DI MALE IN PEGGIO

Nell’era della cosiddetta fine delle ideologie il Governo del paese è in mano a forze che hanno una visione fortemente ideologica di trasformazione della società e dei suoi valori e si misurano nell’aggressione al principio di uguaglianza, di libertà dal bisogno, di solidarietà sociale. Il sovranismo La dignità non è uno sloga infatti è tutto questo: prevalenza dell’appartenenza etnica alla nazione, egoismo sociale, sfruttamento del lavoro delle classi meno abbienti, politiche familiari di incremento della natalità, subordinazione sociale del ruolo della donna e altro.
Eravamo stati facili profeti a prevedere che lo scontro tra Lega e 5S si sarebbe consumato sulle nomine per sedere sulle poltrone delle aziende di Stato e degli enti che di fatto controllano i meccanismi di rapina verso i cittadini. L’ambizione è di far parte dell’apparato burocratico che, integrandosi e fondendosi con chi gestisce le imprese e la finanza, costituisce la classe dominante oggi. È quello il vero obiettivo di chi partecipa al gioco elettorale, oltre che l’esercizio del potere per trasformare la società e modellarla a immagine e somiglianza di una visione regressiva sul piano delle libertà, dei valori, e dei rapporti di classe.
Stiamo sprofondando velocemente nel baratro grazie ai disastri causati da quei sinistri appartenenti ai partiti una volta di sinistra che hanno consegnato la società e il paese nelle mani di una banda di appartenenti alla nuova destra e di comiche (ma tragiche) riproduzioni di un macchiettista dalle frequentazioni pericolose di visionari interpreti dei valori della destra dell’era dell’informatica.

Alle origini di Lega e 5S

Della lega tutto si sa o si crede di sapere, ma c’è ancora chi crede che alla base si caratterizzi per una visione federalista della società e dello Stato e non si è accorto che quella lega è finita con il 4% conseguito da Bossi alle elezioni di 10 anni fa. Ora la lega . partito nazionale – è altra cosa. E’ un nome per coprire un moderno partito della nuova destra che ha reinterpretato i valori della nazione in chiave paneuropea e vuole costruire un’Europa delle patrie, cementata da nuovi valori: alla supremazia della razza ariana sostituisce quella del ceppo etnico europeo bianco; sposa la visione messianica dell’occidente cristiano, meglio se cattolico, di sottomissione delle altre fedi; sostiene la prevalenza degli interessi economici dell’impresa, proponendo un’alleanza corporativa tra capitale e lavoro in nome di supposti comuni interessi nazionali; sostiene sul piano dei valori della dignità umana un ruolo della donna come fattrice, esaltandone la funzione di madre nella sua funzione procreatrice.
In cambio della condivisione di questi valori regressivi offre sicurezza, mobilità l’azione diretta di offesa con le armi dei propri interessi e delle proprie miserie, fagocita e alimenta il razzismo, aborrisce la solidarietà, esalta l’egoismo, promuove le ronde di “cittadini onesti”, ovvero di macellai reclutati nel sottoproletariato urbano e tra i cadetti delle famiglie bene, si serve delle istituzioni e dello Stato per imporre il controllo sociale sul territorio.
Da parte sua il movimento 5S nasce dalla “visione” di G. R. Casaleggio che si forma negli anni ’70 all’interno di quel che resta della Fondazione Olivetti, e ancor più precisamente in quel cenacolo di intellettuali che qui aveva trovato rifugio. Frequentando la biblioteca il giovane Casaleggio ha modo di prendere contatto con la pubblicistica libertaria e su suggerimento di Domenico Tarantini legge Robert Edwin Nozick, filtrato e integrato dalla lettura di Wolff (filosofo settecentesco liberal-libertario). Legge la riflessione anti burocratica di Bruno Rizzi sulla degenerazione del sistema democratico borghese. Legge i lavori di Murray Bookchin, che ben presto abbandona, preferendo dirigere le sue attenzioni verso un libertarismo di stampo liberale.
Dalle pubblicazioni che giungono dagli Stati Uniti apprende della Nascita dell’Inter Networking Working Group, organismo incaricato della gestione di Internet e ne rimane affascinato. immaginando una società gestita dalle nascenti tecniche della comunicazione digitale per poi spostare l’attenzione alla comunicazione per via informatica, progetto che articolerà nel tempo. Legge con avidità il saggio di Robert Paul Wolff, In difesa dell’Anarchia, del 1970 che rafforza le sue convinzioni, nel quale l’autore ipotizza l’avvento della “democrazia diretta unanime” e benché si renda conto che questa nella sua accezione tradizionale non è praticabile, ritiene che con l’innesto del digitale, ed oggi dell’informatica, sarà tutto diverso.
Occorre precisare che la “democrazia diretta” come concepita dai 5 stelle, cioè tramite la rete, ha ben poco da spartire con la democrazia diretta dei comunisti anarchici e questo tre buoni motivi: 1) essa esclude una buona fetta della popolazione (tutti coloro che non praticano compulsivamente la rete giornalmente o perché non in possesso delle necessarie competenze o per semplici motivi di sanità mentale), e quindi è tutt’altro che una democrazia universale; 2) essa non contempla il confronto tra gli individui, impedendo il formarsi di una coscienza collettiva e condivisa, per divenire così solo una collezione di opinioni individuali riversate in un contenitore che ne opera (obiettivamente?) una statistica e non una sintesi; 3) preclude il rapporto diretto tra de-leganti e delegato e quindi il controllo di quest’ultimo da parte dell’assemblea che lo ha investito di un mandato da verificare successivamente. In conclusione, la democrazia diretta digitale più che una vera forma di demo-crazia è una forma di oligarchia gerarchica, che prevede il libero sfogo della base, privata poi in realtà del pote-re di controllo e direzione sulle decisioni da assumere.
Come si vede siamo di fronte a una visione ideologica costruita su basi filosofiche della gestione della società e solo gli sciocchi possono stupirsi o interpretare come vaneggiamenti le recenti dichiarazioni del propagandista ideologico superstite o del figlio di Casaleggio. La sottovalutazione ignorante degli altri, degli avversari politici, è certamente il primo passo della sconfitta!
La visione della società futura si arricchisce di ulteriori elementi. L’automazione cancellerà molti lavori e ruoli e soprattutto distrugge l’etica del lavoro. Ci sono quindi le basi per una decrescita felice della quale il calo demografico che coinvolge l’intera area dell’Europa tecnologicamente sviluppata costituisce la conferma diretta. Da questa constatazione di fondo discendono tutti gli altri corollari che si articolano nel programma del movimento: reddito di cittadinanza per garantire il parterre dei consumatori; controllo dello sviluppo infrastrutturale per calibrarlo alla nuova economia; razionalizzazione delle reti di comando casuale (incarichi a sorteggio); costruzione della democrazia diretta unanime attraverso le decisioni assunte dalla rete; superamento e abolizione della delega e quindi superamento della democrazia rappresentativa. Come poi tutto questo possa conciliarsi con una struttura della finanza e dei meccanismi di accumulazione e distribuzione elitaria del profitto non è dato sapere! Ma la costruzione ideologica dei 5S è in progress!

