Il nodo gordiano

La crisi greca sembra aver trovato una pausa nel compromesso tra il governo di Atene e Bce, Banca europea degli investimenti, Fmi e Fondo salva Stati: una proroga di quattro mesi per dare tempo alla Grecia di far conoscere le riforme e gli interventi con i quali intende reperire le risorse per pagare il debito. Per ora sembra che il governo ellenico abbia smesso di rivendicare la rinegoziazione quantitativa del debito in cambio di tempo, ma non venendo meno all’intenzione di adottare diverse politiche sociali e al progetto di una differente distribuzione interna dei sacrifici necessari a onorare gli impegni precedentemente sottoscritti.

Ma è veramente finita l’anomalia greca o solo rimandata? Il maggior tempo disponibile  consente non solo di continuare a trattare, ma di mantenere in campo alcune opzioni. Quella più realistica è costituita dal sostegno che potrebbe venire dalla Russia, paese ortodosso interessato a scardinare l’Alleanza Atlantica dall’interno, attirando nella propria orbita la Grecia, rispondendo così all’attacco sul fronte ucraino condotto dall’Unione Europea e dalla NATO, organismi dei quali  la Grecia è parte. Il fronte internazionale è, dunque, tutto in movimento ed è caratterizzato da molte contraddizioni.

La situazione interna

Debito a parte, non ci sono dubbi che lo Stato greco va ricostruito nelle sue strutture e allora va bene ricorrere all’immaginario sociale, producendo un mutamento che implica una discontinuità che – come sosteneva Cornelius Castoriadis – non può essere compresa “in termini di cause deterministiche presentate come sequenza di avvenimenti”. Ogni società deve poter costruisce proprie istituzioni, leggi, costumi, tradizioni, credenze per dar vita a un progetto di auto-emancipazione; quindi non in nome di Dio, degli avi, della necessità storica, ma avendo l’esplicita volontà di auto-istituirsi e di auto-emanciparsi. In questo senso alternativa è – concludeva l’ispiratore del progetto politico di Tsipras socialismo o barbarie ovvero  emancipazione autonoma o barbarie.

Attuare questo programma in concreto oggi in Grecia significa combattere una partita politica che rischia di ribaltare vecchi equilibri immutati dal tempo della dittatura dei colonnelli (1967-1974): “distruggere l’oligarchia”, al fine di aumentare il gettito fiscale, aprire i mercati, stimolando la crescita economica e al tempo stesso reperire, attraverso un fisco funzionante, le risorse mediante l’abbattimento dell’evasione, della corruzione e dei privilegi. “Abbiamo preso la decisione di scontrarci con un regime di potere politico ed economico che ha fatto precipitare il nostro paese nella crisi ed è responsabile degli debiti della Grecia a livello internazionale”, ha dichiarato Tsipras in Parlamento, immediatamente dopo l’insediamento del suo Governo.

Combattere gli oligarchi significa battersi contro un numero relativamente ristretto di famiglie che possiedono i canali televisivi privati, senza pagare alcuna tassa allo Stato, che gestiscono le banche a loro piacimento, creando depositi all’estero senza problemi, che utilizzano il territorio e le risorse naturali per trarne profitto, che fanno ricorso alla corruzione e alle clientele per assicurarsi appalti e favori.  Per questo motivo Tsipras vuole porre freno alle privatizzazioni, perché non diventino un altro modo per gli oligarchi di ingrassare a spese dello Stato, e questo obiettivo va perseguito anche se la Troika ne fa l’asse delle sue politiche di risanamento.

La battaglia non può essere combattuta contro tutto e tutti e, soprattutto, appare difficile che possa colpire in modo radicale la detentrice di almeno un terzo delle aree e dei beni immobili di Grecia: la Chiesa ortodossa, con la quale Tsipras sembra aver siglato una tregua, in nome di comuni interessi. La Chiesa ortodossa ha interessi soprattutto nazionali  e opera limitatamente sui mercati internazionali solo per fare affari, ma è radicata sul territorio e sa che non può perderlo, altrimenti cesserebbe di esistere. E allora sembra disposta a qualche sacrificio, accetta l’ateo Tsipras e il suo governo laico, anzi interpone i suoi buoni uffici nello stabilire e mantenere una linea di comunicazione del Governo con la Russia più profonda. Ma Tsipras sa che si tratta di una convergenza di interessi momentanei in quanto l’alleato naturale della Chiesa ortodossa sarebbe l’oligarchia greca ma in questa fase l’obiettivo prioritario è oligarchia ellenica la quale saccheggia il territorio togliendo spazio alla Chiesa.Perciò il suo programma diviene – parafrasando le parole del suo ministro anti-corruzione Panagiotis Nikoloudis – sradicare il potere di una “manciata di famiglie che pensano che lo Stato esiste solo per servire i propri interessi.”

