Profughi e guerre del Novecento e del Duemila

Milioni di profughi, di migranti si muovono dall’area che noi occidentali definiamo, con la nostra visioni eurocentrica ereditata dal colonialismo, Medio Oriente.

Area martoriata da guerre pluridecennali, determinate dal bisogno di controllo su una delle risorse più importanti per la “civiltà” occidentale, quella energetica, rappresentata nel tempo dal petrolio e dal gas.

Ormai i mass media ci hanno abituati a vedere migliaia di migranti sbarcare sulle coste del Mediterraneo, dopo lunghi giri, o, nell’ultimo periodo, giungere a piedi a rischio di morire. Questo flusso si aggiunge quello endemico proveniente da varie aree dell’Africa, prevalentemente in quelle zone dove multinazionali e Stati si disputano sulla pelle di quelle popolazioni guerre dette postcoloniali, ma dallo stesso sapore di controllo dei territori dove si celano materie prime rare, o dove ci sono suoli fertili – ora che ne abbiamo distrutto una bella quantità con coltivazioni scellerate a base di pesticidi e agricoltura intensiva.

A fare le spese di queste appetiti di multinazionali e di Stati di varie parti del mondo sono popolazioni inermi, cacciate da quelle terre (vedi la storia dei tuareg o dei Sahara) o perché fuggono da guerre armate fratricide per conto di altri.

Pochi parlano delle cause degli spostamenti di milioni di individui dalle aree dove vivevano; la maggior parte si ferma sugli aspetti “esteriori”, presentati in forma di narrazione quasi “folcloristica”, come se il bisogno di spostamento di molti di loro fosse dettato dal loro desiderio di girare il mondo…. a rischio della vita, coinvolgendo donne, bambini, come se fossero scelte da incoscienti. Quando non si arriva a considerare un crimine i loro spostamenti e allora si passa dal definirli e trattarli da “clandestini”, a lasciarli morire per mancanza di aiuto in mare o chiusi nei camion di trafficanti senza scrupoli, a rispedirli nelle aree dalle quali sono fuggiti perché rischiavano la vita, spesso per le guerre in corso o per la loro opposizione a regimi. Come se il bisogno di far fuggire la parte più giovane di quelle popolazioni per salvarsi dalla fame e dalle guerre, nella speranza di avere un po’ di sollievo e magari rientrare, non fosse un bisogno insopprimibile che hanno avuto tanti popoli nella storia, ma addirittura un crimine.

Profughi provenienti da aree dove le guerre sono endemiche o “infinite”, come sta succedendo sempre di più, si trasformano in migranti ”clandestini”, tanto ha inciso la politica xenofoba di destra e sinistra (!?!) di tipo securitario degli ultimi vent’anni.

Vorrei qui portare un piccolo contributo di storica alla questione dando dei dati sui milioni di profughi riconosciuti come tali (il sommerso, come il solito, potrebbe alzare di molto le cifre) nel secolo scorso.

Prendendo solo le due guerre mondiali sono accertati quasi 7.000.000 di profughi per la prima, dei quali 600.000 tedeschi, 320.000 ungheresi, 250.000 bulgari, 200.000 baltici, 1.000.000 polacchi, 750.000 russi, 1.250.000 greci, 700.000 turchi, 520-000 armeni (un gruppo di scampati al primo genocidio in territorio europeo che aveva portato all’uccisione di 1.500.000 di armeni nel 1915.

Le cifre per la seconda guerra mondiale crescono toccando i 40 milioni; con il trattato di Postdam del 1945 furono espulsi circa 7 milioni di tedeschi solo nelle regioni concesse alla Polonia, 2,5 milioni da quelle concesse alla Cecoslovacchia, mentre 179.000 lasciarono l’Ungheria. Dalla Jugoslavia gli espulsi furono 200.000. Nei paesi dell’Est, da quando cominciarono le deportazioni in Siberia, che da sole coinvolsero 5 milioni di persone, gli espulsi furono 15 milioni, 3 dei quali scomparsi. A questi vanno poi aggiunti 3 milioni di rifugiati in Germania, il trasferimento di oltre 4 milioni di polacchi, di 2 milioni di cechi e di slovacchi, di 100.000 ungheresi, di 500.000 russi e ucraini, di 100.000 greci, di 200.000 italiani (esuli dall’Istria) e un numero uguale di turchi espulsi dalla Bulgaria.

Alla faccia della costruzione di nazioni democratiche per cui erano morti milioni di individui!

Se poi gettiamo un occhio fuori dall’Europa alla più grossa colonia inglese l’India, la spartizione del territorio su base religiosa porta nel 1947 a un verso e proprio scambio di popolazione che aveva convissuto per millenni e che ora si sposta fra Pakistan e Unione Indiana in numero di circa 17 milioni. Un fenomeno che ci può sembrare strano, ma che è proprio un esempio tipico di come avverrà nei decenni a seguire quel processo di decolonizzazione guidato dalla grandi potenze che portano poi a guerra interetniche, volute e cercate dagli ex colonizzatori, una delle cause delle attuali migrazioni.

Risulta quindi evidente che ieri, come oggi, i profughi sono il mero risultato di scelte di sopravvivenza spesso proprio fisica di milioni di individui a seguito delle guerre che hanno insanguinato il mondo e che oggi continua in maniera massiccia.

Abituati, o meglio indotti ad abituarci all’idea che il mondo è cambiato, nel bene e nel male, a seguito della globalizzazione, non abbiamo più capacità di analisi del lungo periodo. Eppure non c’è nulla di nuovo nella globalizzazione se non la crescita degli appetiti del capitalismo che dal capitalismo monopolistico di fine Ottocento (800!) e per tutto il Novecento ha sperimentato nuove forme di controllo fino a quello planetario tramite multinazionali, Fondo Monetario e sistema finanziario-bancario.

Ma già all’inizio del secolo scorso storici, economisti, lo stesso Lenin, definivano il capitalismo come monopolistico e internazionale. Non a caso è quella una delle fasi di maggior spostamento delle popolazioni, solo che allora predominavano gli europei verso le terre dove i nativi erano stati sterminati in pochi decenni.

Il sistema capitalistico ha due obiettivi: far fruttare il più possibile gli investimenti, con tutti i mezzi e garantirsi l’aumento di questo meccanismo che lo caratterizza da sempre, il maggior guadagno; gli uomini, le donne che soffrono stritolati da lavori disumani e stritolati per scelte del sistema finanziario altamente speculative sono effetti collaterali, sul pianeta ci avviciniamo ai sei miliardi di popolazione….

Come nelle guerre guerreggiate. Non a caso più cresce e si rafforza la struttura capitalistica più crescono le guerre, per numero e per intensità di investimenti per realizzarle. Intanto ricostruire è un altro business!

Quando usciremo dal nostro piccolo mondo italo centrico, al massimo europeo centrico, al quale i mass media ci hanno ridotto con decenni di martellamento costante, capiremo molte più cose, avremmo acquisito anche più forza perché nel mondo le opposizioni a questo sistema sono più diffuse di quanto immaginiamo.

Adriana Dadà