Lo scambio scellerato

La gran parte degli elettori inconsapevoli di tutto questo hanno dovuto prendere atto della degenerazione genetica della sinistra riformista, la quale si è proposta e affermata come il partito del neoliberismo che si è assunto il compito di liquidare ogni garanzia sociale dei lavoratori, conquistata durante i cicli di lotta del secolo appena trascorso. Da qui lo smantellamento di ogni garanzia e la riduzione del costo del lavoro a indice della competitività sui mercati del costo del prodotto.
Un riformismo “progressista” completamente degenerato ha consentito che il margine di profitto dipendesse non tanto dai diversi fattori produttivi come il possesso/accesso alle materie prime, le capacità di trasformazione e la produzione di beni e servizi, ma dal costo della forza lavoro e quindi dalle condizioni di subordinazione dei lavoratori, al punto che il costo del lavoro (salariale e sociale) e divenuto il fattore differenziale della produzione.
Dal canto suo la sinistra di classe non ha lontanamente capito quanto stava avvenendo e a continuato a confidare in una possibile alleanza con la sinistra riformista, nell’illusione che questa preparasse attraverso il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori i fattori capaci di produrre il cambiamento dei rapporti di produzione, in ossequio al principio ormai acquisito che la rivoluzione si fa con la pancia piena e che il peggioramento delle condizioni di reddito e di relazioni sociali produce solo miseria, disperazione e bisogno/ricerca dell’uomo forte.
La miseria crescente cosi prodottasi, la documentata concentrazione della ricchezza nelle mani di un numero sempre minore di persone ha prodotto la disperazione e quindi la ricerca di una possibilità di cambiamento comunque sia, nella consapevolezza che una situazione peggiore fosse difficilmente ipotizzabile. Questo errore clamoroso ha aperto le porte al governo Lega-5S il quale nasce da uno scellerato contratto nel quale si fa uno scambio tra gli obiettivi delle diverse ideologie politiche che sottendono ai partiti vincitori delle ultime elezioni: politica per la sicurezza (ovvero politiche razziste contro i migranti e le fasce più marginali della popolazione come i sinti) in cambio di ripristino dei diritti sociali, e questo senza tenere conto che l’alleato cercato e trovato nelle Lega è partito dei padroni, che operano anche indipendentemente a fianco della forza politica organizzata per preservare il loro dominio. Da qui il muro di resistenza al cosiddetto decreto “dignità”.
Una prima risposta sana sarebbe quella di radunare di fronte a un muro esponenti piccoli e grandi, centrali e periferici dei partiti riformisti della sinistra e fucilarli alla schiena. Nell’impossibilità di farlo fisicamente, ora che anche il Papa si è – finalmente – deciso a giudicare immorale la pena di morte, bisogna sottrarre a costoro ogni agibilità politica e portarli all’estinzione in quanto incapaci di ravvedimento. Occorre però attrezzarsi e dotarsi di strumenti di difesa, passando all’azione diretta. Non sarà né facile né semplice!