La politica di Yanis Varoufakis e la situazione internazionale

L’uomo chiave della politica appena descritta è Yanis Varoufakis, ministro delle finanze, economista e studioso come Castoriadis della teoria dei giochi, il quale sa benissimo che per attuare questo programma ci vuole tempo e perciò occorre negoziare con i creditori una tregua, spiegando al tempo stesso che la Grecia non è più un territorio da saccheggiare. Si dirà che è meglio tassare i poveri, perché sono tanti, ma i greci poveri sono alla fame perché sono stati già spremuti fino all’osso e quindi è opportuno volgere la propria attenzione ai ricchi, posto che nel caso in specie questi, anche se molto ricchi, sono pochi. Inoltre molto può venire dai beni dello Stato se opportunamente sfruttati e poco dalle privatizzazioni, oggetto comunque delle mire criminali e delle corruttele degli oligarchi.

Tutto sembra molto logico e razionale – in perfetta consonanza con la teoria dei giochi – ma l’eventuale successo di Syriza in Grecia costituirebbe un formidabile incentivo al successo possibile di Podemos in Spagna e del Sinn Fein nella Repubblica irlandese; ambedue i paesi sono stati sottoposti alle politiche di austerità e di sacrifici della Troika e cercano di liberarsi delle politiche neoiliberiste. Per questo motivo, nelle trattative di questi giorni sull’estensione del debito greco, i leader conservatori di questi paesi hanno sostenuto la posizione tedesca.

Nei prossimi mesi il governo greco conta di mettere le mani nei consigli di amministrazione delle banche elleniche, di sviluppare una politica fiscale efficace, di sottoporre a vaglio tutte le privatizzazioni, procedendo alla messa in valore del patrimonio pubblico. Per quanto riguarda gli interventi di carattere sociale cercherà di sostenere ed espandere la copertura sociale delle pensioni, di ripristinare il servizio sanitario, di assicurare il minimo sociale attraverso la gratuità dei servizi (luce, acqua, gas, trasporti) per i poveri. Un progetto certamente ambizioso, la cui riuscita consentirebbe alla sinistra greca di sostenere sul piano più generale che il sistema economico e monetario internazionale necessita di un meccanismo di riutilizzo dei surplus commerciali per poter funzionare al meglio. Questi surplus  andrebbero ridistribuiti alle economie in deficit per sostenere i loro disavanzi.

Oggi, per dirla con Varoufakis, si è di fronte a una potenza “imperiale” – gli Usa – che produce, con il proprio mercato interno, la domanda globale di ultima istanza. E lo fa assorbendo i surplus commerciali di altri Paesi: Giappone, Germania, Corea del Sud, ecc. Insomma un insaziabile Minotauro globale, al quale il resto del mondo sacrifica le proprie risorse, ottenendo come contropartita la “pax americana” e soprattutto l’ordine politico-monetario, garantito dalla grande potenza che svolge anche il ruolo di consumatore di ultima istanza.

Per uscire da questa situazione le forze di sinistra parlamentare “radicali” puntano a risolvere le cinque crisi : quella bancaria, quella del debito pubblico, il sotto-investimento e gli squilibri interni, l’emergenza sociale attraverso la conversione del debito, il recupero dei programmi di investimenti; il tutto per dar vita a un nuovo “piano Marshall” per il Mediterraneo che sia finalizzato alla solidarietà e al superamento dell’emergenza sociale. Sappiamo bene che questo per il capitalismo significa  riprendere forza in quest’area ma il ricatto della disoccupazione la distruzione dello stato sociale e la lotta tra poveri lasciano pochi spazi per un cambiamento radicale.

Vedremo se le forze che costituiscono Siryza sapranno porre gli “oligarchi”, parola greca che significa “potere di pochi”, in contrasto con la democrazia, parola greca anch’essa che significa “potere del popolo”.

Per ora buona fortuna Tsipras e auguriamo al popolo greco di darsi strumenti di auto organizzazione e di reale emancipazione.

Gianni Cimbalo