, in quella rurale e nelle province oltre che nelle città. E questo mentre le politiche ostinatamente neo-liberiste del Presidente non sono riuscite nemmeno a soddisfare il suo elettorato cittadino. Un brutto segnale per il Paese che punta ancora sull’alleanza franco-tedesca per rilanciare l’Europa senza accorgersi che il potente alleato tedesco ha fagocitato anche l’economia francese, quella reale, industriale e agricola perché quella finanziaria sembra lanciata a sempre nuove acquisizioni facendo shopping soprattutto il Italia e acquisendo pacchetti azionari in questa o quella attività produttiva.
Fin’ora le politiche protezioniste e di difesa dell’interesse nazionale hanno messo la Francia al sicuro dalla perdita del controllo degli assi strategici della propria economia ma non è chiaro fino a quanto questo potrà durare; le politiche di chiusura verso l’emigrazione hanno arginato l’assalto lepenista all’Eliseo ma un malessere profondo serpeggia nel paese e si manifesta a ogni minimo scossone a un equilibrio delicato tanto che basta una tassa ecologica sul carburante per offrire l’occasione per una mobilitazione spontanea e improvvisa.
Macron il cui gradimento da parte dei francesi è sceso al 25 % ha dalla sua l’assenza di una opposizione politica organizzata e questo mentre il braccio di ferro con le principali categorie di lavoratori è giunto a una tregua armata con il Governo che spera di intaccare la forza del movimento operaio organizzato attraverso provvedimenti amministrativi e una riforma strisciante del mercato del lavoro. In questa situazione le prossime elezioni europee minacciano di essere il campo di battaglia sul quale si consumerà lo scontro tra il Presidente e i suoi numerosi oppositori.
A questo confronto Macron arriva debole anche in politica estera. La presenza francese in Africa è un disastro e richiede un impegno militare sempre maggiore per garantire l’approvigionamento per la politica energetica del Paese sia per quanto riguarda il settore petrolifero settore nel quale la destabilizzazione prodotta in Libia non ha dato i risultati sperati, sia per ciò che riguarda l’approvigionamento di uranio per un’industria nucleare sempre più decotta. Sono i fondamentali dell’economia del Paese che sono in crisi e ovviamente la politica estera ne risente soprattutto in Medio Oriente con la completa marginalizzazione del ruolo della Francia non solo sullo scacchiere siriano ma in tutto il mondo arabo.
I resti di quella che fu la grandeur francese giacciono ora disperse nelle sale immense dell’Eliseo, mentre il brillante funzionario dell’ENA (la Grande Ecole, che ha formato Emmanuel Macron, Francois Hollande, Jacques Chirac e Valery Giscard d’Estain e che è a rischio fallimento con 4 milioni di deficit nell’esercizio finanziario 2017) rappresenta plasticamente la crisi del sistema paese che il Presidente fa fatica a gestire.
G.L.