Proviamo a ragionare

Scriveva Dario Fo che “l’operaio conosce 300 parole, il padrone 1000: per questo è lui il padrone”. Fuori della metafora il primo passo per difendersi è conoscere ed è questo che cerchiamo di offrire ai lettori. Perciò non neghiamo le profonde trasformazioni sociali avvenute e quelle che si preparano e comunque avverranno: tuttavia i fattori di cambiamento vanno diversamente interpretati per poterli orientare verso una società più giusta che veda la difesa delle classi subalterne sfruttate.
Un primo passo è fare proprie le regole di un corretto processo decisionale mettendo sotto controllo la delega e contemporaneamente praticare l’azione diretta impegnandosi in prima persona nella difesa di diritti ed interessi. Ciò significa assumere in prima persona la difesa del territorio, impedendo l’agibilità politica di chi sostiene politiche razziste, sovraniste, e di discriminazione. Ciò significa praticare politiche attive di gestione di organismi di base che impegnano tutti i residenti del territorio in attività di solidarietà. Ciò significa sostenere politiche del lavoro di tutela sul posto di lavoro e di organizzazione per chi il lavoro non lo ha difendendolo dal caporalato, dallo sfruttamento attraverso la divisione tra lavoratori migranti e autoctoni, chiamando tutti a costruire un fronte comune.
Occorre portare la battaglia fin nelle famiglie, difendendo il ruolo della donna, anche nelle libere unioni; bisogna tutelare i figli nella scuola difendendo quella pubblica e esercitando un controllo costante sul suo funzionamento che deve essere partecipato come si conviene a una comunità. Bisogna potenziare l’azione di tutela sindacale, costituirne di nuovi dove non vi sono o sono degenerati in strumenti di sostegno al padrone. Bisogna sostenere con le lotte e l’azione diretta la difesa del salario e l’organizzazione dei disoccupati espulsi e marginalizzati dal processo produttivo. Occorre sostenere i diritti di libertà e i valori di pluralismo, solidarietà, amicizia convivenza. Bisogna educare a godere dell’arte e del bello affinché la sua comune difesa crei integrazione e permetta a tutti di fare un fronte comune per l’affermazione dei diritti di cittadinanza.
Nessuna pietà e nessuna tolleranza e consentita verso i nemici di classe a cominciare dagli appartenenti ai partiti riformisti che hanno svenduto i diritti dei lavoratori in nome di una “moderna” visione dei rapporti tra capitale e lavoro che è solo collaborazione di classe. La risposta ai bisogni non può venire dalla collaborazione di classe, dall’egoismo sovranista, dal balbettio delle tastiere dei computer che offrono nell’illusione rappresentata dalla piazza virtuale, lo sfogatoio che dovrebbe permettere a una banda di nominati da una élite di mettere in piedi un simulacro di partecipazione dietro la quale si nasconde la gestione del potere da parte di un ristretto club di detentori del potere.
Nella misura in cui sapremo essere inflessibili nei confronti di chi ha tradito e tradisce, nella misura in cui non sapremo perdonare risiede la speranza di ribaltare l’attuale rapporto di forze che ci vede soccombere insieme alle classi subalterne. Il fallimento della nostra azione non farà altro che lasciare spazio a soluzioni autoritarie, alla strategia dell’odio che la destra propone sollecitando la parte più oscura di ognuno di noi.

La redazione