CHE C’È DI NUOVO

LE PILLONE DI SOVRANISMO DI PILLON

Il disegno di legge 735, meglio conosciuto come ddl Pillon, presentato in Commissione Giustizia del Senato dall’esponente dell’integralismo cattolico e il promotore del gruppo parlamentare “Vita famiglia e libertà” vorrebbe introdurre una serie di modifiche in materia di diritto di famiglia, separazione e affido condiviso dei e delle minori al fine di rinsaldare l’unità della famiglia e imporre una convivenza forzata della coppia, anche nei casi di violenza in famiglia, rendendo impraticabile il divorzio e la separazione. Si tratta di un intervento succedaneo al divieto di scioglimento del matrimonio reso necessario dall’impossibilità di riproporre l’indissolubilità del matrimonio.
Attualmente, in base alla legge 54/2006 viene adottato il principio dell’affido condiviso in caso di separazione, salvo quando questo può essere dannoso per i minori.
Strumenti cardine del nuovo provvedimento sono:
-”l’equilibrio tra entrambe le figure genitoriali e tempi paritari di gestione dei minori”, per cui i figli dovranno trascorrere almeno dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, con ciascun genitore, a meno che non ci sia un «motivato pericolo di pregiudizio per la loro salute psico-fisica»: i figli saranno dunque delle suppellettili, degli oggetti che si spostano tra i genitori, sradicati da un ambiente loro proprio;
-”il mantenimento in forma diretta senza automatismi”, il che vuol dire che ogni genitore pagherà il sostentamento per il periodo nel quale ospita il figlio, senza corrispondere alcun assegno di sostentamento all’altro;
– contrasto della cosiddetta “alienazione genitoriale”, intesa come la condotta attivata da uno dei due genitori (definito “genitore alienante”) per allontanare il figlio dall’altro genitore (definito “genitore alienato”) presupponendo un comportamento conflittuale costante sulla pelle del minore;
– la “mediazione civile obbligatoria a pagamento” a carico delle parti per le questioni in cui siano coinvolti figli minorenni per temperare e dirimere il conflitto con il risultato che per separarsi o divorziare bisognerà essere ricchi e i coniugi verranno sanzionati economicamente per aver rotto l’unità familiare.
Questa impostazione nuoce soprattutto nei casi di violenze sui minori in quanto questi saranno obbligati a intrattenersi comunque con il genitore violento e non si darà spazio alla ricostruzione della vita serena del minore insieme a quel genitore che il giudice avrà ritenuto più idoneo. Le eventuali violenze che caratterizzano i rapporti anche verso i minori saranno segretati non potranno essere prodotte in tribunale davanti al giudice. Il vero scopo del ddl è rendere più complicata e onerosa la separazione e il divorzio, attraverso il concetto di “unità familiare” (art. 1), rendendo le procedure complesse e soprattutto onerose, anche nel caso di separazioni consensuali tra persone che hanno un figlio minore. Attualmente quando la separazione è serena e condivisa è sufficiente una consulenza legale per presentare istanza al tribunale e definire la pratica con tempi abbastanza brevi e costi limitati. Nel caso il ddl venisse approvato si dovrebbe comunque obbligatoriamente pagare un mediatore, andrebbe steso un piano genitoriale molto dettagliato su amicizie e frequentazioni dei figli e ogni modifica del piano comporterebbe altro tempo e nuove spese. L’aumento dei costi metterebbe in difficoltà soprattutto le donne, visto che sono il più delle volte la parte economicamente più debole.
Il ddl opera un’equiparazione astratta tra genitori, in nome di falsi principi egualitari: ignora cioè le reali condizioni di squilibrio di genere che esistono tra i genitori. Non tiene conto delle differenze salariali e occupazionali di genere o del fatto che molte donne si trovano in una situazione di oggettivo svantaggio.
Ma tant’è. Sull’altare dell’unità (forzosa) della famiglia e sull’indissolubilità del matrimonio può e deve essere sacrificato l’interesse del minore e la serenità dei genitori. Ne guadagneranno l’unità della nazione, l’ordine e il ripristino dei sacri valori di una unione familiare ricondotta a immagine sociale senza amore.